Prendendo le mosse da un'iscrizione, probabilmente di epoca repubblicana, rinvenuta in seguito a scavi praticati ad Ostia tra l'ottobre del 1917 e il marzo 1918, relativa ad un iter privatum sulle sponde del Tevere (privatum / ad Tiberim/ usque ad /aquam), si intende affrontare la questione della natura del diritto di passaggio.In storiografia, infatti, si discute se l'iter necessario per accedere al Tevere era un semplice passaggio o creava un diritto nel proprietario del fondo che lo autorizzava ad attraversare i fondi vicini o intermedi col suo iter aquae, e cioè una servitù di passaggio che collegava il fondo interessato al bacino d'acqua che si voleva utilizzare. Leggendo alcune testimonianze classiche relative soprattutto alla servitus aquae haustus, credo si possa ricavare la regola secondo cui poteva costituirsi una servitus itineris per attraversare i fondi intermedi quando era necessario per esercitare una servitus aquae haustus in quanto il passaggio sul suolo pubblico e sulla via pubblica o l'attraversamento del fiume pubblico erano diritti strumentali ad essa. Ad esempio nell'ultima parte di D. 8.3.3.3 (Ulp. 17 ad Sab.) si fa riferimento all'haustus da un corso di acqua pubblico cui si accede attraverso un fondo altrui per ricavarne che la servitù di iter comprende anche l'haustus. E ancora Paolo nei libri ad Plautium (D. 39.3.17.2-4) ammette la costituzione di una servitus aquae haustus solo sul fondo in cui sgorga l'acqua, mentre sugli eventuali fondi intermedi, parla di una servitù di passaggio, parte del contenuto della servitù di aquae haustus. Concludendo si può supporre che l'iscrizione fosse apposta in un tratto di terreno compreso fra il decumano ed il Tevere di natura privata, e che fosse concesso un diritto di transito, nella specie una servitus itineris, fino alle rive del corso d'acqua, a favore del proprietario direttamente confinante col fiume, per soddisfare utilità pubbliche, e cioè per i bisogni dell'agricoltura e della vita quotidiana, come il bere e abbeverare gli animali, l'attingere acqua, il ius piscandi, e l'approdo e la posa delle barche.
Iter usque ad aquam: servitus et ripa dans l'expérience juridique romaine / Tuccillo, Fabiana. - (2009). (Intervento presentato al convegno La gestion des bords de l'eau, un environnement à risque. Pour la definition du concept de Riparia dans l'Empire romain tenutosi a Université Laval, Québec, Canada nel 29.10.2009).
Iter usque ad aquam: servitus et ripa dans l'expérience juridique romaine
TUCCILLO, FABIANA
2009
Abstract
Prendendo le mosse da un'iscrizione, probabilmente di epoca repubblicana, rinvenuta in seguito a scavi praticati ad Ostia tra l'ottobre del 1917 e il marzo 1918, relativa ad un iter privatum sulle sponde del Tevere (privatum / ad Tiberim/ usque ad /aquam), si intende affrontare la questione della natura del diritto di passaggio.In storiografia, infatti, si discute se l'iter necessario per accedere al Tevere era un semplice passaggio o creava un diritto nel proprietario del fondo che lo autorizzava ad attraversare i fondi vicini o intermedi col suo iter aquae, e cioè una servitù di passaggio che collegava il fondo interessato al bacino d'acqua che si voleva utilizzare. Leggendo alcune testimonianze classiche relative soprattutto alla servitus aquae haustus, credo si possa ricavare la regola secondo cui poteva costituirsi una servitus itineris per attraversare i fondi intermedi quando era necessario per esercitare una servitus aquae haustus in quanto il passaggio sul suolo pubblico e sulla via pubblica o l'attraversamento del fiume pubblico erano diritti strumentali ad essa. Ad esempio nell'ultima parte di D. 8.3.3.3 (Ulp. 17 ad Sab.) si fa riferimento all'haustus da un corso di acqua pubblico cui si accede attraverso un fondo altrui per ricavarne che la servitù di iter comprende anche l'haustus. E ancora Paolo nei libri ad Plautium (D. 39.3.17.2-4) ammette la costituzione di una servitus aquae haustus solo sul fondo in cui sgorga l'acqua, mentre sugli eventuali fondi intermedi, parla di una servitù di passaggio, parte del contenuto della servitù di aquae haustus. Concludendo si può supporre che l'iscrizione fosse apposta in un tratto di terreno compreso fra il decumano ed il Tevere di natura privata, e che fosse concesso un diritto di transito, nella specie una servitus itineris, fino alle rive del corso d'acqua, a favore del proprietario direttamente confinante col fiume, per soddisfare utilità pubbliche, e cioè per i bisogni dell'agricoltura e della vita quotidiana, come il bere e abbeverare gli animali, l'attingere acqua, il ius piscandi, e l'approdo e la posa delle barche.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.