Si parte dalla constatazione che l'attività di sostituzione gestoria nell'ambito di un gruppo organizzato per il rafforzamento delle imprese, può essere realizzata ricorrendo non più soltanto ai consorzi ed alle società consortili, bensì anche tramite la costituzione di "reti di imprese". Evidenziato il travagliato iter normativo della nuova fattispecie ed i contrasti interpretativi sulla funzione, pervero dotata di una notevole elasticità applicativa (da un profilo collaborativo all'esercizio di un'attività di integrazione aziendale), si pone la questione di identificare se sussista, ed eventualmente in cosa consista, una differenza con il consorzio. Sulla base della disciplina originaria dell'art.3 co. 4 ter d.l. 10 febbraio 2009 n.5, la diversità con il consorzio appariva netta facendo riferimento la norma espressamente ad una gestione attuata con rappresentanza diretta di tutti ovvero delle singole imprese aggregate. Una volta tuttavia stabilito che la rete possa acquisire soggettività giuridica (osservando le prescrizioni formali di costituzione richieste dalla legge), la questione di una distinzione con il consorzio è divenuta più complessa, non potendosi negare una (quanto meno) parziale sovrapponibilità fra le fattispecie. Invero, se lo scopo di rete è sostanzialmente simile a quello consortile, la gestione della rete-soggetto viene a ricondursi al sistema di protezione proprio del consorzio. Non sembra tuttavia che possa impedirsi (in quanto appare congenito alla stessa elasticità negoziale dell'istituto, che spazia gradatamente dal contratto alla persona giuridica) una coesistenza fra la gestione associativa (nello svolgimento dell'attività a carattere organizzativo, e dunque rispondente ad un interesse propriamente comune) con una gestione rappresentativa nell'attuazione della funzione di sostituzione gestoria, che avvenga cioè con contemplatio domini dell'impresa retista aggregata; il che finisce per evitare, diversamente dal consorzio- l'imputazione di quell'attività (rispondente ad un interesse particolare del singolo) alla collettività organizzata la quale dunque resta estranea alla relativa sopportazione del rischio di impresa. In tal modo, si assiste alla possibilità di un cumulo nell'ambito di una medesima fattispecie (e dunque in capo ad un medesimo organo comune) di una duplice modalità di gestione, da un lato associativa e dall'altro rappresentativa, senza che fra le medesime sia dato riscontrare alcuna incompatibilità di principio. Con la conseguenza che l'organo comune nello svolgimento di attività "in nome e per conto" del singolo, è tenuto ad osservare le direttive ed a manifestare la volontà, esclusivamente di quest'ultimo. Si passa così alla identificazione dei doveri di correttezza nella gestione da parte degli amministratori della rete, distinguendosi la diligenza fra gestione rappresentativa e gestione associativa; ed in caso di fallimento (con riferimento alla rete soggetto), si richiamano le conclusioni raggiunte per l'insolvenza del consorzio, affermandosi (in espressa critica ad una recente pronuncia di legittimità) la legittimazione del curatore fallimentare ad esercitare l'azione di responsabilità. La parte finale dell'indagine è dedicata ad un raffronto comparativo, sotto il profilo gestorio, fra le reti i consorzi e le società consortili, secondo il graduale passaggio dal mandato alla funzione associativa ed in ragione di una differenziazione della persona giuridica fondata sul modus operandi dell'organo comune. Questa estrema elasticità nella regolazione delle modalità di gestione tuttavia, finisce per connettersi ad una ulteriore questione, attinente al rischio di un abuso della struttura organizzativa in vantaggio preferenziale di alcune imprese (ed in danno di quelle discriminate dalla gestione al vertice organizzativo delle relative chance contrattuali): abuso di coordinamento che sfrutta la capacità attrattiva della rete qualificata come "organo di esecuzione del contratto" e che dunque può rappresentare la fonte di un illecito (a matrice contrattuale) in violazione della regola di correttezza ex art. 1375 c.c.; vicenda patologica che però deve essere tenuta distinta dalla diversa ipotesi che tramite la rete si proceda all'esercizio di una vera e propria attività di direzione e coordinamento, in tal modo rendendo applicabile la disciplina di cui all'art. 2497 c.c., ed a condizione che effettivamente sussista il quid pluris dato dallo svolgimento di un'influenza dominante sulle imprese retiste; evidenziandosi infine, che di regola la funzione di rete appare per la verità contraddistinta dall'elemento della indipendenza delle imprese aggregate, di per sè diametralmente opposto alla gestione accentrata di un'attività di direzione e coordinamento (compatibile, ancorchè non coincidente affatto, con l'ordinaria gestione di un consorzio).
Gestione rappresentativa e gestione associativa nella rete di imprese / Doria, Giuseppe. - STAMPA. - (2012).
