I progressi fatti negli ultimi anni hanno evidenziato che i cambiamenti fisici e psichici che investono l’individuo con il trascorrere degli anni non sono il frutto di un processo inesorabile ed inarrestabile, bensì la conseguenza di un percorso di sviluppo fortemente influenzato dai vissuti individuali, dal modo in cui vengono affrontate le sfide dell’invecchiamento e dagli stimoli che si ricevono dal mondo circostante. Infatti, per molto tempo si è fatto riferimento all’“invecchiamento” come alla fase finale di un ciclo vitale, mentre oggi rappresenta, più propriamente, quella fase dell’esistenza che assieme all’“accrescimento” caratterizza il processo di sviluppo (Cesa Bianchi, 1998; 2004). Accrescimento ed invecchiamento sono due processi che si susseguono, senza che sia possibile indicare con precisione il punto di passaggio dall’uno all’altro (Cesa Bianchi, 2004). Malgrado ciò, resistono ancora delle concezioni fortemente stereotipate dell’invecchiamento, che considerano il declino mentale e psico-motorio come un processo molto più rapido di quanto non lo sia realmente. Questa visione negativa, sostenuta non solo dai giovani ma anche dagli stessi anziani, induce i giovani a non rinforzare più le capacità intellettuali degli anziani o addirittura a scoraggiare i loro sforzi in tal senso (Poderico, 1993) e gli anziani ad accettare questi stereotipi considerandosi inadeguati e incapaci (Baltes e Schaie, 1976), con la conseguente riduzione dei livelli di benessere, dal momento che - a prescindere dalle reali capacità - risentono delle aspettative negative circa il gruppo al quale appartengono. In questo quadro generale si inserisce questo studio, che mira a ricercare un riscontro empirico dell’esistenza di un atteggiamento non sempre positivo nei confronti degli anziani, che finisce per ledere e non per aiutare. Pertanto, sarà presentato un lavoro che ha avuto come obiettivo quello di indagare il pregiudizio nei confronti degli anziani, sia attraverso l’utilizzo di strumenti già in uso in contesto statunitense e opportunamente validati, sia mediante nuovi strumenti elaborati ad hoc sulla scia di una oramai consolidata tradizione di studi che distingue tra forme manifeste e sottili di pregiudizio (Pettigrew e Meertens, 1995). Lo studio si è avvalso di un questionario strutturato, composto da più sezioni, somministrato a 639 soggetti di Napoli e provincia, studenti universitari frequentanti i corsi di laurea in sociologia e in psicologia, e operatori sociali distinti in assistenti che lavorano prevalentemente con anziani, assistenti che non lavorano con gli anziani e operatori socio-assistenziali in formazione. I risultati, ottenuti tramite analisi confermative, hanno mostrato che le scale utilizzate possiedono buone proprietà psicometriche. In particolare, è risultata plausibile la distinzione tra forme diverse di pregiudizio soprattutto per gli operatori sociali, che possiedono livelli superiori di pregiudizio sottile. Non sono state riscontrate, invece, differenze significative tra gli operatori che lavorano con gli anziani e quelli che lavorano con altri soggetti bisognosi di assistenza. Inoltre, i livelli elevati di pregiudizio sono risultati associati a basse conoscenze e contatti occasionali con gli anziani. Più in generale, si può ritenere che nel contesto di riferimento della ricerca emergono soprattutto degli stereotipi più che dei pregiudizi nei confronti degli anziani. Riferimenti bibliografici Baltes, P.B., Schaie, K.W. (1976), On the plasticity of intelligence in adulthood and old age: Where Horn and Donalson fail, American Psychologist, 31, 720-725. Canestrari R., Godino A. (1987), Ricerca sulle forme di adattamento e modalità di integrazione degli anziani ospitati presso il Giovanni XXIII. In R. Canestrai e al. (ed.) Anziani fra normalità e malattia, Istituto Giovanni XXIII Editrice, pp. 1-71. Cesa Bianchi M. (2004), La psicologia dell’invecchiamento. In M. Cesa Bianchi e O. Albanese (a cura di) (ed.), Crescere e invecchiare. La prospettiva del ciclo di vita, Milano, Edizioni Unicopli. Cesa Bianchi M. (1998), Giovani per sempre? L’arte di invecchiare, Laterza, Bari. Pettigrew T. F., Meertens R. W. (1995), Subtle and blatant prejudice in Western Europe, European Journal of Social Psicology, 25, 57-75. Poderico C. (1993), L’anziano. Nuove prospettive in psicologia, Napoli, Liviana Medicina.
Stereotipi e forme diverse di pregiudizio nei confronti delle persone anziane: studenti ed operatori sociali a confronto / Donizzetti, ANNA ROSA; Petrillo, Giovanna. - (2006), pp. 314-316. (Intervento presentato al convegno VII Congresso Nazionale AIP – Sezione di Psicologia Sociale tenutosi a Genova nel 18-20 settembre 2006).
