Abstract Napoli in posa: luoghi e immagini di uno stereotipo. Chi può negare che il prodotto più esportata da Napoli nel mondo sia stato, e in modo particolare negli ultimi tre secoli, la sua immagine? Il saggio parte da quest’assunto per ricostruire alcuni dei percorsi lungo i quali quest’immagine, che certamente reca con se molto dello stereotipo, si è venuta delineando dalla seconda metà dell’Ottocento fino a tutto il Novecento. E’così che vengono delineati tre percorsi di ricerca che sembrano aver contribuito maggiormente alla formazione dello stereotipo della città attraverso la sua immagine fotografica: - Un filone di ricerca relativo alla foto di genere, formatasi in relazione allo stereotipo oleografico della pittura, di matrice ottocentesca, connesso al Grand Tour, ed entrata a far parte successivamente del più allargato mercato turistico e della comunicazione di massa. E’ la Napoli da cartolina, un'immagine patinata che ritorna sistematicamente sui topoi della città:Vesuvio, pizza e mandolino ma anche i bozzetti di scugnizzi e venditori ambulanti. Le une come le altre in versioni aggiornate durano a tutt'oggi. - Un filone che passa per la foto di cronaca e che appartiene alla tradizione del reportage, veicolato dal giornalismo e del quale ovviamente ha seguito, pur con tutte le contraddizioni interne, l'orientamento. E’ la Napoli dei panni sporchi, simbolo di tutti i mali endemici della società italiana con al centro gli intrallazzi , le ruberie e i morti di camorra, e con le sue figure particolari : da quelle della politica da Lauro a Gava a Pomicino a quelle camorristiche da Pascalone e’ Nola a Cutolo, ai Nuvoletta. - C'è infine, anche se più discreta, la documentazione di una Napoli che si autorappresenta nello studio del fotografo. Una sorta di Napoli allo specchio: vera e propria galleria di uomini e donne di tutte le classi sociali che transita nello studio fotografico. E’ la Napoli che indossa il vestito buono, l'immagine di sé fornita nella recita davanti all'obbiettivo dello studio fotografico. Questi percorsi di lettura dell’immagine di Napoli hanno di fatto costituito una sorta di scena napoletana presente su tempi più o meno lunghi a diversi livelli della ribalta nazionale ed internazionale. Per ciascuna di queste immagini della città e dei suoi cittadini viene tratteggiata una ricostruzione delle tappe più significative, individuando elementi di continuità ma anche punti di rottura, di mediazione, di svolta. In questo modo vengono individuate due periodizzazioni che hanno per oggetto lo stereotipo dell’immagine della città: una di lungo periodo, che travalica lo scorso secolo e viene da lontano e che struttura la sua durata su elementi di fondo che vengono puntualmente ricostruiti. Un’altra periodizzazione di più breve respiro, che riflette l’immagine di Napoli legata invece ad elementi contingenti: a volte di cronaca, a volte di costume o di moda, che pure spesso intrattengono, in modo diretto o mediato, collegamenti con quella di lungo periodo. Una filiazione lontana dell’immagine di Napoli, presente nella sua iconografia tradizionale, è quella che anche convenzionalmente tendiamo a far partire dal Grand Tour. E’ noto che il Grand Tour, nato in seno alle esigenze formative del gran mondo, aristocratico e/o intellettuale europeo sul finire del ‘600, si sia poi grandemente sviluppato nel corso del ‘700, ma costituisse ancora un’esigenza vivamente sentita per tutto il corso dell’ ‘800. Dentro questo arco di tempo una certa” immagine” di Napoli si viene consolidando, con al suo interno un’articolazione di “generi” ciascuno dei quali si svolge con una sua precisa vicenda storica. Accanto al panorama e alle vedute della città, non tarda ad affiancarsi l’iconografia relativa alle rovine dell’antichità, la quale peraltro subisce un impulso consistente con la “scoperta” di Ercolano e con il procedere degli scavi di Pompei. Questi luoghi si “aggiungono” naturalmente all’immagine della città e concorrono a esaltare quell’ interesse diffuso