La traduzione non consiste, come noto, nella mera «riformulazione di un testo all’interno di altri sistemi semiotici» , ma è un complesso fenomeno di comunicazione interculturale e sociale, risultato di un complesso trasferimento di norme, valori, rimandi culturali e letterari, da un sistema linguistico e culturale ad un altro. Solo grazie alla traduzione un testo può varcare i propri confini spazio/temporali ed accedere a nuovi polisistemi letterari . La traduzione consente infatti di trans-portare (letteralmente dall’etimologia latina di translatus, participio passato del verbo transferre - portare oltre) letterature, culture, tradizioni tra ed in mondi distanti tra loro. In una dimensione diacronica, in assenza degli odierni strumenti tecnologici che consentono oggi un interscambio sincrono con l’Altro, nel passato i testi tradotti hanno rappresentato il solo mezzo di contatto con l’Alterità, contribuendo alla configurazione di identità nazionali tra comunità ed etnie distanti tra di loro geograficamente. Ancora oggi, tuttavia, grande è la ‘responsabilità’ di un testo (sia esso letterario e/o multimediale) nel tra-durre realtà socio-culturali in contesti altri, veicolandole ad un pubblico straniero, spesso diffondendo (ir)responsabilmente immagini stereotipate e/o pregiudizi . In tale prospettiva, la nostra analisi mira ad analizzare come la popolarità di due acclamati casi editoriali del 2006 – Gomorra di R. Saviano e Eat, Pray, Love di E. Gilbert e le loro versioni tradotte (il primo dall’italiano in inglese , il secondo dall’inglese all’italiano ) – abbiano contribuito alla diffusione di nuovi stereotipi e/o pregiudizi sulla città di Napoli. In entrambi i testi, infatti, seppur estremamente diversi sia per genere letterario che per la tipologia dei temi trattati ,Napoli è rappresentata con linguaggi, luci ed angolature ben lontane dalla oleografiche immagini della ‘Bella Napoli’. In particolare, la nostra analisi linguistica di Eat, Love Pray mira ad evidenziare come l’autrice statunitense proponga una immagine di Napoli da cui emergono stereotipi che divengono epitome di una ‘napoletanità’ estremamente negativa che veicolano una visione della città e dei suoi abitanti preconcetta, macchiettistica quando non offensiva. L’ analisi dell’eco mediatica della versione inglese di Gomorra(h) mira invece a dimostrare come la sua traduzione sembra aver tradito la funzione mitopoietica della letteratura, contribuendo a diffondere, in sostituzione dell’ iconografica triade ‘pizza-sole-mandolino’, l’ingombrante bagaglio della drammatica realtà di una città in cui si stagliano scenari di efferata violenza, corruzione e demoralizzante degrado.
Napoli tra-dotta tra antiche oleografie e nuovi pregiudizi / Cavaliere, Flavia. - (2017). (Intervento presentato al convegno La città, il viaggio, il turismo. Percezione, produzione, trasformazione/The city, the Travel, the Tourism. Perception, Production and Processing tenutosi a Università degli Studi di Napoli Federico II DiARC Dipartimento di Architettura nel 7,8,9 settembre).
Napoli tra-dotta tra antiche oleografie e nuovi pregiudizi
CAVALIERE, Flavia
2017
Abstract
La traduzione non consiste, come noto, nella mera «riformulazione di un testo all’interno di altri sistemi semiotici» , ma è un complesso fenomeno di comunicazione interculturale e sociale, risultato di un complesso trasferimento di norme, valori, rimandi culturali e letterari, da un sistema linguistico e culturale ad un altro. Solo grazie alla traduzione un testo può varcare i propri confini spazio/temporali ed accedere a nuovi polisistemi letterari . La traduzione consente infatti di trans-portare (letteralmente dall’etimologia latina di translatus, participio passato del verbo transferre - portare oltre) letterature, culture, tradizioni tra ed in mondi distanti tra loro. In una dimensione diacronica, in assenza degli odierni strumenti tecnologici che consentono oggi un interscambio sincrono con l’Altro, nel passato i testi tradotti hanno rappresentato il solo mezzo di contatto con l’Alterità, contribuendo alla configurazione di identità nazionali tra comunità ed etnie distanti tra di loro geograficamente. Ancora oggi, tuttavia, grande è la ‘responsabilità’ di un testo (sia esso letterario e/o multimediale) nel tra-durre realtà socio-culturali in contesti altri, veicolandole ad un pubblico straniero, spesso diffondendo (ir)responsabilmente immagini stereotipate e/o pregiudizi . In tale prospettiva, la nostra analisi mira ad analizzare come la popolarità di due acclamati casi editoriali del 2006 – Gomorra di R. Saviano e Eat, Pray, Love di E. Gilbert e le loro versioni tradotte (il primo dall’italiano in inglese , il secondo dall’inglese all’italiano ) – abbiano contribuito alla diffusione di nuovi stereotipi e/o pregiudizi sulla città di Napoli. In entrambi i testi, infatti, seppur estremamente diversi sia per genere letterario che per la tipologia dei temi trattati ,Napoli è rappresentata con linguaggi, luci ed angolature ben lontane dalla oleografiche immagini della ‘Bella Napoli’. In particolare, la nostra analisi linguistica di Eat, Love Pray mira ad evidenziare come l’autrice statunitense proponga una immagine di Napoli da cui emergono stereotipi che divengono epitome di una ‘napoletanità’ estremamente negativa che veicolano una visione della città e dei suoi abitanti preconcetta, macchiettistica quando non offensiva. L’ analisi dell’eco mediatica della versione inglese di Gomorra(h) mira invece a dimostrare come la sua traduzione sembra aver tradito la funzione mitopoietica della letteratura, contribuendo a diffondere, in sostituzione dell’ iconografica triade ‘pizza-sole-mandolino’, l’ingombrante bagaglio della drammatica realtà di una città in cui si stagliano scenari di efferata violenza, corruzione e demoralizzante degrado.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.