Il volume ricerca un percorso d’analisi possibile dell’arte di strada e delle dinamiche che l’hanno “trasformata”, “adattata”, “distrutta” e poi “rifondata”. Nel primo capitolo tento di rintracciare storicamente la figura dell’artista di strada, ricercandone le origini nelle svariate denominazioni – mimo, istrione, saltimbanco, buffone, giocoliere – legate alla pluralità delle sue competenze, ma soprattutto riflesso della sua degradata collocazione sociale. Il secondo capitolo è dedicato interamente al giullare medievale. Tipica figura di marginale, a un tempo esterno ed interno al mondo della cultura dominante, egli rappresenta il luogo istituzionale della teatralità medievale. Del resto le uniche trattazioni sistematiche dell’artista di strada riguardano tale figura, forse per l’interesse che il Medioevo non cessa di avere presso gli storici contemporanei. Nel terzo capitolo affronto la trattazione degli spettacoli ambulanti all’interno di un contenitore naturale, la Fiera, nel quale è difficile discernere tra i variegati saltimbanchi e ciarlatani. Mi dedico, inoltre, alle prime forme associative che mettevano in essere gli artisti girovaghi al fine di tutelarsi come categoria. L’attenzione è poi rivolta alla nascita del circo, primo luogo istituzionale di esibizione degli itineranti che conservava ancora il nomadismo come categoria fondante, nonché alle innumerevoli ibridazioni che hanno subito le sue varie discipline artistiche proprio perché continuamente “in viaggio”. Tutto ciò cercando di delineare delle tipologie di artisti che dovevano confrontarsi di volta in volta con altre forme spettacolari ambulanti quali le esibizioni dei freaks, le Esposizioni Etnografiche ed i Gran Serragli. Il lavoro analizza lo sviluppo ed il consolidamento che ha avuto la giocoleria nel XX secolo e le “avanguardie” che hanno rivoluzionato il modo di fare teatro e circo fino ad arrivare all’attuale situazione dell’arte di strada. Nel IV capitolo mi concentro sulle molteplici problematiche relative alla necessità di una nuova regolamentazione dell’arte di strada e alle perplessità da essa derivate. È stato sì abrogato l’antiquato art.121 del 1931 che impediva l’esibizione libera dell’arte di strada, ma nel contempo gli artisti sono stati sottoposti ad altre restrizioni. In ogni modo, l’arte di strada ha avuto complesse vicissitudini che l’hanno portata a diverse forme di pseudo-istituzionalizzazione. Nascono così le prime “Associazioni” ufficiali tra giocolieri, la prima rivista specifica del settore nonché le prime collaborazioni con le istituzioni scolastiche attraverso l’inserimento di corsi di discipline circensi tra quelle didattiche. Si moltiplicano rassegne internazionali di arti di strada e festival, annunciando un’irreversibile “normalizzazione” istituzionale di un’arte tanto libera. Il fatto è che, se da una parte tali manifestazioni hanno rilanciato l’arte popolare riportandola in strada, dall’altra hanno spogliato lo spettacolo di strada della sua forma originaria, privandolo di elementi tipici che per lunghi secoli lo hanno caratterizzato quali, ad esempio, la formula “a cappello”. Per questo nel lavoro affrontiamo la spiegazione di aspetti relativi a come è strutturato lo spettacolo di strada e a come si esplica il suo impatto sociale. L’ultimo capitolo è dedicato a Napoli e alle variegate tipologie di artisti che danno vita ad eclettiche rappresentazioni individuali. Parlo dell’arte che resiste on the road, lontano da ingaggi comunali e limitazioni spazio-temporali, grazie allo spirito di artisti che scelgono la strada ancor prima dell’arte. Cerco di spiegare come e perché convivono tante forme spettacolari che si riconducono, in un modo o nell’altro, alla stessa matrice comune: l’arte di strada, come volontà di riappropriazione di una dimensione collettiva in risposta all’individualismo che disconosce un luogo tipico dell’aggregazione sociale quale la “piazza”. In appendice propongo tre interviste a testimoni privilegiati: l’uno rappresentante “l’artista istituzionalizzato” che si esibisce solo in occasione di rassegne organizzate da Enti Istituzionali o per committenza, l’altro “l’artista di strada” che sceglie il nomadismo come stato di grazia e non come stato di erranza mendica e il terzo oscillante tra queste due tipologie. Queste tre tipizzazioni non sono da considerarsi statiche e definite, in quanto, in alcuni casi esse costituiscono forme evolutive l’una dell’altra: molto spesso si parte dalla strada per poi approdare ai festival, altre volte l’artista nasce e muore in strada senza mai piegarsi a compromessi.

La strada dell'arte. Sociologia e immaginario della giocoleria / Calia, Raffaella Monia. - (2020), pp. 12-169.

