In questo progetto abbiamo studiato il coinvolgimento del microambiente osseo per avere ulteriori informazioni su meccanismi cellulari e molecolari implicati nel processo di metastatizzazione del carcinoma tiroideo. Inoltre, da un punto di vista clinico, abbiamo studiato il ruolo dei bifosfonati nella gestione delle lesioni secondarie ossee quando aggiunta alla terapia antitumorale standard. Abbiamo infatti, tentato di definire le dosi ottimali e schemi di somministrazione, di markers surrogati di efficacia per permettere il monitoraggio durante il trattamento, e anche stabilire se ed in che misura i bifosfonati possono contribuire alla terapia risolutiva del tumore. A tale scopo abbiamo valutato gli effetti dell’acido zoledronico (ZOL), un aminobifosfonato, da solo ed in combinazione con lovastatina, sorafenib e tipifarnib sulla proliferazione delle cellule di carcinoma tiroideo anaplastico. Abbiamo, così, dimostrato che il trattamento delle cellule di carcinoma tiroideo anaplastico con differenti concentrazioni di ZOL per diversi tempi (24-72 ore) ha uno scarso effetto sull’inibizione della crescita di tali cellule. Con l’ausilio di un software dedicato (Calcusyn, Biosoft) abbiamo investigato se la combinazione dello ZOL con i vari agenti fosse sinergica nell’inibire la proliferazione di cellule di carcinoma anaplastico della tiroide. Abbiamo rilevato un potente sinergismo tra ZOL e tipifarnib o lovastatina quando lo ZOL veniva aggiunto alle colture cellulari dopo il tipifarnib o la lovastatina (sinergismo dipendente dalla sequenza di somministrazione). D’altra parte la combinazione di ZOL con sorafenib era soltanto additiva in tutte le sequenze di somministrazione. Sulla base di tali dati abbiamo effettuato esperimenti su topi immunodepressi xenotrapiantati con cellule di carcinoma anaplastico della tiroide. Abbiamo impiegato lo ZOL in combinazione con tipifarnib o lovastatina ed abbiamo rilevato anche in vivo un potenziamento dell’attività anti-tumorale delle combinazioni quando lo ZOL veniva somministrato 24 ore dopo il tipifarnib o la lovastatina. Le combinazioni che erano sinergiche in vivo inducevano anche un forte potenziamento dell’inibizione della neo-angiogenesi tumorale come rilevato con la determinazione di CD31 attraverso l’impiego di tecniche di immunoistochimica. Mentre l’effetto sull’apoptosi rimaneva modesto sia con i trattamenti singoli che con le combinazioni farmacologiche come rilevato con metodica TUNEL. Abbiamo, quindi, valutato gli effetti di ZOL sull’espressione ed attività di enzimi appartenenti al pathway di sopravvivenza cellulare Erk ed abbiamo riscontrato che ZOL causa un significativo decremento (3-volte) dell’attività di ras e di Erk dopo 24 h dall’esposizione. Quando venivano impiegate concentrazioni di ZOL che erano sinergiche in combinazione con Lovastatina o tipifarnib non vi era alcuna modulazione dell’attività di ras ed Erk dopo i trattamenti singoli con i diversi agenti. Quando gli agenti venivano impiegati in combinazioni e nella sequenza che determinava il sinergismo una potente inibizione dell’attività di ras ed Erk veniva rilevata. Abbiamo quindi investigato sul ruolo della inibizione della sintesi degli isoprenoidi nel meccanismo di sinergismo tra i diversi farmaci impiegati ed abbiamo rilevato che l’aggiunta di farnesolo o geranilgeraniolo (isoprenoidi di sintesi) antagonizzava gli effetti sinergici indotti dalle combinazioni sull’inibizione della proliferazione cellulare in vitro. L’aggiunta degli isoprenoidi era anche in grado di antagonizzare gli effetti biochimici delle combinazioni. Allo scopo di incrementare la veicolazione dello ZOL nel microambiente tumorale abbiamo prodotto una formulazione di ZOL incapsulato in liposomi pegylati e non