L’acquisizione di partecipazioni rilevanti (e quindi, a fortiori, di controllo) in particolari categorie di imprese, quali appunto le banche, è sottoposta a regimi speciali, che si aggiungono alle regole generali sull’Opa. La materia è di non facile comprensione perché estremamente tecnica e soggetta a direttive europee, a leggi italiane, a regolamenti e autorizzazioni di varie Autorità (Banca d’Italia, Consob, Isvap, Antitrust). Proprio il peso relativo delle diverse Autorità coinvolte e la natura delle regole, frutto dell’evoluzione storica del nostro Paese e della sua cultura, contribuiscono a conferire al settore bancario la natura di “un particolare capitalismo”, secondo una differenziazione che è tornata di recente al centro dell’analisi, non solo economica. Peraltro, l’incrocio di queste norme avviene in modi controversi e dà luogo ad interpretazioni difformi: la questione è resa ancora più complessa dal fatto che lo svolgimento delle funzioni di vigilanza e supervisione della Banca d’Italia spesso avviene in conflitto oggettivo con altri poteri. Di qui un fitto contenzioso giuridico, regolamentare e anche “politico” che rende oltre modo difficile – per certi aspetti sia pure “kafkiano” – un percorso già di per sé irto di contraddizioni. Molto si discute sul tema della proprietà e della contendibilità degli istituti di credito. Un dibattito che sovente s’incentra sul valore dell’italianità, sul livello di concorrenza e apertura dei diversi mercati bancari e sulla sostenibilità dell’attuale assetto proprietario delle banche domestiche in un mercato europeo sempre più aperto. Obiettivo precipuo dell’interprete è parso allora quello di dover verificare in profondità come siffatto impianto di norme sia in grado di reggere alle “prove di torsione” di recente imposte dai riassetti bancari. Alcune regole, come l’assenza di poteri inibitori della Consob, o lo strumento della “comunicazione preventiva” prima imposto e poi, dopo accese polemiche, rimosso dalla Banca d’Italia, nonché l’assenza di una corretta “dialettica” fra l’attività di vigilanza – che può essere anteriore a quella di controllo della concorrenza – e la disciplina dell’Opa, hanno destato nel mondo accademico e negli ambienti interessati non poche perplessità.
La disciplina delle Opa bancarie / Scipione, Luigi. - (2005). (Intervento presentato al convegno Ciclo Seminari del Dottorato in "Diritto della banca e del mercato finanziario" tenutosi a Complesso Universitario di Monte Sant'Anfgelo, Napoli - Facoltà di Economia dell'Università degli Studi di Napoli "Federico II" nel 14/06/2005).
La disciplina delle Opa bancarie
Scipione Luigi
2005
Abstract
L’acquisizione di partecipazioni rilevanti (e quindi, a fortiori, di controllo) in particolari categorie di imprese, quali appunto le banche, è sottoposta a regimi speciali, che si aggiungono alle regole generali sull’Opa. La materia è di non facile comprensione perché estremamente tecnica e soggetta a direttive europee, a leggi italiane, a regolamenti e autorizzazioni di varie Autorità (Banca d’Italia, Consob, Isvap, Antitrust). Proprio il peso relativo delle diverse Autorità coinvolte e la natura delle regole, frutto dell’evoluzione storica del nostro Paese e della sua cultura, contribuiscono a conferire al settore bancario la natura di “un particolare capitalismo”, secondo una differenziazione che è tornata di recente al centro dell’analisi, non solo economica. Peraltro, l’incrocio di queste norme avviene in modi controversi e dà luogo ad interpretazioni difformi: la questione è resa ancora più complessa dal fatto che lo svolgimento delle funzioni di vigilanza e supervisione della Banca d’Italia spesso avviene in conflitto oggettivo con altri poteri. Di qui un fitto contenzioso giuridico, regolamentare e anche “politico” che rende oltre modo difficile – per certi aspetti sia pure “kafkiano” – un percorso già di per sé irto di contraddizioni. Molto si discute sul tema della proprietà e della contendibilità degli istituti di credito. Un dibattito che sovente s’incentra sul valore dell’italianità, sul livello di concorrenza e apertura dei diversi mercati bancari e sulla sostenibilità dell’attuale assetto proprietario delle banche domestiche in un mercato europeo sempre più aperto. Obiettivo precipuo dell’interprete è parso allora quello di dover verificare in profondità come siffatto impianto di norme sia in grado di reggere alle “prove di torsione” di recente imposte dai riassetti bancari. Alcune regole, come l’assenza di poteri inibitori della Consob, o lo strumento della “comunicazione preventiva” prima imposto e poi, dopo accese polemiche, rimosso dalla Banca d’Italia, nonché l’assenza di una corretta “dialettica” fra l’attività di vigilanza – che può essere anteriore a quella di controllo della concorrenza – e la disciplina dell’Opa, hanno destato nel mondo accademico e negli ambienti interessati non poche perplessità.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.