Alcune orazioni di Elio Aristide presentano la forma e la struttura di un’apologia. Si tratta di orazioni di carattere polemico, attraverso le quali il retore, difendendo se stesso e il suo ideale di retorica, prende posizione all’interno dell’ampio dibattito filosofico e retorico del suo tempo. È il caso dell’or. 28 Keil Sull’osservazione in margine (Περὶ τοῦ παραφθέγματος), e dell’or. 33 Contro quelli che lo accusano di non declamare (Πρὸς τοὺς αἰτιωμένους ὅτι μὴ μελετῴη), ma anche delle lunghe orazioni platoniche 2 e 3, nelle quali Aristide si sente spinto ad adottare un’analoga prospettiva difensiva nei confronti delle accuse mosse da Platone nel Gorgia ai retori e alla retorica. L’assunzione di una siffatta prospettiva apologetica porta con sé, a tratti, una sorta di simulazione processuale, che consente al retore di sostenere con maggiore veemenza le proprie ragioni e sfruttare a piene mani l’ampio repertorio fornitogli dalle argomentazioni, dai temi e dalla terminologia della grande oratoria ateniese di epoca classica, in primis Demostene. Si cercherà di analizzare le forme e le motivazioni di questa prospettiva “giudiziaria”, focalizzando l’attenzione sulle orr. 28 e 33. Nella 28 Aristide difende se stesso da una critica ricevuta a proposito di un’osservazione di autoelogio che egli stesso aveva pronunciato a proposito di un suo inno in onore di Atena; nella 33 si difende dall’accusa di partecipare troppo raramente agli agoni retorici.
Come sotto processo. Simulazioni di oratoria giudiziaria in Elio Aristide / Miletti, Lorenzo. - (2011). (Intervento presentato al convegno XVIII Biennial Conference della International Society for the History of Rhetoric tenutosi a Bologna nel 18-22 luglio 2011).
Come sotto processo. Simulazioni di oratoria giudiziaria in Elio Aristide
MILETTI, LORENZO
2011
Abstract
Alcune orazioni di Elio Aristide presentano la forma e la struttura di un’apologia. Si tratta di orazioni di carattere polemico, attraverso le quali il retore, difendendo se stesso e il suo ideale di retorica, prende posizione all’interno dell’ampio dibattito filosofico e retorico del suo tempo. È il caso dell’or. 28 Keil Sull’osservazione in margine (Περὶ τοῦ παραφθέγματος), e dell’or. 33 Contro quelli che lo accusano di non declamare (Πρὸς τοὺς αἰτιωμένους ὅτι μὴ μελετῴη), ma anche delle lunghe orazioni platoniche 2 e 3, nelle quali Aristide si sente spinto ad adottare un’analoga prospettiva difensiva nei confronti delle accuse mosse da Platone nel Gorgia ai retori e alla retorica. L’assunzione di una siffatta prospettiva apologetica porta con sé, a tratti, una sorta di simulazione processuale, che consente al retore di sostenere con maggiore veemenza le proprie ragioni e sfruttare a piene mani l’ampio repertorio fornitogli dalle argomentazioni, dai temi e dalla terminologia della grande oratoria ateniese di epoca classica, in primis Demostene. Si cercherà di analizzare le forme e le motivazioni di questa prospettiva “giudiziaria”, focalizzando l’attenzione sulle orr. 28 e 33. Nella 28 Aristide difende se stesso da una critica ricevuta a proposito di un’osservazione di autoelogio che egli stesso aveva pronunciato a proposito di un suo inno in onore di Atena; nella 33 si difende dall’accusa di partecipare troppo raramente agli agoni retorici.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.