L’opera si inserisce nel cuore del dibattito bioetico contemporaneo, interrogandosi sul delicato equilibrio tra 'libertà, giustizia e dignità umana' nell’era della manipolazione genetica. Con un approccio che coniuga riflessione filosofica, etica normativa e analisi giuridica, l’autore esplora i rischi e le possibilità dell’(eu)genetica liberale, interrogandosi su quale idea di soggettività e responsabilità emerga da un mondo in cui il patrimonio genetico non è più un dato immodificabile, ma un terreno di intervento tecnologico. Attraverso il confronto con Habermas, il volume analizza le implicazioni dell’ingegneria genetica per la costruzione dell’identità personale. Habermas paventa il rischio che il progresso scientifico, invece di ampliare la libertà individuale, finisca per "erodere i fondamenti dell’autocomprensione morale". A questa visione si contrappone l’interpretazione pragmatica della bioetica anglosassone, rappresentata da Buchanan, Daniels e Brock, per i quali la genetica non è di per sé una minaccia, ma può diventare uno strumento di giustizia, a condizione che il suo uso sia regolato secondo criteri di "equità sociale". In dialogo con Mieth si propone una concezione della "dignità come auto-obbligazione", un principio che trascende la logica della sola autodeterminazione e richiama l’uomo alla consapevolezza della propria finitudine e interdipendenza. La fragilità non è un limite da eliminare, ma una condizione essenziale dell’esperienza umana.
Autocomprensione, giustizia, dignità. Elementi del dibattito etico-filosofico intorno agli interventi genetici sull'uomo / Attademo, Gianluca. - 1:(2023), pp. 1-102.
Autocomprensione, giustizia, dignità. Elementi del dibattito etico-filosofico intorno agli interventi genetici sull'uomo
Gianluca Attademo
2023
Abstract
L’opera si inserisce nel cuore del dibattito bioetico contemporaneo, interrogandosi sul delicato equilibrio tra 'libertà, giustizia e dignità umana' nell’era della manipolazione genetica. Con un approccio che coniuga riflessione filosofica, etica normativa e analisi giuridica, l’autore esplora i rischi e le possibilità dell’(eu)genetica liberale, interrogandosi su quale idea di soggettività e responsabilità emerga da un mondo in cui il patrimonio genetico non è più un dato immodificabile, ma un terreno di intervento tecnologico. Attraverso il confronto con Habermas, il volume analizza le implicazioni dell’ingegneria genetica per la costruzione dell’identità personale. Habermas paventa il rischio che il progresso scientifico, invece di ampliare la libertà individuale, finisca per "erodere i fondamenti dell’autocomprensione morale". A questa visione si contrappone l’interpretazione pragmatica della bioetica anglosassone, rappresentata da Buchanan, Daniels e Brock, per i quali la genetica non è di per sé una minaccia, ma può diventare uno strumento di giustizia, a condizione che il suo uso sia regolato secondo criteri di "equità sociale". In dialogo con Mieth si propone una concezione della "dignità come auto-obbligazione", un principio che trascende la logica della sola autodeterminazione e richiama l’uomo alla consapevolezza della propria finitudine e interdipendenza. La fragilità non è un limite da eliminare, ma una condizione essenziale dell’esperienza umana.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.


