Si propone di rinnovare il progetto di ricerca presentato nel 2009 con durata 36 mesi. Il progetto s’inscrive nella scia della ricerca iniziata con il progetto dipartimentale biennale dal titolo Trasformazioni della funzione paterna e “Disagio nella civiltà”, che ha indagato le trasformazioni delle funzioni genitoriali con particolare riferimento alle carenze della funzione paterna, intese come operatori di un disagio che rimanda sempre più, oggigiorno, ad una crisi della civiltà edipica a favore di un’organizzazione narcisistico/preedipica dagli accenti perversi; dai risultati della ricerca è emersa, conformemente a quanto riporta la letteratura clinica, che la crisi del paterno, operatore di triangolazione fondamentale per il processo di soggettivazione, va di pari passo con un eccesso di materno (De Rosa, Sommantico, 2005), proprio nella misura in cui il paterno fatica a svolgere la sua funzione di separazione e di supporto al processo di differenziazione dell’individuo (Sommantico, Parrello, De Rosa, Osorio Guzmàn, 2008). La ricerca si è avvalsa e si avvale di incursioni nel campo della psicoanalisi applicata e, in particolar modo, nell’ambito cinematografico come specchio delle problematiche genitoriali, di filiazione e di soggettivazione ed operatore altro di delineazione ed approfondimento delle stesse. Seguendo l’ipotesi di Anzieu (1975), secondo la quale il disagio della civiltà sembra oggi dipendere sempre più dalle caratteristiche paradossali dei rapporti tra gli individui, le generazioni e i gruppi sociali, così come quella di Kaës (2005), secondo cui le nuove forme di disagio intersoggettivo sembrano caratterizzarsi per una fragilizzazione dei legami, ci si propone di indagare le attuali forme del disagio nell’istituzione familiare, nell’assemblaggio dell’apparato psichico familiare (Ruffiot, 1981) e in alcuni ambiti istituzionali formativi. Così, da un lato s’intende approfondire la suddetta ricerca sull’asse verticale di organizzazione del legame, mettendo a fuoco ulteriori aspetti delle funzioni genitoriali durante la transizione all’età adulta in relazione a contesti culturali diversi (Italia-Messico), estendendo l’indagine alle aree istituzionali formative, nelle quali la relazione educativa si connota per profonde trasformazioni dell’equilibrio degli aspetti ‘paterni’ e ‘materni’ (Lancini, 2003), andando nella direzione di una “affettivizzazione della scuola” (Pietropolli Charmet, 2003) che sembra dar vita a situazioni “prive di struttura” in cui non è chiaro quale sia il sapere degno di essere appreso (Bauman, 2000); dall’altro lato si intende esplorare anche l’asse orizzontale con le sue possibili carenze, ovvero quella dimensione fraterna (Kaës, 2008) che, rimasta finora più in ombra, svolge un ruolo non secondario nell’organizzazione dell’istituzione familiare, ma soprattutto nel processo di soggettivazione dell’individuo. La dimensione fraterna, infatti, costituisce un luogo di articolazione evolutiva strutturante, tra narcisistico ed edipico, che fornisce la possibilità di maneggiare qualcosa che riguarda il contenzioso edipico, ma in situazione di sicurezza o, almeno, di minore pericolosità (Assoun, in De Rosa, 2006). Essa informa in qualche modo anche il rapporto fra coetanei all’interno dei contesti formativi, laddove la diminuzione di funzione normativa sembra accentuare gli aspetti narcisistici e aggressivi delle relazioni orizzontali che producono una “isterizzazione dei gruppi classe” (Angelini, 2003; Lancini, 2003). Infine, s’intende articolare ulteriormente la questione del Disagio nella civiltà al piano per così dire collettivo, legato alle problematiche e ai punti di vulnerabilità del processo di civilizzazione. Posto che il mantenimento del legame tra ontogenetico e filogenetico consente, non solo, di preservare la solidarietà del movimento tra la pratica analitica ed i compiti dello spirito comune all’individuo e alla collettività, ma anche di impostare in maniera più complessa la questione del Kulturarbeit, ovvero di quel progresso nella vita dello spirito (Freud, 1934-38) che è alla base di ogni civiltà (Zaltzman, 1998, 2007), la ricerca procederà, nella sua seconda fase, con l’indagine sulla cosiddetta questione del male. Seguendo Zaltzman (2007), s’intende con spirito del male quel luogo del male extra-territoriale che è al di fuori dell’organizzazione edipica dell’individuo e della società e che, nella storia umana è eminentemente rappresentato dalla Shoah, eredità nuda (Appelfeld, 2006) di una cultura devastata, la cui resistenza all’esser colta giunge sino all’interdetto interiore. Il Kulturarbeit fatica a creare una tale rappresentazione profana, non-senso e caos, ad andare oltre un’idea del male come attentato al sacro dell’umano e del legame di filiazione, eppure la storia dimostra che, nonostante i progressi di civiltà, non c’è pacificazione per l’odio razziale o per i conflitti mortiferi della storia. Rimane, come ricorda Zaltzman, l’esigenza di pensare lo spirito di quel male al di fuori della portata della civiltà compiuta dall’evoluzione edipica (in De Rosa, 2008) che, nell’articolazione della ricerca, si approfondirà interrogandosi sulle possibili connessioni con la crisi dell’organizzazione edipica sul piano individuale.
Rinnovo Progetto La crisi della civiltà edipica come operatore del “Disagio nella civiltà”: tra individuale e collettivo / DE ROSA, Barbara. - (2010). (Intervento presentato al convegno La crisi della civiltà edipica come operatore del “Disagio nella civiltà”: nel 2008).
