La Mostra I disegni originali esposti nella Mostra documentano - attraverso una selezione delle tavole più significative e degli studi preparatori - la tesi di laurea di Salvatore Bisogni e Agostino Renna, «Introduzione ai problemi di disegno urbano dell’area napoletana» del 1965, di cui erano stati relatori Giulio De Luca per gli aspetti architettonici e urbani e Francesco Compagna per gli aspetti di geografia politica ed economica. Nel medesimo anno della sua discussione la tesi fu pubblicata con grande risalto sul n. 87-88 della rivista «Edilizia Moderna» diretta da Vittorio Gregotti. Sempre nel 1965 Bisogni e Renna scriveranno, a quattro mani, il saggio “Contributo introduttivo ai problemi del disegno urbano a Napoli” negli atti del X Congresso INU a Trieste cui avevano partecipato con Vanni Pasca e Antonio Quistelli. Nel 1966 ancora Gregotti cita la tesi ne Il territorio dell’architettura che, nel 1967, sarà recensita oltralpe nel n. 132 da «L’Architecture d’aujour d’hui». Nel 1968 sarà presentata sul n. 328 di «Casabella» e inserita, sempre da Gregotti, in New Direction in Italian Architecture e nel collegato articolo “Les nouvelles tendance de l’architecture italienne” apparso sul n. 139 de «L’Architecture d’aujour d’hui». Nel 1974, sull’onda di tale vasta eco e risonanza, la tesi fu ripubblicata dagli stessi autori nel volume Il disegno della città. Napoli, con una puntuale presentazione di Gregotti. Ancora nel 1994 Pasquale Belfiore e Benedetto Gravagnuolo ne parleranno nel volume Napoli. Architettura e urbanistica e ancora e nel 1996 Renato Nicolini nel suo Napoli angelica Babele: diario di un anno. La mole dei testi e studi - di cui quelli citati rappresentano solo una parte - che hanno in qualche modo ripreso e rilanciato quel lavoro testimonia non solo il suo incontestabile valore storico e la sua riconosciuta rilevanza scientifica nella ricezione e nelle conseguenze e influenze che ha determinato ma anche la stringente attualità della sua metodologia di approccio ai problemi morfologici a grande scala. Una metodologia e una sperimentazione che, nel riproporre ed attualizzare le acquisizioni del Movimento Moderno, aveva avuto in Kevin Lynch, con la sua teoria del landscape e towndesign, un antesignano e un dichiarato riferimento come nelle coeve riflessioni in Italia negli studi di Giancarlo De Carlo e Ludovico Quaroni con caratteri e approcci anche notevolmente diversi. Non sono un caso, ad esempio, sia i frequenti contatti con De Carlo durante i primi studi preparatori sia le vistose assonanze di alcuni dei disegni della tesi con il famoso progetto di concorso di Quaroni per il quartiere CEP alle Barene di San Giuliano del 1958/60. Lo stesso Aldo Rossi - a valle della condivisione con Bisogni della 1^ mozione al Seminario quaroniano di Arezzo del 1963 organizzato dalla Fondazione Olivetti - inviterà i due estensori a esporre e presentare la tesi nel suo corso al Politecnico di Milano proprio a ridosso della pubblicazione de L’architettura della città in cui si riprendevano molti dei temi avviati da Lynch e pure presenti nella tesi. Sarà però Gregotti, nella sua introduzione sopra richiamata, a indicare per un verso l’estrema originalità e centralità di quello studio - ridimensionandone il debito con gli studi lynchiani - e per l’altro a sottolineare come lo sforzo di Bisogni e Renna era stato quello di «(…) estrarre proprio dai problemi posti dalla forma a grande scala, un metodo nuovo di progettazione a tutte le scale dimensionali (…) Si trattava infine di portare in primo piano come materiale per l’architettura la concreta fisicità e storicità del concetto di natura». Lo specifico modo non “puramente descrittivo ma progettuale”, che caratterizza le tavole e gli studi della tesi - in cui disegni squisitamente descrittivi e di grande precisione analitica si alternano con inediti ed efficaci tentativi sintetici, di notevole sperimentalismo figurale e diagrammatico - mostra chiaramente come il “disegno” alla scala della rappresentazione del territorio va inteso non solo come necessario strumento conoscitivo ma soprattutto come «campo di relazioni formali tra elementi costituitivi». Non solo un esercizio calligrafico di “disegno”, quindi, ma un vero e proprio preludio a un auspicabile “disegno della città” - ristretto all’area napoletana solo per la sua paradigmaticità - capace di cogliere simultaneamente sia i caratteri distintivi, sia le relazioni interscalari tra i differenti insiemi morfologici/naturali e le parti urbane, nel loro reciproco condizionamento. Un’esperienza, quella della tesi, che appare ancora oggi, a quasi cinquant’anni di distanza, un fondamentale e generoso tentativo di inventare - su autonomi presupposti eminentemente formali - un articolato strumentario analitico-descrittivo, un «modello insuperato (…) capace di restituire tutta la complessità materica, geografica, tipologica e storica di un insieme urbano e territoriale». Un'ulteriore e non secondaria qualità di quel lavoro e di quella esperienza è la grande tensione civile e politica che lo aveva animato in anni in cui il dibattito architettonico italiano e non solo – si pensi agli studi sulla “città-regione” di Hilberseimer in Una idea di piano del 1963 - aveva indagato e precisato i temi della costruzione territoriale a grande scala con notevoli studi e formulazioni teoriche. Un portato civile e una linea operativa d’indirizzo che purtroppo non è stata sufficientemente considerata vista l’attuale “informe e delirante” dispersione delle nostre aree metropolitane caratterizzate da una sconsiderata e indistinta espansione edilizia e da sistemi infrastrutturali indifferenti ai caratteri morfologici dei territori attraversati. Una desolante e generica “non-città”, senza limiti e misura, priva di luoghi civili e strutture insediative conformi che poco o nulla ha tenuto in conto di quell’importante lezione sull’ineludibile rapporto tra la costruzione urbana nelle sue diverse ipotesi o idee di città e il carattere specifico dei luoghi e delle forme del territorio, così lucidamente indagate e rese intellegibili da quel lavoro. Le bellissime tavole, assieme agli studi direttori preparatori (con non pochi spunti di progetti di grande interesse), che oggi sono in mostra, possono rappresentare non solo una testimonianza storica e documentale ma anche un possibile nuovo rilancio di quel sapiente modo di comprendere le strutture formali della città e del territorio in grado di riformulare, in termini operanti e progressivi, l’architettura delle vaste conurbazioni in cui viviamo in un rinnovato equilibrio tra le forme del territorio, i paesaggi, le infrastrutture e le polarità urbane per ritrovare quell’ineludibile rapporto tra la città contemporanea e la natura assunta ancora come il “contesto generale di riferimento per la sua costruzione”. Renato Capozzi Pietro Nunziante Camillo Orfeo