tra gli strati intellettuali e colti che circola in Europa tra la seconda metà del Settecento e il nuovo secolo. In questa corrente di visitatori non si contano i nomi illustri a partire da quelli di Winckelmann o di Goethe. Nel mentre il mercato dell’immagine di Napoli si allarga ulteriormente vengono ripresi e ripetuti, col linguaggio della fotografia, quei diversi aspetti paesaggistici che avevano riscosso maggior successo. Non è azzardato definire questi filoni, ancorché pittorici prima che fotografici, ciascuno per suo conto come generi , che influenzano enormemente e per un lungo periodo l’immagine della Capitale. Un’altro ambito fotografico che si consoliderà nel tempo come un genere dotato di una sua autonomia e destinato a durare è il bozzetto di costume. Anch’esso è in qualche modo riconducibile alla consuetudine del Viaggio, ma questa volta oltre il viaggio in Italia, connesso alla tradizione del viaggio esotico. E’ certamente questa un’ eredità che viene da lontano e che ha i suoi predecessori illustri nei viaggi di Cook o di Darwin, dal momento che essi fecero ampio ricorso a disegnatori e acquerellisti per riprodurre scene di contesti naturalistici e di reperti di vario genere ma anche e principalmente di personaggi esotici che dimoravano in quei luoghi lontani. L’aggiunta della macchina fotografica al corredo di viaggio diventa abituale già pochi anni dopo la sua scoperta. Questa è sicuramente una iconografia stereotipa di lungo periodo che attraverserà tutto l’Ottocento riproponendosi puntualmente in oltre quattro generazioni tra incisori e fotografi, da Conrad a Sommer allo Chaffourier, per fare solo degli esempi di fotografi tra i più noti, ma che continua anche nel nuovo secolo, per arrivare, sotto mentite spoglie, fino a noi nella vulgata della produzione neo folklorico - commerciale dei pastori di San Gregorio Armeno. Periodizzazioni brevi possono trarre la loro spinta originaria dentro una periodizzazione lunga dell’iconografia napoletana, ma esistono anche forme dal respiro corto, per così dire, nate e poi successivamente sopite, sull’onda di un episodio contingente: un fatto di cronaca, una moda, una tendenza. E qui le esemplificazioni valgono più di ogni altra considerazione: la Napoli di Pascalone e’ Nola e di Pupetta Maresca e di tutto quanto c’era attorno, camorra ortofrutticola, magliari e tutto quel contesto così efficacemente sintetizzato nei primi film di Rosi . La Napoli del comandante Lauro con la simbologia conseguente di navi, di ville, di soubrette, di auto e di palazzi che fanno da sfondo specifico, napoletano appunto, al contesto nazionale negli anni del boom economico. La Napoli del colera e giù tutta la stampa relativa con le interviste alle vittime, agli untori per una cronaca che ha guadagnato e mantenuto per un certo lasso di tempo il posto in prima pagina. La Napoli di Maradona, quella della tribù del calcio, degli ultrà della curva C, dello scudetto e della iconografia irriverente ma sincreticamente illuminante di “San Gennarmando”. Ma se quelle analizzate sin qui erano delle stereotipie pittoriche e fotografiche, di lungo o di breve periodo che fossero, registrate nella realtà, è esistito anche un modo di confezionare una realtà stereotipa nello studio fotografico. Ed è quello che costituisce l’ulteriore filone di ricerca del saggio dedicato appunto al modo di rappresentarsi col “vestito buono” nelle serie dei ritratti fotografici in studio negli anni a cavallo di secolo tra Ottocento e Novecento. Così come la foto di cronaca ci aiuterà a cogliere un ulteriore angolazione nella lettura fotografica di Napoli : quella appunto dei “panni sporchi”. Ultima riflessione, ma ben lungi dall’essere tale in termini di importanza, è quella tesa a problematizzare il legame che intercorre tra stereotipo e identità : due concetti che riteniamo siano antropologicamente connessi da un complesso rapporto di reciprocità.

Napoli in posa, Luoghi e immagini di uno stereotipo / Mazzacane, Raffaello. - STAMPA. - (2006), pp. 719-730.

