Per lungo tempo l’immagine canonica del sud mediterraneo e classico, veicolata negli appunti di viaggio e nell’iconografia del paesaggio, appare limitata solo ad alcune città e territori campani. Davvero pochi, fino al Settecento, i viaggiatori pronti a spingere gli itinerari oltre Napoli e i Campi Flegrei dove le infinite mirabilia tra Natura e Antico, tra fenomeni vulcanici e memorie letterarie, avevano alimentato il tòpos del paesaggio della classicità, un Theatrum Naturae et Artis ben noto ormai in tutte le corti europee di ancien régime. Certo, a partire dal metà del Settecento, l’antico svelato nelle terre vesuviane, amplierà verso meridione gli orizzonti del Grand Tour fino ai templi di Poseidonia, ma oltre quelle celebri rovine, la restante antica Lucania continuava ad evocare l’idea di un remoto, inesplorato altrove. Del resto, se raggiungere la piana di Paestum rappresentava di per sé un’impresa ardua, ben più difficile era inoltrarsi all’interno della costa entrando in una terra ritenuta pericolosa e inaccessibile con quelle paludi da attraversare, quelle strade impervie da percorrere e quei fiumi da guadare. Superato il fiume Sele si entrava in una «molto pericolosa selva» - avvertiva Leandro Alberti (1553) - dove le antiche polis come Elea e Metaponto erano ridotte a sparute rovine sparse fra impenetrabili selve e paludi melmose in un territorio reso ancor più pericoloso dai briganti che assalivano chi si inoltrava nelle antiche strade consolari, tentando di raggiungere le vestigia della Magna Grecia. Movendo dalle prime descrizioni di età moderna della Lucania, stampate o manoscritte, il contributo è incentrato sulla costruzione di una retorica del paesaggio lucano la cui realtà di contrasti, fin dal Cinquecento, sembra alimentare un archetipo del Sublime in anticipo a quanto sarà codificato nei secoli successivi dalla cultura europea, quando i viaggiatori stranieri riconosceranno in questi paesaggi impervi e poco abitati, un luogo di riflessione sugli aspetti magnifici e spaventosi della Natura e della Storia. Contrasti di luminosità e tenebre, sospesi tra il bello e l’orrido, ben oltre la più rassicurante estetica dell’armonia e delle proporzioni, affiorano infatti negli appunti e nei disegni visionari di paesaggi lucani di Edward Lear (1847) o negli scritti di Karl Wilhelm Schnars (c. 1850), tra quei viaggiatori nella ‘ terra incognita’, la cui esperienza diventa esplorazione e sperimentazione dell’estetica del Sublime.
Un archetipo del Sublime: la Lucania in età moderna / DI LIELLO, Salvatore. - (2017), pp. 707-712.
Un archetipo del Sublime: la Lucania in età moderna
Salvatore Di Liello
2017
Abstract
Per lungo tempo l’immagine canonica del sud mediterraneo e classico, veicolata negli appunti di viaggio e nell’iconografia del paesaggio, appare limitata solo ad alcune città e territori campani. Davvero pochi, fino al Settecento, i viaggiatori pronti a spingere gli itinerari oltre Napoli e i Campi Flegrei dove le infinite mirabilia tra Natura e Antico, tra fenomeni vulcanici e memorie letterarie, avevano alimentato il tòpos del paesaggio della classicità, un Theatrum Naturae et Artis ben noto ormai in tutte le corti europee di ancien régime. Certo, a partire dal metà del Settecento, l’antico svelato nelle terre vesuviane, amplierà verso meridione gli orizzonti del Grand Tour fino ai templi di Poseidonia, ma oltre quelle celebri rovine, la restante antica Lucania continuava ad evocare l’idea di un remoto, inesplorato altrove. Del resto, se raggiungere la piana di Paestum rappresentava di per sé un’impresa ardua, ben più difficile era inoltrarsi all’interno della costa entrando in una terra ritenuta pericolosa e inaccessibile con quelle paludi da attraversare, quelle strade impervie da percorrere e quei fiumi da guadare. Superato il fiume Sele si entrava in una «molto pericolosa selva» - avvertiva Leandro Alberti (1553) - dove le antiche polis come Elea e Metaponto erano ridotte a sparute rovine sparse fra impenetrabili selve e paludi melmose in un territorio reso ancor più pericoloso dai briganti che assalivano chi si inoltrava nelle antiche strade consolari, tentando di raggiungere le vestigia della Magna Grecia. Movendo dalle prime descrizioni di età moderna della Lucania, stampate o manoscritte, il contributo è incentrato sulla costruzione di una retorica del paesaggio lucano la cui realtà di contrasti, fin dal Cinquecento, sembra alimentare un archetipo del Sublime in anticipo a quanto sarà codificato nei secoli successivi dalla cultura europea, quando i viaggiatori stranieri riconosceranno in questi paesaggi impervi e poco abitati, un luogo di riflessione sugli aspetti magnifici e spaventosi della Natura e della Storia. Contrasti di luminosità e tenebre, sospesi tra il bello e l’orrido, ben oltre la più rassicurante estetica dell’armonia e delle proporzioni, affiorano infatti negli appunti e nei disegni visionari di paesaggi lucani di Edward Lear (1847) o negli scritti di Karl Wilhelm Schnars (c. 1850), tra quei viaggiatori nella ‘ terra incognita’, la cui esperienza diventa esplorazione e sperimentazione dell’estetica del Sublime.File | Dimensione | Formato | |
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