Stereotipi e forme diverse di pregiudizio nei confronti delle persone anziane: studenti ed operatori sociali a confronto
DONIZZETTI, ANNA ROSA;PETRILLO, GIOVANNA
2006
Abstract
I progressi fatti negli ultimi anni hanno evidenziato che i cambiamenti fisici e psichici che investono l’individuo con il trascorrere degli anni non sono il frutto di un processo inesorabile ed inarrestabile, bensì la conseguenza di un percorso di sviluppo fortemente influenzato dai vissuti individuali, dal modo in cui vengono affrontate le sfide dell’invecchiamento e dagli stimoli che si ricevono dal mondo circostante. Infatti, per molto tempo si è fatto riferimento all’“invecchiamento” come alla fase finale di un ciclo vitale, mentre oggi rappresenta, più propriamente, quella fase dell’esistenza che assieme all’“accrescimento” caratterizza il processo di sviluppo (Cesa Bianchi, 1998; 2004). Accrescimento ed invecchiamento sono due processi che si susseguono, senza che sia possibile indicare con precisione il punto di passaggio dall’uno all’altro (Cesa Bianchi, 2004). Malgrado ciò, resistono ancora delle concezioni fortemente stereotipate dell’invecchiamento, che considerano il declino mentale e psico-motorio come un processo molto più rapido di quanto non lo sia realmente. Questa visione negativa, sostenuta non solo dai giovani ma anche dagli stessi anziani, induce i giovani a non rinforzare più le capacità intellettuali degli anziani o addirittura a scoraggiare i loro sforzi in tal senso (Poderico, 1993) e gli anziani ad accettare questi stereotipi considerandosi inadeguati e incapaci (Baltes e Schaie, 1976), con la conseguente riduzione dei livelli di benessere, dal momento che - a prescindere dalle reali capacità - risentono delle aspettative negative circa il gruppo al quale appartengono. In questo quadro generale si inserisce questo studio, che mira a ricercare un riscontro empirico dell’esistenza di un atteggiamento non sempre positivo nei confronti degli anziani, che finisce per ledere e non per aiutare. Pertanto, sarà presentato un lavoro che ha avuto come obiettivo quello di indagare il pregiudizio nei confronti degli anziani, sia attraverso l’utilizzo di strumenti già in uso in contesto statunitense e opportunamente validati, sia mediante nuovi strumenti elaborati ad hoc sulla scia di una oramai consolidata tradizione di studi che distingue tra forme manifeste e sottili di pregiudizio (Pettigrew e Meertens, 1995). Lo studio si è avvalso di un questionario strutturato, composto da più sezioni, somministrato a 639 soggetti di Napoli e provincia, studenti universitari frequentanti i corsi di laurea in sociologia e in psicologia, e operatori sociali distinti in assistenti che lavorano prevalentemente con anziani, assistenti che non lavorano con gli anziani e operatori socio-assistenziali in formazione. I risultati, ottenuti tramite analisi confermative, hanno mostrato che le scale utilizzate possiedono buone proprietà psicometriche. In particolare, è risultata plausibile la distinzione tra forme diverse di pregiudizio soprattutto per gli operatori sociali, che possiedono livelli superiori di pregiudizio sottile. Non sono state riscontrate, invece, differenze significative tra gli operatori che lavorano con gli anziani e quelli che lavorano con altri soggetti bisognosi di assistenza. Inoltre, i livelli elevati di pregiudizio sono risultati associati a basse conoscenze e contatti occasionali con gli anziani. Più in generale, si può ritenere che nel contesto di riferimento della ricerca emergono soprattutto degli stereotipi più che dei pregiudizi nei confronti degli anziani. Riferimenti bibliografici Baltes, P.B., Schaie, K.W. (1976), On the plasticity of intelligence in adulthood and old age: Where Horn and Donalson fail, American Psychologist, 31, 720-725. Canestrari R., Godino A. (1987), Ricerca sulle forme di adattamento e modalità di integrazione degli anziani ospitati presso il Giovanni XXIII. In R. Canestrai e al. (ed.) Anziani fra normalità e malattia, Istituto Giovanni XXIII Editrice, pp. 1-71. Cesa Bianchi M. (2004), La psicologia dell’invecchiamento. In M. Cesa Bianchi e O. Albanese (a cura di) (ed.), Crescere e invecchiare. La prospettiva del ciclo di vita, Milano, Edizioni Unicopli. Cesa Bianchi M. (1998), Giovani per sempre? L’arte di invecchiare, Laterza, Bari. Pettigrew T. F., Meertens R. W. (1995), Subtle and blatant prejudice in Western Europe, European Journal of Social Psicology, 25, 57-75. Poderico C. (1993), L’anziano. Nuove prospettive in psicologia, Napoli, Liviana Medicina.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.