Unica opera storica di Giovanni Gioviano Pontano, il De bello Neapolitano si presenta dal punto di vista stilistico e strutturale come monografia storica sul conflitto che vide impegnato Ferrante contro i Baroni ribelli del regno e contro Giovanni d’Angiò, all’indomani della morte di Alfonso il Magnanimo. Nel panorama della storiografia nata alla corte aragonese di Napoli si rileva subito l’unicità dello statuto della historia pontaniana: non si rintraccia, infatti, in essa la centralità della figura del re esibita dalla storiografia di epoca alfonsina e questo concorre a stabilirne la distanza dalla storia regia costruita esclusivamente come intervento celebrativo della dinastia; mentre gli interessi corografici, antiquari ed eruditi che ne alimentano e ne arricchiscono la narrazione rispondono, da un lato, ad un gusto peculiare della storiografia umanistica meridionale, ed esprimono, dall’altro, anche una peculiare visione del Regno di Napoli da parte dell’umanista. Sul versante più propriamente strutturale, letterario ed intertestuale, l’opera risulta scandita in sei libri che organizzano i circa 6 anni di conflitto: si tratta di una forma annalistica, che riprende così una tradizione il cui modello classico è rappresentato da Livio, autore peraltro amatissimo dal Pontano e da lui imitato anche sul versante propriamente stilistico. Accanto a Livio, il cardine portante della scrittura storica pontaniana risulta essere Sallustio: se Livio agisce, infatti, come modello strutturante narrazione e stile, soprattutto in certi passaggi nodali laddove l’autore adotta uno stile patetico e più coinvolgente, Sallustio, ed in particolare il Bellum Catilinae, è presente a più livelli e in maniera capillare, soprattutto nella ricca galleria di ritratti di personaggi che arricchisce la narrazione. Questo aspetto della scrittura pontaniana sembra rispondere ad un gusto diffuso particolarmente nel ventennio che va dal 1450 al 1470 in cui l’opera ebbe probabilmente la sua prima stesura. In questo ventennio, infatti, la monografia sallustiana fu modello prediletto proprio in funzione del tema della congiura: non a caso, essa si ritrova come modello strutturante del De Porcaria coniuratione di Leon Battista Alberti databile al 1453, e del Coniurationis Commentarium del Poliziano databile al 1479. Manca nel canone di modelli strutturali e diegetici Cesare, ma la lezione di questo storico (insieme ad altri auctores classici che il Pontano certamente leggeva, come ad esempio Curzio Rufo) si fa sentire sul versante più propriamente testuale e linguistico, come hanno mostrato una serie di verifiche su alcuni passaggi nodali della narrazione pontaniana. La griglia di auctores e di fonti utilizzata dal Pontano nella sua historia si amplia ulteriormente, attingendo alla letteratura greca e persino a quella mediolatina nelle frequenti sezioni corografiche, antiquarie ed archeologiche della narrazione. L’utilizzazione di questi auctores emerge in maniera più netta in passaggi nodali, sia per esaltare e creare un alone eroico intorno ai personaggi chiave dell’epopea aragonese, sia per colorire di tinte sinistre e bieche gli avversari, in un intreccio di allusioni che marcano in senso profondamente ideologico e politico tutta la narrazione storica. Questo marchio ideologico non manca neppure nelle sezioni a carattere topografico-erudito che sembrano rispondere ad un progetto di dignificazione del territorio in chiave filo-aragonese nell’ampio scacchiere Italia e d’Europa. La relazione in oggetto mira, dunque, a mettere in rilievo la ricchezza letteraria ed intertestuale della diegesi pontaniana, attraverso l’analisi di una campionatura antologica di brani tratti dal De bello, e caratterizzati da diversi statuti narrativi (battaglie, descrizioni corografiche, ritratti, antiquitates relative a luoghi scenario del conflitto). La definizione delle peculiarità della historia pontaniana sui vari piani letterari, retorici, diegetici e strutturali è altresì funzionale a definirne il valore di exemplum / archetipo della successiva produzione storiografica di area meridionale (ad esempio, per le Historiae di Giovanni Albino Lucano), oltre che di fonte imprescindibile di una memoria storica e culturale legata alla valutazione e al giudizio sulla storia del regno dei Trastámara nei secoli successivi (ad esempio, per la Historia del regno di Napoli di Angelo Di Costanzo).
I modelli e le fonti del De bello Neapolitano di Giovanni Pontano come supporto della costruzione di una memoria dinastica / Iacono, Antonietta. - (2017). (Intervento presentato al convegno La Corona d'Aragona e l'Italia. Roma 4-5 ottobre 2017 La Corona d'Aragona e la Curia negli anni dello Scisma/ Napoli, 6-8 ottobre 2017 La memoria degli Aragonesi nel regno di Napoli e nei domini italiani tenutosi a Istituto Cervantes - Napoli nel Roma 4-5 ottobre/Napoli 6-8 ottobre 2017).
