L’idea di una ricerca sulla violenza contro le donne, nasce dalla considerazione che questo tipo di violenza, in ogni ambito disciplinare, compresa la psicologia, è poco studiato. Questo lavoro, infatti, tratta della violenza maschile contro le donne e della rappresentazione che la società, ed in particolare le forze dell’ordine, hanno nei confronti delle donne che hanno subito violenza. In proposito è stato osservato che la violenza sessuale non è un fenomeno nuovo, ma è nuova la sua considerazione come problema (Terragni, 1997). Più in particolare, l’elemento innovativo di questo studio sta nell’attenzione alla questione della violenza alle donne dal punto di vista di alcune istituzioni specificamente implicate, il che secondo alcuni autori (Romito 2000) rappresenta in sé una novità storica, il risultato di una rivoluzione nel nostro modo di guardare il mondo e di conoscerlo. Il quadro di riferimento teorico di partenza per la presente ricerca è un significativo ed emergente filone della psicologia sociale che considera i diritti umani come rappresentazioni sociali (Doise, 2002). In tale filone di ricerca psicosociale particolare enfasi viene posta sul principio di responsabilità attribuita ai diversi soggetti, pubblici e privati, che sono chiamati a farsi carico del rispetto e della promozione delle leggi sulla violenza contro le donne. Il principio di responsabilità è assunto come elemento centrale, potente principio organizzatore della conoscenza, che influenza i giudizi ed i comportamenti. Obiettivo principale della ricerca, è quello di indagare il sistema rappresentazionale delle leggi sulle violenze contro le donne dal punto di vista del senso comune. Obiettivi specifici sono: a. Definire un apparato strumentale ad hoc e verificare l’affidabilità e la validità del questionario, in mancanza di strumenti di indagine già validati. b. Verificare se i diversi gruppi di articoli sulle violenze contro le donne sono rilevanti nello strutturare le credenze e gli atteggiamenti di coloro che si occupano, per professione o per tipo di studi, di violenza. Con quest’obiettivo si intende cogliere sia la struttura del campo rappresentazionale relativo alle leggi sulle violenze contro le donne, sia la sua “estensione” - cioè il suo piano “consensuale” - più o meno comune a diverse categorie sociali della nostra società. c. Individuare delle differenze tra le prese di posizione individuali rispetto al “campo” rappresentazionale riferito alle leggi sulla violenza, comune e condiviso. d. Studiare i processi di ancoraggio della rappresentazione sociale delle leggi sulle violenze contro le donne. e. Rilevare il grado di conoscenza delle leggi sulla violenza e la rappresentazione del grado di rispetto di tali leggi nel nostro paese. In relazione al quadro di riferimento teorico ed agli obiettivi fin qui esposti, si sono formulate le seguenti ipotesi: • Le prese di posizione individuali sulla rappresentazione sociale delle suddette leggi sono ancorate in sistemi socio-culturali a cui appartengono i soggetti intervistati. • I soggetti esaminati, ed in particolare coloro che operano nel settore delle violenze contro le donne, nonostante l’art. 4 della Dichiarazione sull’Eliminazione della Violenza contro le Donne [1993] (secondo il quale le forze dell’ordine e le autorità giudiziarie dovrebbero ricevere una formazione tale da essere sensibilizzate alla violenza contro le donne), non conoscono adeguatamente le leggi contro la violenza. • I soggetti intervistati ritengono tali leggi non molto rispettate nel nostro paese I soggetti della ricerca sono 510 individui, di cui 141 poliziotti, 84 carabinieri, 196 studenti di sociologia e 85 studenti di psicologia. Lo strumento di rilevazione dati, costruito ad hoc, è costituito da un questionario, con domande chiuse a risposta multipla, in cui si chiede di leggere degli articoli di legge contro la violenza e di indicare: conoscenza dell’articolo, grado di accordo, grado di responsabilità di diverse agenzie per far rispettare l’articolo e grado di rispettato in Italia. Nella prima fase di elaborazione dati ci si è proposti di verificare l’affidabilità e la validità delle diverse scale utilizzate nel questionario. Per la validazione delle scale è stata applicata l’analisi fattoriale delle componenti principali con rotazione Varimax e il test di affidabilità (alfa di Cronbach). E’ stato raggiunto un alfa superiore a 0.70 per ogni scala utilizzata e per ogni sottoscala emersa dall’analisi fattoriale, il che ha confermato un livello di correlazione e di coerenza interna altissimo. Successivamente è stata verificata l’esistenza di un nucleo rappresentazionale condiviso e consensuale e quindi sono state calcolate le distribuzioni medie di frequenza e le relative deviazioni standard sulla scala di accordo di ciascun diritto presentato nel questionario, come pure sono state calcolate le percentuali relative alla conoscenza degli articoli. Si evince che i soggetti hanno manifestato un chiaro consenso rispetto a tutti gli articoli enunciati ed una bassa conoscenza dei suddetti articoli. Tutti i soggetti