Gestione rappresentativa e gestione associativa nella rete di imprese
DORIA, GIUSEPPE
2012
Abstract
Si parte dalla constatazione che l'attività di sostituzione gestoria nell'ambito di un gruppo organizzato per il rafforzamento delle imprese, può essere realizzata ricorrendo non più soltanto ai consorzi ed alle società consortili, bensì anche tramite la costituzione di "reti di imprese". Evidenziato il travagliato iter normativo della nuova fattispecie ed i contrasti interpretativi sulla funzione, pervero dotata di una notevole elasticità applicativa (da un profilo collaborativo all'esercizio di un'attività di integrazione aziendale), si pone la questione di identificare se sussista, ed eventualmente in cosa consista, una differenza con il consorzio. Sulla base della disciplina originaria dell'art.3 co. 4 ter d.l. 10 febbraio 2009 n.5, la diversità con il consorzio appariva netta facendo riferimento la norma espressamente ad una gestione attuata con rappresentanza diretta di tutti ovvero delle singole imprese aggregate. Una volta tuttavia stabilito che la rete possa acquisire soggettività giuridica (osservando le prescrizioni formali di costituzione richieste dalla legge), la questione di una distinzione con il consorzio è divenuta più complessa, non potendosi negare una (quanto meno) parziale sovrapponibilità fra le fattispecie. Invero, se lo scopo di rete è sostanzialmente simile a quello consortile, la gestione della rete-soggetto viene a ricondursi al sistema di protezione proprio del consorzio. Non sembra tuttavia che possa impedirsi (in quanto appare congenito alla stessa elasticità negoziale dell'istituto, che spazia gradatamente dal contratto alla persona giuridica) una coesistenza fra la gestione associativa (nello svolgimento dell'attività a carattere organizzativo, e dunque rispondente ad un interesse propriamente comune) con una gestione rappresentativa nell'attuazione della funzione di sostituzione gestoria, che avvenga cioè con contemplatio domini dell'impresa retista aggregata; il che finisce per evitare, diversamente dal consorzio- l'imputazione di quell'attività (rispondente ad un interesse particolare del singolo) alla collettività organizzata la quale dunque resta estranea alla relativa sopportazione del rischio di impresa. In tal modo, si assiste alla possibilità di un cumulo nell'ambito di una medesima fattispecie (e dunque in capo ad un medesimo organo comune) di una duplice modalità di gestione, da un lato associativa e dall'altro rappresentativa, senza che fra le medesime sia dato riscontrare alcuna incompatibilità di principio. Con la conseguenza che l'organo comune nello svolgimento di attività "in nome e per conto" del singolo, è tenuto ad osservare le direttive ed a manifestare la volontà, esclusivamente di quest'ultimo. Si passa così alla identificazione dei doveri di correttezza nella gestione da parte degli amministratori della rete, distinguendosi la diligenza fra gestione rappresentativa e gestione associativa; ed in caso di fallimento (con riferimento alla rete soggetto), si richiamano le conclusioni raggiunte per l'insolvenza del consorzio, affermandosi (in espressa critica ad una recente pronuncia di legittimità) la legittimazione del curatore fallimentare ad esercitare l'azione di responsabilità. La parte finale dell'indagine è dedicata ad un raffronto comparativo, sotto il profilo gestorio, fra le reti i consorzi e le società consortili, secondo il graduale passaggio dal mandato alla funzione associativa ed in ragione di una differenziazione della persona giuridica fondata sul modus operandi dell'organo comune. Questa estrema elasticità nella regolazione delle modalità di gestione tuttavia, finisce per connettersi ad una ulteriore questione, attinente al rischio di un abuso della struttura organizzativa in vantaggio preferenziale di alcune imprese (ed in danno di quelle discriminate dalla gestione al vertice organizzativo delle relative chance contrattuali): abuso di coordinamento che sfrutta la capacità attrattiva della rete qualificata come "organo di esecuzione del contratto" e che dunque può rappresentare la fonte di un illecito (a matrice contrattuale) in violazione della regola di correttezza ex art. 1375 c.c.; vicenda patologica che però deve essere tenuta distinta dalla diversa ipotesi che tramite la rete si proceda all'esercizio di una vera e propria attività di direzione e coordinamento, in tal modo rendendo applicabile la disciplina di cui all'art. 2497 c.c., ed a condizione che effettivamente sussista il quid pluris dato dallo svolgimento di un'influenza dominante sulle imprese retiste; evidenziandosi infine, che di regola la funzione di rete appare per la verità contraddistinta dall'elemento della indipendenza delle imprese aggregate, di per sè diametralmente opposto alla gestione accentrata di un'attività di direzione e coordinamento (compatibile, ancorchè non coincidente affatto, con l'ordinaria gestione di un consorzio).I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.