Presentare Valéry, teorico riconosciuto dello sport della mente, come un narcisista ben temperato è indubbiamente una sfida. Ma, entrando senza timore nella cucina dei meccanismi con cui Valéry descrive i modi di formazione e durata dell’io, ciò che se ne ricava dalla sfida proposta è un duplice effetto: rendere evidenti i dati di reale, ambigua complessità che circolano nelle pagine dedicate alla pratica autopoietica di cui si nutre qualunque riforma di sé e, al tempo stesso, evitare che sull’ethos agonistico e gladiatorio della soggettività, come Valéry la immagina, si proietti l’astuta coazione dell’individuo che “pensa di ridurre il proprio «possibile» di «uomo» all’esercizio della potenza e del potere”. E in effetti, la storia che si può leggere nella proposta di Valéry - la riforma di sé – non è altro, nella prospettiva di "un narcisismo ben temperato" che la storia di un individuo il cui possibile è capace di tenere a bada tanto i richiami sirenici alla ripetizione angusta, oziosa, sinonimica, di ciò che già c’è, quanto la smania esclusivista di introdurre nella storia un novum assoluto. La 'perfezione' di sé che è alla base della ricerca 'autopoietica' richiedendo e prevedendo un tempo peculiare: quello del 'ritardo' e dell'esitazione, si pone aldilà del novum assoluto e della ripetizione coatta, in cui si incaglia una soggettività tutta dedita, ma in maniera 'cultuale' al proprio rispecchiamento e preferisce "allentarsi- allenarsi" sul tempo lungo della costruzione di sé, esposta, come ogni costruzione vera, anche ai rischi di un fallimento.
Un narcisismo ben temperato. Paul Valéry e la riforma di sé / Papparo, FELICE CIRO. - (2012).
Un narcisismo ben temperato. Paul Valéry e la riforma di sé
PAPPARO, FELICE CIRO
2012
Abstract
Presentare Valéry, teorico riconosciuto dello sport della mente, come un narcisista ben temperato è indubbiamente una sfida. Ma, entrando senza timore nella cucina dei meccanismi con cui Valéry descrive i modi di formazione e durata dell’io, ciò che se ne ricava dalla sfida proposta è un duplice effetto: rendere evidenti i dati di reale, ambigua complessità che circolano nelle pagine dedicate alla pratica autopoietica di cui si nutre qualunque riforma di sé e, al tempo stesso, evitare che sull’ethos agonistico e gladiatorio della soggettività, come Valéry la immagina, si proietti l’astuta coazione dell’individuo che “pensa di ridurre il proprio «possibile» di «uomo» all’esercizio della potenza e del potere”. E in effetti, la storia che si può leggere nella proposta di Valéry - la riforma di sé – non è altro, nella prospettiva di "un narcisismo ben temperato" che la storia di un individuo il cui possibile è capace di tenere a bada tanto i richiami sirenici alla ripetizione angusta, oziosa, sinonimica, di ciò che già c’è, quanto la smania esclusivista di introdurre nella storia un novum assoluto. La 'perfezione' di sé che è alla base della ricerca 'autopoietica' richiedendo e prevedendo un tempo peculiare: quello del 'ritardo' e dell'esitazione, si pone aldilà del novum assoluto e della ripetizione coatta, in cui si incaglia una soggettività tutta dedita, ma in maniera 'cultuale' al proprio rispecchiamento e preferisce "allentarsi- allenarsi" sul tempo lungo della costruzione di sé, esposta, come ogni costruzione vera, anche ai rischi di un fallimento.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.