Ogni città, paese, territorio, comunità, piccolo o grande che sia, ha il potere di costituire un tassello indispensabile di quel mosaico culturale che contribuisce ad arricchire il grande archivio del mondo globale, dove il passato, il presente e il futuro sembrano non avere soluzione di continuità, dove la diversità culturale e la molteplicità delle identità sono testimonianze preziose di un patrimonio a forte rischio di dispersione e di omologazione. Un patrimonio che connota il nostro paesaggio, interiore ed esteriore, in cui cultura, identità e tradizione restano sempre e comunque degli invarianti oggettivi e portano con sé il concetto, ormai radicato nel pensiero contemporaneo, di “bene immateriale”. Quel complesso patrimonio intangibile, che ogni cultura ha da sempre custodito senza tuttavia avere la consapevolezza della sua esistenza né dell’importanza della sua esistenza, appare oggi indiscussa testimonianza dell’identità di un territorio e della sua memoria continuata e collettiva; soprattutto in un’epoca come la nostra, in cui l’immersività virtuale sta progressivamente delocalizzando la memoria, allontanando sempre più dal nostro corpo le fabbriche del ricordo e relegandole alle open source che sono, senza dubbio, sempre a nostra disposizione, ma non dentro di noi, l’identità culturale rischia di essere marginalizzata e destinata, pian piano, a scomparire. Siamo sottoposti ad una obliterazione sistematica della capacità mentale essenziale alla conservazione dell’identità culturale: essa è, infatti, costituita di ricordi, di tradizioni tramandate e reiterate nel tempo secondo tecniche, riti, gesti che hanno a che fare con la nostra mente e con il nostro cuore; essa è tenuta viva solo se siamo in grado di metabolizzare la realtà che ci circonda, archiviando quello che risulta importante e degno di essere conservato nelle teche della nostra storia individuale e collettiva. Soprattutto “la cultura popolare è un continuo manifestarsi di fantasia, di creatività e di invenzione. I valori oggettivi di queste attività vengono accumulati in quello che si chiama tradizione, tecnica o artistica o come si vuole. E, di continuo, questi valori vengono verificati da altri atti di fantasia e di creatività, e quindi sostituiti quando si dimostrano superati. Così la tradizione è la somma in continua mutazione dei valori oggettivi utili alla gente. Ripetere pedestremente un valore, senza fantasia, vuol dire non continuare la tradizione ma fermarla, farla morire. La tradizione è la somma dei valori oggettivi della collettività e la collettività deve continuamente rinnovarsi se non vuol deperire.” Le feste, i riti, i culti, le attività artigianali, le varie forme di espressione artistica, sono, in tal senso, essenziali per l’universo simbolico del territorio in cui viviamo: sono stati definiti “il continente sommerso” di ciascuna delle molteplici e variegate isole territoriali che abitiamo e costituiscono un immenso e complesso patrimonio culturale. Complesso soprattutto perché è un patrimonio intangibile, fatto di racconti, di immagini, di suoni, di voci, di gesti, di oggetti costruiti e poi distrutti e poi costruiti nuovamente per reiterare un culto, una fede, una tradizione. Per la maggior parte della storia umana la memoria è stata l’unica protezione per le conoscenze; la conoscenza, dal canto suo, costituisce la base della tutela e della valorizzazione e senza queste non ci sarebbe memoria, ma è spesso difficile raccontare per filo e per segno volti e mani protagonisti di una tradizione, così come è difficile leggere la realtà e interpretarne i simboli, disvelarne i significati. Di fronte a questo patrimonio immateriale emerge l’esigenza di un nuovo approccio alla salvaguardia che punti a favorire il lavoro congiunto e coordinato di singoli, enti, associazioni che, dal territorio, possono fornire documenti, interviste, testimonianze della tradizione le quali poi, attraverso la divulgazione, ritornano sul territorio; d’altro canto, in uno scenario così complesso, si delinea un ruolo significativo per la rappresentazione, la disciplina in grado di conservare le immagini e di produrne e divulgarne di sempre più adeguate alle odierne visioni: “più le immagini sono vivaci ed impressionanti, più è facile usarle come custodie dei ricordi”.

Tradizione e tecnologia: evoluzione di un progetto / Pascariello, MARIA INES. - (2011).