I modelli e le fonti del De bello Neapolitano di Giovanni Pontano come supporto della costruzione di una memoria dinastica
IACONO, ANTONIETTA
2017
Abstract
Unica opera storica di Giovanni Gioviano Pontano, il De bello Neapolitano si presenta dal punto di vista stilistico e strutturale come monografia storica sul conflitto che vide impegnato Ferrante contro i Baroni ribelli del regno e contro Giovanni d’Angiò, all’indomani della morte di Alfonso il Magnanimo. Nel panorama della storiografia nata alla corte aragonese di Napoli si rileva subito l’unicità dello statuto della historia pontaniana: non si rintraccia, infatti, in essa la centralità della figura del re esibita dalla storiografia di epoca alfonsina e questo concorre a stabilirne la distanza dalla storia regia costruita esclusivamente come intervento celebrativo della dinastia; mentre gli interessi corografici, antiquari ed eruditi che ne alimentano e ne arricchiscono la narrazione rispondono, da un lato, ad un gusto peculiare della storiografia umanistica meridionale, ed esprimono, dall’altro, anche una peculiare visione del Regno di Napoli da parte dell’umanista. Sul versante più propriamente strutturale, letterario ed intertestuale, l’opera risulta scandita in sei libri che organizzano i circa 6 anni di conflitto: si tratta di una forma annalistica, che riprende così una tradizione il cui modello classico è rappresentato da Livio, autore peraltro amatissimo dal Pontano e da lui imitato anche sul versante propriamente stilistico. Accanto a Livio, il cardine portante della scrittura storica pontaniana risulta essere Sallustio: se Livio agisce, infatti, come modello strutturante narrazione e stile, soprattutto in certi passaggi nodali laddove l’autore adotta uno stile patetico e più coinvolgente, Sallustio, ed in particolare il Bellum Catilinae, è presente a più livelli e in maniera capillare, soprattutto nella ricca galleria di ritratti di personaggi che arricchisce la narrazione. Questo aspetto della scrittura pontaniana sembra rispondere ad un gusto diffuso particolarmente nel ventennio che va dal 1450 al 1470 in cui l’opera ebbe probabilmente la sua prima stesura. In questo ventennio, infatti, la monografia sallustiana fu modello prediletto proprio in funzione del tema della congiura: non a caso, essa si ritrova come modello strutturante del De Porcaria coniuratione di Leon Battista Alberti databile al 1453, e del Coniurationis Commentarium del Poliziano databile al 1479. Manca nel canone di modelli strutturali e diegetici Cesare, ma la lezione di questo storico (insieme ad altri auctores classici che il Pontano certamente leggeva, come ad esempio Curzio Rufo) si fa sentire sul versante più propriamente testuale e linguistico, come hanno mostrato una serie di verifiche su alcuni passaggi nodali della narrazione pontaniana. La griglia di auctores e di fonti utilizzata dal Pontano nella sua historia si amplia ulteriormente, attingendo alla letteratura greca e persino a quella mediolatina nelle frequenti sezioni corografiche, antiquarie ed archeologiche della narrazione. L’utilizzazione di questi auctores emerge in maniera più netta in passaggi nodali, sia per esaltare e creare un alone eroico intorno ai personaggi chiave dell’epopea aragonese, sia per colorire di tinte sinistre e bieche gli avversari, in un intreccio di allusioni che marcano in senso profondamente ideologico e politico tutta la narrazione storica. Questo marchio ideologico non manca neppure nelle sezioni a carattere topografico-erudito che sembrano rispondere ad un progetto di dignificazione del territorio in chiave filo-aragonese nell’ampio scacchiere Italia e d’Europa. La relazione in oggetto mira, dunque, a mettere in rilievo la ricchezza letteraria ed intertestuale della diegesi pontaniana, attraverso l’analisi di una campionatura antologica di brani tratti dal De bello, e caratterizzati da diversi statuti narrativi (battaglie, descrizioni corografiche, ritratti, antiquitates relative a luoghi scenario del conflitto). La definizione delle peculiarità della historia pontaniana sui vari piani letterari, retorici, diegetici e strutturali è altresì funzionale a definirne il valore di exemplum / archetipo della successiva produzione storiografica di area meridionale (ad esempio, per le Historiae di Giovanni Albino Lucano), oltre che di fonte imprescindibile di una memoria storica e culturale legata alla valutazione e al giudizio sulla storia del regno dei Trastámara nei secoli successivi (ad esempio, per la Historia del regno di Napoli di Angelo Di Costanzo).I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.