"Introduzione ai problemi del disegno urbano dell'area napoletana" Mostra di Architettura / Capozzi, Renato; Nunziante, Pietro; Orfeo, Camillo. - (2013).

"Introduzione ai problemi del disegno urbano dell'area napoletana" Mostra di Architettura

CAPOZZI, RENATO;NUNZIANTE, Pietro;ORFEO, Camillo
2013

Abstract

La Mostra I disegni originali esposti nella Mostra documentano - attraverso una selezione delle tavole più significative e degli studi preparatori - la tesi di laurea di Salvatore Bisogni e Agostino Renna, «Introduzione ai problemi di disegno urbano dell’area napoletana» del 1965, di cui erano stati relatori Giulio De Luca per gli aspetti architettonici e urbani e Francesco Compagna per gli aspetti di geografia politica ed economica. Nel medesimo anno della sua discussione la tesi fu pubblicata con grande risalto sul n. 87-88 della rivista «Edilizia Moderna» diretta da Vittorio Gregotti. Sempre nel 1965 Bisogni e Renna scriveranno, a quattro mani, il saggio “Contributo introduttivo ai problemi del disegno urbano a Napoli” negli atti del X Congresso INU a Trieste cui avevano partecipato con Vanni Pasca e Antonio Quistelli. Nel 1966 ancora Gregotti cita la tesi ne Il territorio dell’architettura che, nel 1967, sarà recensita oltralpe nel n. 132 da «L’Architecture d’aujour d’hui». Nel 1968 sarà presentata sul n. 328 di «Casabella» e inserita, sempre da Gregotti, in New Direction in Italian Architecture e nel collegato articolo “Les nouvelles tendance de l’architecture italienne” apparso sul n. 139 de «L’Architecture d’aujour d’hui». Nel 1974, sull’onda di tale vasta eco e risonanza, la tesi fu ripubblicata dagli stessi autori nel volume Il disegno della città. Napoli, con una puntuale presentazione di Gregotti. Ancora nel 1994 Pasquale Belfiore e Benedetto Gravagnuolo ne parleranno nel volume Napoli. Architettura e urbanistica e ancora e nel 1996 Renato Nicolini nel suo Napoli angelica Babele: diario di un anno. La mole dei testi e studi - di cui quelli citati rappresentano solo una parte - che hanno in qualche modo ripreso e rilanciato quel lavoro testimonia non solo il suo incontestabile valore storico e la sua riconosciuta rilevanza scientifica nella ricezione e nelle conseguenze e influenze che ha determinato ma anche la stringente attualità della sua metodologia di approccio ai problemi morfologici a grande scala. Una metodologia e una sperimentazione che, nel riproporre ed attualizzare le acquisizioni del Movimento Moderno, aveva avuto in Kevin Lynch, con la sua teoria del landscape e towndesign, un antesignano e un dichiarato riferimento come nelle coeve riflessioni in Italia negli studi di Giancarlo De Carlo e Ludovico Quaroni con caratteri e approcci anche notevolmente diversi. Non sono un caso, ad esempio, sia i frequenti contatti con De Carlo durante i primi studi preparatori sia le vistose assonanze di alcuni dei disegni della tesi con il famoso progetto di concorso di Quaroni per il quartiere CEP alle Barene di San Giuliano del 1958/60. Lo stesso Aldo Rossi - a valle della condivisione con Bisogni della 1^ mozione al Seminario quaroniano di Arezzo del 1963 organizzato dalla Fondazione Olivetti - inviterà i due estensori a esporre e presentare la tesi nel suo corso al Politecnico di Milano proprio a ridosso della pubblicazione de L’architettura della città in cui si riprendevano molti dei temi avviati da Lynch e pure presenti nella tesi. Sarà però Gregotti, nella sua introduzione sopra richiamata, a indicare per un verso l’estrema originalità e centralità di quello studio - ridimensionandone il debito con gli studi lynchiani - e per l’altro a sottolineare come lo sforzo di Bisogni e Renna era stato quello di «(…) estrarre