Pennebaker, pioniere della “tecnica della scrittura”, a partire dal 1983, teorizza che la possibilità di mettere in parole dimensioni psichiche inibite, creando una connessione tra il piano simbolico e sub-simbolico (Bucci, 1997), conduce ad una riorganizzazione emozionale e cognitiva del trauma. Pertanto durante l'anno 2009 si è svolto presso il PO Pausilipon di Napoli, un progetto di “ricerca-intervento” volto alla promozione dell’elaborazione dell’esperienza traumatica della malattia in genitori di bambini leucemici, in fase off-therapy attraverso l’uso della tecnica della scrittura. Entro tale intento progettuale, in tal sede si discuterà l’analisi qualitativa del materiale narrativo raccolto. Metodi. Si è proposto il “Guided written disclosure protocol” (Duncan e Gidron, 1999) fondato sulla tecnica della scrittura. Si è offerto uno spazio di racconto a madri e padri di bambini leucemici a partire dallo “stop therapy”. Il protocollo si compone di tre incontri di scrittura in cui si affronta l’esperienza traumatica della malattia di un figlio da varie angolazioni al fine di ricostruire la trama interrotta della propria storia: dapprima vengono affrontati i fatti così come si sono evoluti nel tempo poi le emozioni vissute entro l’esperienza e si getta uno sguardo al futuro. Risultati. Hanno partecipato 23 genitori (13 madri/10 padri). Le narrazioni sono state sottoposte ad un analisi tematica del contenuto che ha messo in luce specificità e differenze, tra madri e padri, nel processo di significazione dell’esperienza traumatica. In tal senso le madri hanno mostrato una maggiore produzione narrativa e una maggiore implicazione emotiva entro il racconto dell’esperienza, a differenza dei padri maggiormente schivi negli scritti. Per entrambi si evidenziano due categorie portanti: la comunicazione della diagnosi vissuta come un “evento puntuale” che rompe l’equilibrio e diventa un tempo infinito di attesa; l’investimento del proprio futuro. Quest’ultimo è intriso di una forte speranza di un “non ritorno” della malattia e da un investimento “impensabile”, in quanto difficile da dimenticare. Conclusioni. Tale lavoro mostra l'importanza di incentivare la costruzione di spazi di racconto, entro cui ricostruire la propria storia, rispettando specificità e differenze, materne e paterne, nell'elaborazione del vissuto legato all'esperienza di malattia di un figlio. Esplorare il vissuto materno e paterno legato alla malattia di un figlio consentirà di costruire percorsi sempre più specifici per sostenere l'intera famiglia sia durante le cure che nel ritorno alla vita.
Scrivere per "guarire": differenze di genere nella simbolizzazione affettiva dell'esperienza traumatica di genitori di bambini leucemici / Martino, MARIA LUISA; Mastromauro, B.; Cardinale, V.; Camera, F.; Pinto, A.; Freda, MARIA FRANCESCA. - In: HAEMATOLOGICA. - ISSN 0390-6078. - STAMPA. - 95:s1(2010), pp. 98-99.
Scrivere per "guarire": differenze di genere nella simbolizzazione affettiva dell'esperienza traumatica di genitori di bambini leucemici
MARTINO, MARIA LUISA;FREDA, MARIA FRANCESCA
2010
Abstract
Pennebaker, pioniere della “tecnica della scrittura”, a partire dal 1983, teorizza che la possibilità di mettere in parole dimensioni psichiche inibite, creando una connessione tra il piano simbolico e sub-simbolico (Bucci, 1997), conduce ad una riorganizzazione emozionale e cognitiva del trauma. Pertanto durante l'anno 2009 si è svolto presso il PO Pausilipon di Napoli, un progetto di “ricerca-intervento” volto alla promozione dell’elaborazione dell’esperienza traumatica della malattia in genitori di bambini leucemici, in fase off-therapy attraverso l’uso della tecnica della scrittura. Entro tale intento progettuale, in tal sede si discuterà l’analisi qualitativa del materiale narrativo raccolto. Metodi. Si è proposto il “Guided written disclosure protocol” (Duncan e Gidron, 1999) fondato sulla tecnica della scrittura. Si è offerto uno spazio di racconto a madri e padri di bambini leucemici a partire dallo “stop therapy”. Il protocollo si compone di tre incontri di scrittura in cui si affronta l’esperienza traumatica della malattia di un figlio da varie angolazioni al fine di ricostruire la trama interrotta della propria storia: dapprima vengono affrontati i fatti così come si sono evoluti nel tempo poi le emozioni vissute entro l’esperienza e si getta uno sguardo al futuro. Risultati. Hanno partecipato 23 genitori (13 madri/10 padri). Le narrazioni sono state sottoposte ad un analisi tematica del contenuto che ha messo in luce specificità e differenze, tra madri e padri, nel processo di significazione dell’esperienza traumatica. In tal senso le madri hanno mostrato una maggiore produzione narrativa e una maggiore implicazione emotiva entro il racconto dell’esperienza, a differenza dei padri maggiormente schivi negli scritti. Per entrambi si evidenziano due categorie portanti: la comunicazione della diagnosi vissuta come un “evento puntuale” che rompe l’equilibrio e diventa un tempo infinito di attesa; l’investimento del proprio futuro. Quest’ultimo è intriso di una forte speranza di un “non ritorno” della malattia e da un investimento “impensabile”, in quanto difficile da dimenticare. Conclusioni. Tale lavoro mostra l'importanza di incentivare la costruzione di spazi di racconto, entro cui ricostruire la propria storia, rispettando specificità e differenze, materne e paterne, nell'elaborazione del vissuto legato all'esperienza di malattia di un figlio. Esplorare il vissuto materno e paterno legato alla malattia di un figlio consentirà di costruire percorsi sempre più specifici per sostenere l'intera famiglia sia durante le cure che nel ritorno alla vita.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.