La strada dell'arte. Sociologia e immaginario della giocoleria

CALIA, Raffaella Monia
2020

Abstract

Il volume ricerca un percorso d’analisi possibile dell’arte di strada e delle dinamiche che l’hanno “trasformata”, “adattata”, “distrutta” e poi “rifondata”. Nel primo capitolo tento di rintracciare storicamente la figura dell’artista di strada, ricercandone le origini nelle svariate denominazioni – mimo, istrione, saltimbanco, buffone, giocoliere – legate alla pluralità delle sue competenze, ma soprattutto riflesso della sua degradata collocazione sociale. Il secondo capitolo è dedicato interamente al giullare medievale. Tipica figura di marginale, a un tempo esterno ed interno al mondo della cultura dominante, egli rappresenta il luogo istituzionale della teatralità medievale. Del resto le uniche trattazioni sistematiche dell’artista di strada riguardano tale figura, forse per l’interesse che il Medioevo non cessa di avere presso gli storici contemporanei. Nel terzo capitolo affronto la trattazione degli spettacoli ambulanti all’interno di un contenitore naturale, la Fiera, nel quale è difficile discernere tra i variegati saltimbanchi e ciarlatani. Mi dedico, inoltre, alle prime forme associative che mettevano in essere gli artisti girovaghi al fine di tutelarsi come categoria. L’attenzione è poi rivolta alla nascita del circo, primo luogo istituzionale di esibizione degli itineranti che conservava ancora il nomadismo come categoria fondante, nonché alle innumerevoli ibridazioni che hanno subito le sue varie discipline artistiche proprio perché continuamente “in viaggio”. Tutto ciò cercando di delineare delle tipologie di artisti che dovevano confrontarsi di volta in volta con altre forme spettacolari ambulanti quali le esibizioni dei freaks, le Esposizioni Etnografiche ed i Gran Serragli. Il lavoro analizza lo sviluppo ed il consolidamento che ha avuto la giocoleria nel XX secolo e le “avanguardie” che hanno rivoluzionato il modo di fare teatro e circo fino ad arrivare all’attuale situazione dell’arte di strada. Nel IV capitolo mi concentro sulle molteplici problematiche relative alla necessità di una nuova regolamentazione dell’arte di strada e alle perplessità da essa derivate. È stato sì abrogato l’antiquato art.121 del 1931 che impediva l’esibizione libera dell’arte di strada, ma nel contempo gli artisti sono stati sottoposti ad altre restrizioni. In ogni modo, l’arte di strada ha avuto complesse vicissitudini che l’hanno portata a diverse forme di pseudo-istituzionalizzazione. Nascono così le prime “Associazioni” ufficiali tra giocolieri, la prima rivista specifica del settore nonché le prime collaborazioni con le istituzioni scolastiche attraverso l’inserimento di corsi di discipline circensi tra quelle didattiche. Si moltiplicano rassegne internazionali di arti di strada e festival, annunciando un’irreversibile “normalizzazione” istituzionale di un’arte tanto libera. Il fatto è che, se da una parte tali manifestazioni hanno rilanciato l’arte popolare riportandola in strada, dall’altra hanno spogliato lo spettacolo di strada della sua forma originaria, privandolo di elementi tipici che per lunghi secoli lo hanno caratterizzato quali, ad esempio, la formula “a cappello”. Per questo nel lavoro affrontiamo la spiegazione di aspetti relativi a come è strutturato lo spettacolo di strada e a come si esplica il suo impatto sociale. L’ultimo capitolo è dedicato a Napoli e alle variegate tipologie di artisti che danno vita ad eclettiche rappresentazioni individuali. Parlo dell’arte che resiste on the road, lontano da ingaggi comunali e limitazioni spazio-temporali, grazie allo spirito di artisti che scelgono la strada ancor prima dell’arte. Cerco di spiegare come e perché convivono tante forme spettacolari che si riconducono, in un modo o nell’altro, alla stessa matrice comune: l’arte di strada, come volontà di riappropriazione di una dimensione collettiva in risposta all’individualismo che disconosce un luogo tipico dell’aggregazione sociale quale la “piazza”. In appendice propongo tre interviste a testimoni privilegiati: l’uno rappresentante “l’artista istituzionalizzato” che si esibisce solo in occasione di rassegne organizzate da Enti Istituzionali o per committenza, l’altro “l’artista di strada” che sceglie il nomadismo come stato di grazia e non come stato di erranza mendica e il terzo oscillante tra queste due tipologie. Queste tre tipizzazioni non sono da considerarsi statiche e definite, in quanto, in alcuni casi esse costituiscono forme evolutive l’una dell’altra: molto spesso si parte dalla strada per poi approdare ai festival, altre volte l’artista nasce e muore in strada senza mai piegarsi a compromessi.
2020
978-88-3294-035-0
La strada dell'arte. Sociologia e immaginario della giocoleria / Calia, Raffaella Monia. - (2020), pp. 12-169.
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11588/821110
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