proprio dai problemi posti dalla forma a grande scala, un metodo nuovo di progettazione a tutte le scale dimensionali (…) Si trattava infine di portare in primo piano come materiale per l’architettura la concreta fisicità e storicità del concetto di natura». Lo specifico modo non “puramente descrittivo ma progettuale”, che caratterizza le tavole e gli studi della tesi - in cui disegni squisitamente descrittivi e di grande precisione analitica si alternano con inediti ed efficaci tentativi sintetici, di notevole sperimentalismo figurale e diagrammatico - mostra chiaramente come il “disegno” alla scala della rappresentazione del territorio va inteso non solo come necessario strumento conoscitivo ma soprattutto come «campo di relazioni formali tra elementi costituitivi». Non solo un esercizio calligrafico di “disegno”, quindi, ma un vero e proprio preludio a un auspicabile “disegno della città” - ristretto all’area napoletana solo per la sua paradigmaticità - capace di cogliere simultaneamente sia i caratteri distintivi, sia le relazioni interscalari tra i differenti insiemi morfologici/naturali e le parti urbane, nel loro reciproco condizionamento. Un’esperienza, quella della tesi, che appare ancora oggi, a quasi cinquant’anni di distanza, un fondamentale e generoso tentativo di inventare - su autonomi presupposti eminentemente formali - un articolato strumentario analitico-descrittivo, un «modello insuperato (…) capace di restituire tutta la complessità materica, geografica, tipologica e storica di un insieme urbano e territoriale». Un'ulteriore e non secondaria qualità di quel lavoro e di quella esperienza è la grande tensione civile e politica che lo aveva animato in anni in cui il dibattito architettonico italiano e non solo – si pensi agli studi sulla “città-regione” di Hilberseimer in Una idea di piano del 1963 - aveva indagato e precisato i temi della costruzione territoriale a grande scala con notevoli studi e formulazioni teoriche. Un portato civile e una linea operativa d’indirizzo che purtroppo non è stata sufficientemente considerata vista l’attuale “informe e delirante” dispersione delle nostre aree metropolitane caratterizzate da una sconsiderata e indistinta espansione edilizia e da sistemi infrastrutturali indifferenti ai caratteri morfologici dei territori attraversati. Una desolante e generica “non-città”, senza limiti e misura, priva di luoghi civili e strutture insediative conformi che poco o nulla ha tenuto in conto di quell’importante lezione sull’ineludibile rapporto tra la costruzione urbana nelle sue diverse ipotesi o idee di città e il carattere specifico dei luoghi e delle forme del territorio, così lucidamente indagate e rese intellegibili da quel lavoro. Le bellissime tavole, assieme agli studi direttori preparatori (con non pochi spunti di progetti di grande interesse), che oggi sono in mostra, possono rappresentare non solo una testimonianza storica e documentale ma anche un possibile nuovo rilancio di quel sapiente modo di comprendere le strutture formali della città e del territorio in grado di riformulare, in termini operanti e progressivi, l’architettura delle vaste conurbazioni in cui viviamo in un rinnovato equilibrio tra le forme del territorio, i paesaggi, le infrastrutture e le polarità urbane per ritrovare quell’ineludibile rapporto tra la città contemporanea e la natura assunta ancora come il “contesto generale di riferimento per la sua costruzione”. Renato Capozzi Pietro Nunziante Camillo Orfeo
2013
"Introduzione ai problemi del disegno urbano dell'area napoletana" Mostra di Architettura / Capozzi, Renato; Nunziante, Pietro; Orfeo, Camillo. - (2013).
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