Tradizione e tecnologia: evoluzione di un progetto

PASCARIELLO, MARIA INES
2011

Abstract

Ogni città, paese, territorio, comunità, piccolo o grande che sia, ha il potere di costituire un tassello indispensabile di quel mosaico culturale che contribuisce ad arricchire il grande archivio del mondo globale, dove il passato, il presente e il futuro sembrano non avere soluzione di continuità, dove la diversità culturale e la molteplicità delle identità sono testimonianze preziose di un patrimonio a forte rischio di dispersione e di omologazione. Un patrimonio che connota il nostro paesaggio, interiore ed esteriore, in cui cultura, identità e tradizione restano sempre e comunque degli invarianti oggettivi e portano con sé il concetto, ormai radicato nel pensiero contemporaneo, di “bene immateriale”. Quel complesso patrimonio intangibile, che ogni cultura ha da sempre custodito senza tuttavia avere la consapevolezza della sua esistenza né dell’importanza della sua esistenza, appare oggi indiscussa testimonianza dell’identità di un territorio e della sua memoria continuata e collettiva; soprattutto in un’epoca come la nostra, in cui l’immersività virtuale sta progressivamente delocalizzando la memoria, allontanando sempre più dal nostro corpo le fabbriche del ricordo e relegandole alle open source che sono, senza dubbio, sempre a nostra disposizione, ma non dentro di noi, l’identità culturale rischia di essere marginalizzata e destinata, pian piano, a scomparire. Siamo sottoposti ad una obliterazione sistematica della capacità mentale essenziale alla conservazione dell’identità culturale: essa è, infatti, costituita di ricordi, di tradizioni tramandate e reiterate nel tempo secondo tecniche, riti, gesti che hanno a che fare con la nostra mente e con il nostro cuore; essa è tenuta viva solo se siamo in grado di metabolizzare la realtà che ci circonda, archiviando quello che risulta importante e degno di essere conservato nelle teche della nostra storia individuale e collettiva. Soprattutto “la cultura popolare è un continuo manifestarsi di fantasia, di creatività e di invenzione. I valori oggettivi di queste attività vengono accumulati in quello che si chiama tradizione, tecnica o artistica o come si vuole. E, di continuo, questi valori vengono verificati da altri atti di fantasia e di creatività, e quindi sostituiti quando si dimostrano superati. Così la tradizione è la somma in continua mutazione dei valori oggettivi utili alla gente. Ripetere pedestremente un valore, senza fantasia, vuol dire non continuare la tradizione ma fermarla, farla morire. La tradizione è la somma dei valori oggettivi della collettività e la collettività deve continuamente rinnovarsi se non vuol deperire.” Le feste, i riti, i culti, le attività artigianali, le varie forme di espressione artistica, sono, in tal senso, essenziali per l’universo simbolico del territorio in cui viviamo: sono stati definiti “il continente sommerso” di ciascuna delle molteplici e variegate isole territoriali che abitiamo e costituiscono un immenso e complesso patrimonio culturale. Complesso soprattutto perché è un patrimonio intangibile, fatto di racconti, di immagini, di suoni, di voci, di gesti, di oggetti costruiti e poi distrutti e poi costruiti nuovamente per reiterare un culto, una fede, una tradizione. Per la maggior parte della storia umana la memoria è stata l’unica protezione per le conoscenze; la conoscenza, dal canto suo, costituisce la base della tutela e della valorizzazione e senza queste non ci sarebbe memoria, ma è spesso difficile raccontare per filo e per segno volti e mani protagonisti di una tradizione, così come è difficile leggere la realtà e interpretarne i simboli, disvelarne i significati. Di fronte a questo patrimonio immateriale emerge l’esigenza di un nuovo approccio alla salvaguardia che punti a favorire il lavoro congiunto e coordinato di singoli, enti, associazioni che, dal territorio, possono fornire documenti, interviste, testimonianze della tradizione le quali poi, attraverso la divulgazione, ritornano sul territorio; d’altro canto, in uno scenario così complesso, si delinea un ruolo significativo per la rappresentazione, la disciplina in grado di conservare le immagini e di produrne e divulgarne di sempre più adeguate alle odierne visioni: “più le immagini sono vivaci ed impressionanti, più è facile usarle come custodie dei ricordi”.
2011
Tradizione e tecnologia: evoluzione di un progetto / Pascariello, MARIA INES. - (2011).
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11588/413346
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