Napoli in posa, Luoghi e immagini di uno stereotipo

MAZZACANE, RAFFAELLO
2006

Abstract

Abstract Napoli in posa: luoghi e immagini di uno stereotipo. Chi può negare che il prodotto più esportata da Napoli nel mondo sia stato, e in modo particolare negli ultimi tre secoli, la sua immagine? Il saggio parte da quest’assunto per ricostruire alcuni dei percorsi lungo i quali quest’immagine, che certamente reca con se molto dello stereotipo, si è venuta delineando dalla seconda metà dell’Ottocento fino a tutto il Novecento. E’così che vengono delineati tre percorsi di ricerca che sembrano aver contribuito maggiormente alla formazione dello stereotipo della città attraverso la sua immagine fotografica: - Un filone di ricerca relativo alla foto di genere, formatasi in relazione allo stereotipo oleografico della pittura, di matrice ottocentesca, connesso al Grand Tour, ed entrata a far parte successivamente del più allargato mercato turistico e della comunicazione di massa. E’ la Napoli da cartolina, un'immagine patinata che ritorna sistematicamente sui topoi della città:Vesuvio, pizza e mandolino ma anche i bozzetti di scugnizzi e venditori ambulanti. Le une come le altre in versioni aggiornate durano a tutt'oggi. - Un filone che passa per la foto di cronaca e che appartiene alla tradizione del reportage, veicolato dal giornalismo e del quale ovviamente ha seguito, pur con tutte le contraddizioni interne, l'orientamento. E’ la Napoli dei panni sporchi, simbolo di tutti i mali endemici della società italiana con al centro gli intrallazzi , le ruberie e i morti di camorra, e con le sue figure particolari : da quelle della politica da Lauro a Gava a Pomicino a quelle camorristiche da Pascalone e’ Nola a Cutolo, ai Nuvoletta. - C'è infine, anche se più discreta, la documentazione di una Napoli che si autorappresenta nello studio del fotografo. Una sorta di Napoli allo specchio: vera e propria galleria di uomini e donne di tutte le classi sociali che transita nello studio fotografico. E’ la Napoli che indossa il vestito buono, l'immagine di sé fornita nella recita davanti all'obbiettivo dello studio fotografico. Questi percorsi di lettura dell’immagine di Napoli hanno di fatto costituito una sorta di scena napoletana presente su tempi più o meno lunghi a diversi livelli della ribalta nazionale ed internazionale. Per ciascuna di queste immagini della città e dei suoi cittadini viene tratteggiata una ricostruzione delle tappe più significative, individuando elementi di continuità ma anche punti di rottura, di mediazione, di svolta. In questo modo vengono individuate due periodizzazioni che hanno per oggetto lo stereotipo dell’immagine della città: una di lungo periodo, che travalica lo scorso secolo e viene da lontano e che struttura la sua durata su elementi di fondo che vengono puntualmente ricostruiti. Un’altra periodizzazione di più breve respiro, che riflette l’immagine di Napoli legata invece ad elementi contingenti: a volte di cronaca, a volte di costume o di moda, che pure spesso intrattengono, in modo diretto o mediato, collegamenti con quella di lungo periodo. Una filiazione lontana dell’immagine di Napoli, presente nella sua iconografia tradizionale, è quella che anche convenzionalmente tendiamo a far partire dal Grand Tour. E’ noto che il Grand Tour, nato in seno alle esigenze formative del gran mondo, aristocratico e/o intellettuale europeo sul finire del ‘600, si sia poi grandemente sviluppato nel corso del ‘700, ma costituisse ancora un’esigenza vivamente sentita per tutto il corso dell’ ‘800. Dentro questo arco di tempo una certa” immagine” di Napoli si viene consolidando, con al suo interno un’articolazione di “generi” ciascuno dei quali si svolge con una sua precisa vicenda storica. Accanto al panorama e alle vedute della città, non tarda ad affiancarsi l’iconografia relativa alle rovine dell’antichità, la quale peraltro subisce un impulso consistente con la “scoperta” di Ercolano e con il procedere degli scavi di Pompei. Questi luoghi si “aggiungono” naturalmente all’immagine della città e concorrono a esaltare quell’ interesse