Rinnovo Progetto La crisi della civiltà edipica come operatore del “Disagio nella civiltà”: tra individuale e collettivo
DE ROSA, BARBARA
2010
Abstract
Si propone di rinnovare il progetto di ricerca presentato nel 2009 con durata 36 mesi. Il progetto s’inscrive nella scia della ricerca iniziata con il progetto dipartimentale biennale dal titolo Trasformazioni della funzione paterna e “Disagio nella civiltà”, che ha indagato le trasformazioni delle funzioni genitoriali con particolare riferimento alle carenze della funzione paterna, intese come operatori di un disagio che rimanda sempre più, oggigiorno, ad una crisi della civiltà edipica a favore di un’organizzazione narcisistico/preedipica dagli accenti perversi; dai risultati della ricerca è emersa, conformemente a quanto riporta la letteratura clinica, che la crisi del paterno, operatore di triangolazione fondamentale per il processo di soggettivazione, va di pari passo con un eccesso di materno (De Rosa, Sommantico, 2005), proprio nella misura in cui il paterno fatica a svolgere la sua funzione di separazione e di supporto al processo di differenziazione dell’individuo (Sommantico, Parrello, De Rosa, Osorio Guzmàn, 2008). La ricerca si è avvalsa e si avvale di incursioni nel campo della psicoanalisi applicata e, in particolar modo, nell’ambito cinematografico come specchio delle problematiche genitoriali, di filiazione e di soggettivazione ed operatore altro di delineazione ed approfondimento delle stesse. Seguendo l’ipotesi di Anzieu (1975), secondo la quale il disagio della civiltà sembra oggi dipendere sempre più dalle caratteristiche paradossali dei rapporti tra gli individui, le generazioni e i gruppi sociali, così come quella di Kaës (2005), secondo cui le nuove forme di disagio intersoggettivo sembrano caratterizzarsi per una fragilizzazione dei legami, ci si propone di indagare le attuali forme del disagio nell’istituzione familiare, nell’assemblaggio dell’apparato psichico familiare (Ruffiot, 1981) e in alcuni ambiti istituzionali formativi. Così, da un lato s’intende approfondire la suddetta ricerca sull’asse verticale di organizzazione del legame, mettendo a fuoco ulteriori aspetti delle funzioni genitoriali durante la transizione all’età adulta in relazione a contesti culturali diversi (Italia-Messico), estendendo l’indagine alle aree istituzionali formative, nelle quali la relazione educativa si connota per profonde trasformazioni dell’equilibrio degli aspetti ‘paterni’ e ‘materni’ (Lancini, 2003), andando nella direzione di una “affettivizzazione della scuola” (Pietropolli Charmet, 2003) che sembra dar vita a situazioni “prive di struttura” in cui non è chiaro quale sia il sapere degno di essere appreso (Bauman, 2000); dall’altro lato si intende esplorare anche l’asse orizzontale con le sue possibili carenze, ovvero quella dimensione fraterna (Kaës, 2008) che, rimasta finora più in ombra, svolge un ruolo non secondario nell’organizzazione dell’istituzione familiare, ma soprattutto nel processo di soggettivazione dell’individuo. La dimensione fraterna, infatti, costituisce un luogo di articolazione evolutiva strutturante, tra narcisistico ed edipico, che fornisce la possibilità di maneggiare qualcosa che riguarda il contenzioso edipico, ma in situazione di sicurezza o, almeno, di minore pericolosità (Assoun, in De Rosa, 2006). Essa informa in qualche modo anche il rapporto fra coetanei all’interno dei contesti formativi, laddove la diminuzione di funzione normativa sembra accentuare gli aspetti narcisistici e aggressivi delle relazioni orizzontali che producono una “isterizzazione dei gruppi classe” (Angelini, 2003; Lancini, 2003). Infine, s’intende articolare ulteriormente la questione del Disagio nella civiltà al piano per così dire collettivo, legato alle problematiche e ai punti di vulnerabilità del processo di civilizzazione. Posto che il mantenimento del legame tra ontogenetico e filogenetico consente, non solo, di preservare la solidarietà del movimento tra la pratica analitica ed i compiti dello spirito comune all’individuo e alla collettività, ma anche di impostare in maniera più complessa la questione del Kulturarbeit, ovvero di quel progresso nella vita dello spirito (Freud, 1934-38) che è alla base di ogni civiltà (Zaltzman, 1998, 2007), la ricerca procederà, nella sua seconda fase, con l’indagine sulla cosiddetta questione del male. Seguendo Zaltzman (2007), s’intende con spirito del male quel luogo del male extra-territoriale che è al di fuori dell’organizzazione edipica dell’individuo e della società e che, nella storia umana è eminentemente rappresentato dalla Shoah, eredità nuda (Appelfeld, 2006) di una cultura devastata, la cui resistenza all’esser colta giunge sino all’interdetto interiore. Il Kulturarbeit fatica a creare una tale rappresentazione profana, non-senso e caos, ad andare oltre un’idea del male come attentato al sacro dell’umano e del legame di filiazione, eppure la storia dimostra che, nonostante i progressi di civiltà, non c’è pacificazione per l’odio razziale o per i conflitti mortiferi della storia. Rimane, come ricorda Zaltzman, l’esigenza di pensare lo spirito di quel male al di fuori della portata della civiltà compiuta dall’evoluzione edipica (in De Rosa, 2008) che, nell’articolazione della ricerca, si approfondirà interrogandosi sulle possibili connessioni con la crisi dell’organizzazione edipica sul piano individuale.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.