pegylati e saggiato la loro attività antiproliferativa su cellule macrofagiche, endoteliali e tumorali. La formulazione pegylata si è dimostrata 10 volte meno attiva della formulazione convenzionale di ZOL su cellule macrofagiche ma 70 volte più attiva sulle cellule tumorali ed endoteliali. Inversamente la formulazione non pegylata era 50 volte più attiva della formulazione convenzionale sulle cellule macrofagiche e 20 volte meno attiva sulle cellule tumorali ed endoteliali. Sono, stati, quindi eseguiti esperimenti di validazione in vivo su modelli di xenotrapianti in topi nudi. Dieci topi immunodepressi xeno trapiantati con cellule di carcinoma anaplastico della tiroide sono state sottoposte alle suddette formulazioni. Il trattamento è stato effettuato in doppio cieco in modo da evitare il bias correlato alla conoscenza del tipo di terapia. Si è dimostrata una riduzione nel volume del tumore del 45% con la forma pegylata e del 60% con la forma non pegylata di ZOL. Le cavie non hanno evidenziato segni di tossicità al trattamento. Da un punto di vista clinico, abbiamo studiato la tossicità e l’attività della combinazione ZOL/Docetaxel (DTX) in pazienti con carcinoma tiroideo in fase avanzata. Lo ZOL è stato somministrato alla dose di 2 gr ogni 14 giorni ed il DTX alla dose di 40 mg/m2 ogni 14 giorni. La tossicità dovuta alla somministrazione di ZOL/DTX è stata trascurabile e il trattamento è stato ben tollerato. Infatti, solo astenia ed innalzamento di un grado della temperatura corporea (WHO 2), anemia e neutropenia (WHO 2) sono stati registrati nei pazienti coinvolti nello studio. Da un punto di vista clinico, dei 6 pazienti con metastasi ossee, 2 hanno ottenuto una partial response, 1 ha ottenuto minimal response, 2 pazienti sono rimasti in Stable disease per più di 1 anno ed 1 mostrava Progressive disease. Un dato interessante è stata la risposta clinica ottenuta nei 2 pazienti con Partial response al nono mese di trattamento e nel paziente con Minimal response dopo 12 mesi dall’inizio del trattamento. La progressione media della sopravvivenza libera da malattia e della sopravvivenza totale è stata rispettivamente di 40.3 ±12.5 (mediana: 39.5) e 38.2 ± 7.9 (mediana: 30) mesi, rispettivamente. Tutti i pazienti sono viventi al momento. Questi dati suggeriscono che l’associazione ZOL/DTX è attiva nel trattamento del carcinoma della tiroide in fase avanzata con lesioni secondarie ossee. Abbiamo anche misurato la qualità della vita mediante il questionario FACT-G, ben accetto da tutti i pazienti. Sono stati necessari circa 5-10 minuti per completarlo e, nella maggioranza dei casi, è stato compilato dai pazienti stessi con un minimo o nessun aiuto. Dall’analisi del FACT-G si è osservato un significativo miglioramento della qualità della vita suggerendo un impatto clinicamente rilevante della combinazione terapeutica ZOL/DTX in pazienti con metastasi ossee. La massima percentuale nei valori del FACT-G si è ottenuta dopo 9 mesi di terapia. L’analisi del t-test ha indicato, inoltre, che il beneficio derivato dal trattamento era ancora presente dopo un trattamento a lungo termine. In aggiunta, anche nei pazienti che non avevano ottenuto una risposta oggettiva si è riscontrato un significativo miglioramento della loro qualità della vita. Abbiamo, così, evidenziato che i suddetti agenti comportano un miglioramento della qualità di vita attraverso la riduzione dell’interessamento osseo.
Alterazioni del microambiente osseo nel carcinoma tiroideo: implicazioni nella scelta terapeutica delle metastasi ossee / Lupoli, Giovanni. - (2008). (Intervento presentato al convegno Microambiente tumorale e terapia a target molecolare: veicolazione selettiva di agenti antitumorali basata su silice mesoporosa nel 2007).