hanno attribuito grande responsabilità al governo, alle forze dell’ordine ed alle autorità giudiziarie per il mancato rispetto delle leggi contro le violenze sulle donne. In particolare le forze dell’ordine attribuiscono molta responsabilità anche alla famiglia ed alla scuola rispetto agli studenti, che si sentono personalmente meno responsabilizzati nel far rispettare le leggi ed attribuiscono minore responsabilità alla famiglia ed alla scuola. Anche all’interno delle forze dell’ordine sono emerse delle differenze sostanziali. Infatti i poliziotti, a differenza dei carabinieri, hanno un grado d’accordo maggiore sugli articoli riferiti all’educazione ed alla prevenzione ed attribuiscono maggiore responsabilità al governo ed alle autorità giudiziarie. Sintetizzando, anche per le forze dell’ordine come per gli studenti, il principio che regola le prese di posizione rispetto alle leggi sulle violenze contro le donne non è costituito dal contenuto di ciascun articolo, ma dalla responsabilità attribuita a ciascun ente. Infatti, sembra che il rispetto delle leggi dipenda da quattro livelli d’azione: quella svolta dalle istituzioni educative (famiglia, scuola) e dalla persona, cioè dalle agenzie che si interessano principalmente della socializzazione primaria; quella svolta dai movimenti politici, come i movimenti femministi e le associazioni sindacali, che combattono per migliorare la condizione delle donne ed eliminare ogni forma di discriminazione; le forze dell’ordine ed i giudici, che devono intervenire per porre rimedio alle gravi violazioni a cui le donne sono sottoposte; il governo, l’unico organo parlamentare ad avere poteri esecutivi. Rispetto a questa tipologia d’intervento i soggetti si articolano in tre gruppi: quelli fiduciosi in tutte le istituzioni ed anche in loro stessi; quelli che si fidano di tutte le istituzioni ma non dei movimenti politici; e quelli che sono sfiduciati verso tutte le agenzie prese in considerazione ed anche in loro stessi. Concludendo, nel loro complesso, i risultati ottenuti si prestano a fornire elementi di riflessione utili sia nell’ottica della ricerca comparativa nello specifico settore della Psicologia Sociale, sia per finalità di ordine più propriamente applicativo (ad esempio, di intervento soprattutto nelle forze dell’ordine e nel settore scolastico con Programmi di Promozione dei Diritti delle Donne).
La rappresentazione sociale della violenza di genere tra norme giuridiche, prototipi e pregiudizi sessisti / Petrillo, Giovanna. - (2005).
La rappresentazione sociale della violenza di genere tra norme giuridiche, prototipi e pregiudizi sessisti
PETRILLO, GIOVANNA
2005
Abstract
L’idea di una ricerca sulla violenza contro le donne, nasce dalla considerazione che questo tipo di violenza, in ogni ambito disciplinare, compresa la psicologia, è poco studiato. Questo lavoro, infatti, tratta della violenza maschile contro le donne e della rappresentazione che la società, ed in particolare le forze dell’ordine, hanno nei confronti delle donne che hanno subito violenza. In proposito è stato osservato che la violenza sessuale non è un fenomeno nuovo, ma è nuova la sua considerazione come problema (Terragni, 1997). Più in particolare, l’elemento innovativo di questo studio sta nell’attenzione alla questione della violenza alle donne dal punto di vista di alcune istituzioni specificamente implicate, il che secondo alcuni autori (Romito 2000) rappresenta in sé una novità storica, il risultato di una rivoluzione nel nostro modo di guardare il mondo e di conoscerlo. Il quadro di riferimento teorico di partenza per la presente ricerca è un significativo ed emergente filone della psicologia sociale che considera i diritti umani come rappresentazioni sociali (Doise, 2002). In tale filone di ricerca psicosociale particolare enfasi viene posta sul principio di responsabilità attribuita ai diversi soggetti, pubblici e privati, che sono chiamati a farsi carico del rispetto e della promozione delle leggi sulla violenza contro le donne. Il principio di responsabilità è assunto come elemento centrale, potente principio organizzatore della conoscenza, che influenza i giudizi ed i comportamenti. Obiettivo principale della ricerca, è quello di indagare il sistema rappresentazionale delle leggi sulle violenze contro le donne dal punto di vista del senso comune. Obiettivi specifici sono: a. Definire un apparato strumentale ad hoc e verificare l’affidabilità e la validità del questionario, in mancanza di strumenti di indagine già validati. b. Verificare se i diversi gruppi di articoli sulle violenze contro le donne sono rilevanti nello strutturare le credenze e gli atteggiamenti di coloro che si occupano, per professione o per tipo di studi, di violenza. Con quest’obiettivo si intende cogliere sia la struttura del campo rappresentazionale relativo alle leggi sulle violenze contro le donne, sia la sua “estensione” - cioè il suo piano “consensuale” - più o meno comune a diverse categorie sociali della nostra società. c. Individuare delle differenze tra le prese di posizione individuali rispetto al “campo” rappresentazionale riferito alle leggi sulla violenza, comune e condiviso. d. Studiare i processi di ancoraggio della rappresentazione sociale delle leggi sulle violenze contro le donne. e. Rilevare il grado di conoscenza delle leggi sulla violenza e la rappresentazione del grado di rispetto di tali leggi nel nostro paese. In relazione al quadro di riferimento teorico ed agli obiettivi fin qui esposti, si sono formulate le seguenti ipotesi: • Le prese di posizione individuali sulla rappresentazione sociale delle suddette leggi sono ancorate in sistemi socio-culturali a cui appartengono i soggetti intervistati. • I soggetti esaminati, ed in particolare coloro che operano nel settore delle violenze contro le donne, nonostante l’art. 4 della Dichiarazione sull’Eliminazione della Violenza contro le Donne [1993] (secondo il quale le forze dell’ordine e le autorità giudiziarie dovrebbero ricevere una formazione tale da essere sensibilizzate alla violenza contro le donne), non conoscono adeguatamente le leggi contro la violenza. • I soggetti intervistati ritengono tali leggi non molto rispettate nel nostro paese I soggetti della ricerca sono 510 individui, di cui 141 poliziotti, 84 carabinieri, 196 studenti di sociologia e 85 studenti di psicologia. Lo strumento di rilevazione dati, costruito ad hoc, è costituito da un questionario, con domande chiuse a risposta multipla, in cui si chiede di leggere degli articoli di legge contro la violenza e di indicare: conoscenza dell’articolo, grado di accordo, grado di responsabilità di diverse agenzie per far rispettare l’articolo e grado di rispettato in Italia. Nella prima fase di elaborazione dati ci si è proposti di verificare l’affidabilità e la validità delle diverse scale utilizzate nel questionario. Per la validazione delle scale è stata applicata l’analisi fattoriale delle componenti principali con rotazione Varimax e il test di affidabilità (alfa di Cronbach). E’ stato raggiunto un alfa superiore a 0.70 per ogni scala utilizzata e per ogni sottoscala emersa dall’analisi fattoriale, il che ha confermato un livello di correlazione e di coerenza interna altissimo. Successivamente è stata verificata l’esistenza di un nucleo rappresentazionale condiviso e consensuale e quindi sono state calcolate le distribuzioni medie di frequenza e le relative deviazioni standard sulla scala di accordo di ciascun diritto presentato nel questionario, come pure sono state calcolate le percentuali relative alla conoscenza degli articoli. Si evince che i soggetti hanno manifestato un chiaro consenso rispetto a tutti gli articoli enunciati ed una bassa conoscenza dei suddetti articoli. Tutti i soggetti hanno attribuito grande responsabilità al governo, alle forze dell’ordine ed alle autorità giudiziarie per il mancato rispetto delle leggi contro le violenze sulle donne. In particolare le forze dell’ordine attribuiscono molta responsabilità anche alla famiglia ed alla scuola rispetto agli studenti, che si sentono personalmente meno responsabilizzati nel far rispettare le leggi ed attribuiscono minore responsabilità alla famiglia ed alla scuola. Anche all’interno delle forze dell’ordine sono emerse delle differenze sostanziali. Infatti i poliziotti, a differenza dei carabinieri, hanno un grado d’accordo maggiore sugli articoli riferiti all’educazione ed alla prevenzione ed attribuiscono maggiore responsabilità al governo ed alle autorità giudiziarie. Sintetizzando, anche per le forze dell’ordine come per gli studenti, il principio che regola le prese di posizione rispetto alle leggi sulle violenze contro le donne non è costituito dal contenuto di ciascun articolo, ma dalla responsabilità attribuita a ciascun ente. Infatti, sembra che il rispetto delle leggi dipenda da quattro livelli d’azione: quella svolta dalle istituzioni educative (famiglia, scuola) e dalla persona, cioè dalle agenzie che si interessano principalmente della socializzazione primaria; quella svolta dai movimenti politici, come i movimenti femministi e le associazioni sindacali, che combattono per migliorare la condizione delle donne ed eliminare ogni forma di discriminazione; le forze dell’ordine ed i giudici, che devono intervenire per porre rimedio alle gravi violazioni a cui le donne sono sottoposte; il governo, l’unico organo parlamentare ad avere poteri esecutivi. Rispetto a questa tipologia d’intervento i soggetti si articolano in tre gruppi: quelli fiduciosi in tutte le istituzioni ed anche in loro stessi; quelli che si fidano di tutte le istituzioni ma non dei movimenti politici; e quelli che sono sfiduciati verso tutte le agenzie prese in considerazione ed anche in loro stessi. Concludendo, nel loro complesso, i risultati ottenuti si prestano a fornire elementi di riflessione utili sia nell’ottica della ricerca comparativa nello specifico settore della Psicologia Sociale, sia per finalità di ordine più propriamente applicativo (ad esempio, di intervento soprattutto nelle forze dell’ordine e nel settore scolastico con Programmi di Promozione dei Diritti delle Donne).I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.