In una situazione di crisi oggettiva e globale sempre più percepita, anche la ricerca architettonica è chiamata a indicare ambiti e metodi di intervento, in cui proporre nuove soluzioni progettuali e tecnologiche, in grado di coniugare crescita economica e salvaguardia ambientale, contenimento dei consumi energetici e utilizzo di fonti energetiche alternative, ecologiche e dunque sostenibili. Naturalmente, da sola la tecnologia non basta ad assicurare la qualità delle realizzazioni, dipendente dalla capacità di rapportarsi, con finezza di analisi e di selezione di materiali e tipologie, con il contesto esistente. Più che puntare su nuove costruzioni e nuove urbanizzazioni, occorrerà dedicarsi alla trasformazione delle parti urbane consolidate, all’edilizia (o meglio all’architettura) di sostituzione, alla riqualificazione degli spazi pubblici abbandonati, periferici o degradati, e soprattutto, ovunque possibile, al recupero del patrimonio architettonico esistente. Il recupero ha in più, rispetto agli altri aspetti citati, il vantaggio di garantire in via principale se non esclusiva la conservazione dell’identità collettiva, condizione essenziale per la qualità non solo della vita presente, ma anche di quella futura, appannaggio delle nuove generazioni. Ma esso sarà tanto più efficace, quanto più aggiornata, avanzata e complessa sarà la tecnologia adoperata. Tecnologia, che non sempre, negli ultimi decenni si è contraddistinta per una reale salvaguardia dell’ambiente e della Tradizione, con soluzioni votate alla durevolezza degli edifici ed all’uso di prodotti naturali a basso costo di produzione e di impiego. La circolarità dei processi naturali (si pensi al ciclo dell’acqua o alla sintesi clorofilliana) sembra più perseguibile, come obiettivo a medio e lungo termine, nella programmazione urbanistica e socio-economica a scala urbana e territoriale che non nella produzione architettonica, con cui l’uomo modifica in maniera duratura l’ambiente naturale. Pur con questi limiti, tuttavia, l’architettura, quando è realizzata in armonia con la natura, è non solo “sostenibile”, ma anche prezioso arricchimento del contesto esistente: la penisola sorrentino-amalfitana, Capri, Rapallo e le cinque terre o la laguna veneta non erano certo più belle e accoglienti diecimila anni fa. Se sapremo conservarle. A supporto delle tesi esposte si riportano alcuni incisivi esempi di tecnologie specifiche utilizzabili nel recupero e nella riqualificazione architettonica e di comportamenti virtuosi, di recente sperimentati nel centro storico di Bologna, sia pure con alcune irrisolte contraddizioni. Se non ci occuperemo seriamente del rilancio del tessuto architettonico e urbano esistente, il “vuoto” sarà necessariamente colmato da altre forse meno proficue iniziative: magari per riempire quel che resta degli spazi urbani di bancarelle e paccottiglie, figlie di un inesistente artigianato locale, come di recente denunciato per un antico borgo investito da improvvisa celebrità cinematografica.
Recupero e sostituzione architettonica: strategie obbligate al tempo della crisi / Ciarcia, SAVERIO MAURO VALERIO. - (2012). (Intervento presentato al convegno ABITARE IL NUOVO/ABITARE DI NUOVO AI TEMPI DELLA CRISI tenutosi a Università di Napoli Federico II - Dipartimento di Progettazione Urbana e di Urbanistica nel giovedìì 13 dicembre 2012).
Recupero e sostituzione architettonica: strategie obbligate al tempo della crisi
CIARCIA, SAVERIO MAURO VALERIO
2012
Abstract
In una situazione di crisi oggettiva e globale sempre più percepita, anche la ricerca architettonica è chiamata a indicare ambiti e metodi di intervento, in cui proporre nuove soluzioni progettuali e tecnologiche, in grado di coniugare crescita economica e salvaguardia ambientale, contenimento dei consumi energetici e utilizzo di fonti energetiche alternative, ecologiche e dunque sostenibili. Naturalmente, da sola la tecnologia non basta ad assicurare la qualità delle realizzazioni, dipendente dalla capacità di rapportarsi, con finezza di analisi e di selezione di materiali e tipologie, con il contesto esistente. Più che puntare su nuove costruzioni e nuove urbanizzazioni, occorrerà dedicarsi alla trasformazione delle parti urbane consolidate, all’edilizia (o meglio all’architettura) di sostituzione, alla riqualificazione degli spazi pubblici abbandonati, periferici o degradati, e soprattutto, ovunque possibile, al recupero del patrimonio architettonico esistente. Il recupero ha in più, rispetto agli altri aspetti citati, il vantaggio di garantire in via principale se non esclusiva la conservazione dell’identità collettiva, condizione essenziale per la qualità non solo della vita presente, ma anche di quella futura, appannaggio delle nuove generazioni. Ma esso sarà tanto più efficace, quanto più aggiornata, avanzata e complessa sarà la tecnologia adoperata. Tecnologia, che non sempre, negli ultimi decenni si è contraddistinta per una reale salvaguardia dell’ambiente e della Tradizione, con soluzioni votate alla durevolezza degli edifici ed all’uso di prodotti naturali a basso costo di produzione e di impiego. La circolarità dei processi naturali (si pensi al ciclo dell’acqua o alla sintesi clorofilliana) sembra più perseguibile, come obiettivo a medio e lungo termine, nella programmazione urbanistica e socio-economica a scala urbana e territoriale che non nella produzione architettonica, con cui l’uomo modifica in maniera duratura l’ambiente naturale. Pur con questi limiti, tuttavia, l’architettura, quando è realizzata in armonia con la natura, è non solo “sostenibile”, ma anche prezioso arricchimento del contesto esistente: la penisola sorrentino-amalfitana, Capri, Rapallo e le cinque terre o la laguna veneta non erano certo più belle e accoglienti diecimila anni fa. Se sapremo conservarle. A supporto delle tesi esposte si riportano alcuni incisivi esempi di tecnologie specifiche utilizzabili nel recupero e nella riqualificazione architettonica e di comportamenti virtuosi, di recente sperimentati nel centro storico di Bologna, sia pure con alcune irrisolte contraddizioni. Se non ci occuperemo seriamente del rilancio del tessuto architettonico e urbano esistente, il “vuoto” sarà necessariamente colmato da altre forse meno proficue iniziative: magari per riempire quel che resta degli spazi urbani di bancarelle e paccottiglie, figlie di un inesistente artigianato locale, come di recente denunciato per un antico borgo investito da improvvisa celebrità cinematografica.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.