Alterazioni del microambiente osseo nel carcinoma tiroideo: implicazioni nella scelta terapeutica delle metastasi ossee
LUPOLI, GIOVANNI
2008
Abstract
In questo progetto abbiamo studiato il coinvolgimento del microambiente osseo per avere ulteriori informazioni su meccanismi cellulari e molecolari implicati nel processo di metastatizzazione del carcinoma tiroideo. Inoltre, da un punto di vista clinico, abbiamo studiato il ruolo dei bifosfonati nella gestione delle lesioni secondarie ossee quando aggiunta alla terapia antitumorale standard. Abbiamo infatti, tentato di definire le dosi ottimali e schemi di somministrazione, di markers surrogati di efficacia per permettere il monitoraggio durante il trattamento, e anche stabilire se ed in che misura i bifosfonati possono contribuire alla terapia risolutiva del tumore. A tale scopo abbiamo valutato gli effetti dell’acido zoledronico (ZOL), un aminobifosfonato, da solo ed in combinazione con lovastatina, sorafenib e tipifarnib sulla proliferazione delle cellule di carcinoma tiroideo anaplastico. Abbiamo, così, dimostrato che il trattamento delle cellule di carcinoma tiroideo anaplastico con differenti concentrazioni di ZOL per diversi tempi (24-72 ore) ha uno scarso effetto sull’inibizione della crescita di tali cellule. Con l’ausilio di un software dedicato (Calcusyn, Biosoft) abbiamo investigato se la combinazione dello ZOL con i vari agenti fosse sinergica nell’inibire la proliferazione di cellule di carcinoma anaplastico della tiroide. Abbiamo rilevato un potente sinergismo tra ZOL e tipifarnib o lovastatina quando lo ZOL veniva aggiunto alle colture cellulari dopo il tipifarnib o la lovastatina (sinergismo dipendente dalla sequenza di somministrazione). D’altra parte la combinazione di ZOL con sorafenib era soltanto additiva in tutte le sequenze di somministrazione. Sulla base di tali dati abbiamo effettuato esperimenti su topi immunodepressi xenotrapiantati con cellule di carcinoma anaplastico della tiroide. Abbiamo impiegato lo ZOL in combinazione con tipifarnib o lovastatina ed abbiamo rilevato anche in vivo un potenziamento dell’attività anti-tumorale delle combinazioni quando lo ZOL veniva somministrato 24 ore dopo il tipifarnib o la lovastatina. Le combinazioni che erano sinergiche in vivo inducevano anche un forte potenziamento dell’inibizione della neo-angiogenesi tumorale come rilevato con la determinazione di CD31 attraverso l’impiego di tecniche di immunoistochimica. Mentre l’effetto sull’apoptosi rimaneva modesto sia con i trattamenti singoli che con le combinazioni farmacologiche come rilevato con metodica TUNEL. Abbiamo, quindi, valutato gli effetti di ZOL sull’espressione ed attività di enzimi appartenenti al pathway di sopravvivenza cellulare Erk ed abbiamo riscontrato che ZOL causa un significativo decremento (3-volte) dell’attività di ras e di Erk dopo 24 h dall’esposizione. Quando venivano impiegate concentrazioni di ZOL che erano sinergiche in combinazione con Lovastatina o tipifarnib non vi era alcuna modulazione dell’attività di ras ed Erk dopo i trattamenti singoli con i diversi agenti. Quando gli agenti venivano impiegati in combinazioni e nella sequenza che determinava il sinergismo una potente inibizione dell’attività di ras ed Erk veniva rilevata. Abbiamo quindi investigato sul ruolo della inibizione della sintesi degli isoprenoidi nel meccanismo di sinergismo tra i diversi farmaci impiegati ed abbiamo rilevato che l’aggiunta di farnesolo o geranilgeraniolo (isoprenoidi di sintesi) antagonizzava gli effetti sinergici indotti dalle combinazioni sull’inibizione della proliferazione cellulare in vitro. L’aggiunta degli isoprenoidi era anche in grado di antagonizzare