diffuso tra gli strati intellettuali e colti che circola in Europa tra la seconda metà del Settecento e il nuovo secolo. In questa corrente di visitatori non si contano i nomi illustri a partire da quelli di Winckelmann o di Goethe. Nel mentre il mercato dell’immagine di Napoli si allarga ulteriormente vengono ripresi e ripetuti, col linguaggio della fotografia, quei diversi aspetti paesaggistici che avevano riscosso maggior successo. Non è azzardato definire questi filoni, ancorché pittorici prima che fotografici, ciascuno per suo conto come generi , che influenzano enormemente e per un lungo periodo l’immagine della Capitale. Un’altro ambito fotografico che si consoliderà nel tempo come un genere dotato di una sua autonomia e destinato a durare è il bozzetto di costume. Anch’esso è in qualche modo riconducibile alla consuetudine del Viaggio, ma questa volta oltre il viaggio in Italia, connesso alla tradizione del viaggio esotico. E’ certamente questa un’ eredità che viene da lontano e che ha i suoi predecessori illustri nei viaggi di Cook o di Darwin, dal momento che essi fecero ampio ricorso a disegnatori e acquerellisti per riprodurre scene di contesti naturalistici e di reperti di vario genere ma anche e principalmente di personaggi esotici che dimoravano in quei luoghi lontani. L’aggiunta della macchina fotografica al corredo di viaggio diventa abituale già pochi anni dopo la sua scoperta. Questa è sicuramente una iconografia stereotipa di lungo periodo che attraverserà tutto l’Ottocento riproponendosi puntualmente in oltre quattro generazioni tra incisori e fotografi, da Conrad a Sommer allo Chaffourier, per fare solo degli esempi di fotografi tra i più noti, ma che continua anche nel nuovo secolo, per arrivare, sotto mentite spoglie, fino a noi nella vulgata della produzione neo folklorico - commerciale dei pastori di San Gregorio Armeno. Periodizzazioni brevi possono trarre la loro spinta originaria dentro una periodizzazione lunga dell’iconografia napoletana, ma esistono anche forme dal respiro corto, per così dire, nate e poi successivamente sopite, sull’onda di un episodio contingente: un fatto di cronaca, una moda, una tendenza. E qui le esemplificazioni valgono più di ogni altra considerazione: la Napoli di Pascalone e’ Nola e di Pupetta Maresca e di tutto quanto c’era attorno, camorra ortofrutticola, magliari e tutto quel contesto così efficacemente sintetizzato nei primi film di Rosi . La Napoli del comandante Lauro con la simbologia conseguente di navi, di ville, di soubrette, di auto e di palazzi che fanno da sfondo specifico, napoletano appunto, al contesto nazionale negli anni del boom economico. La Napoli del colera e giù tutta la stampa relativa con le interviste alle vittime, agli untori per una cronaca che ha guadagnato e mantenuto per un certo lasso di tempo il posto in prima pagina. La Napoli di Maradona, quella della tribù del calcio, degli ultrà della curva C, dello scudetto e della iconografia irriverente ma sincreticamente illuminante di “San Gennarmando”. Ma se quelle analizzate sin qui erano delle stereotipie pittoriche e fotografiche, di lungo o di breve periodo che fossero, registrate nella realtà, è esistito anche un modo di confezionare una realtà stereotipa nello studio fotografico. Ed è quello che costituisce l’ulteriore filone di ricerca del saggio dedicato appunto al modo di rappresentarsi col “vestito buono” nelle serie dei ritratti fotografici in studio negli anni a cavallo di secolo tra Ottocento e Novecento. Così come la foto di cronaca ci aiuterà a cogliere un ulteriore angolazione nella lettura fotografica di Napoli : quella appunto dei “panni sporchi”. Ultima riflessione, ma ben lungi dall’essere tale in termini di importanza, è quella tesa a problematizzare il legame che intercorre tra stereotipo e identità : due concetti che riteniamo siano antropologicamente connessi da un complesso rapporto di reciprocità.
2006
9788820737948
Napoli in posa, Luoghi e immagini di uno stereotipo / Mazzacane, Raffaello. - STAMPA. - (2006), pp. 719-730.
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