gli effetti biochimici delle combinazioni. Allo scopo di incrementare la veicolazione dello ZOL nel microambiente tumorale abbiamo prodotto una formulazione di ZOL incapsulato in liposomi pegylati e non pegylati e saggiato la loro attività antiproliferativa su cellule macrofagiche, endoteliali e tumorali. La formulazione pegylata si è dimostrata 10 volte meno attiva della formulazione convenzionale di ZOL su cellule macrofagiche ma 70 volte più attiva sulle cellule tumorali ed endoteliali. Inversamente la formulazione non pegylata era 50 volte più attiva della formulazione convenzionale sulle cellule macrofagiche e 20 volte meno attiva sulle cellule tumorali ed endoteliali. Sono, stati, quindi eseguiti esperimenti di validazione in vivo su modelli di xenotrapianti in topi nudi. Dieci topi immunodepressi xeno trapiantati con cellule di carcinoma anaplastico della tiroide sono state sottoposte alle suddette formulazioni. Il trattamento è stato effettuato in doppio cieco in modo da evitare il bias correlato alla conoscenza del tipo di terapia. Si è dimostrata una riduzione nel volume del tumore del 45% con la forma pegylata e del 60% con la forma non pegylata di ZOL. Le cavie non hanno evidenziato segni di tossicità al trattamento. Da un punto di vista clinico, abbiamo studiato la tossicità e l’attività della combinazione ZOL/Docetaxel (DTX) in pazienti con carcinoma tiroideo in fase avanzata. Lo ZOL è stato somministrato alla dose di 2 gr ogni 14 giorni ed il DTX alla dose di 40 mg/m2 ogni 14 giorni. La tossicità dovuta alla somministrazione di ZOL/DTX è stata trascurabile e il trattamento è stato ben tollerato. Infatti, solo astenia ed innalzamento di un grado della temperatura corporea (WHO 2), anemia e neutropenia (WHO 2) sono stati registrati nei pazienti coinvolti nello studio. Da un punto di vista clinico, dei 6 pazienti con metastasi ossee, 2 hanno ottenuto una partial response, 1 ha ottenuto minimal response, 2 pazienti sono rimasti in Stable disease per più di 1 anno ed 1 mostrava Progressive disease. Un dato interessante è stata la risposta clinica ottenuta nei 2 pazienti con Partial response al nono mese di trattamento e nel paziente con Minimal response dopo 12 mesi dall’inizio del trattamento. La progressione media della sopravvivenza libera da malattia e della sopravvivenza totale è stata rispettivamente di 40.3 ±12.5 (mediana: 39.5) e 38.2 ± 7.9 (mediana: 30) mesi, rispettivamente. Tutti i pazienti sono viventi al momento. Questi dati suggeriscono che l’associazione ZOL/DTX è attiva nel trattamento del carcinoma della tiroide in fase avanzata con lesioni secondarie ossee. Abbiamo anche misurato la qualità della vita mediante il questionario FACT-G, ben accetto da tutti i pazienti. Sono stati necessari circa 5-10 minuti per completarlo e, nella maggioranza dei casi, è stato compilato dai pazienti stessi con un minimo o nessun aiuto. Dall’analisi del FACT-G si è osservato un significativo miglioramento della qualità della vita suggerendo un impatto clinicamente rilevante della combinazione terapeutica ZOL/DTX in pazienti con metastasi ossee. La massima percentuale nei valori del FACT-G si è ottenuta dopo 9 mesi di terapia. L’analisi del t-test ha indicato, inoltre, che il beneficio derivato dal trattamento era ancora presente dopo un trattamento a lungo termine. In aggiunta, anche nei pazienti che non avevano ottenuto una risposta oggettiva si è riscontrato un significativo miglioramento della loro qualità della vita. Abbiamo, così, evidenziato che i suddetti agenti comportano un miglioramento della qualità di vita attraverso la riduzione dell’interessamento osseo.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.