Una riflessione sulla città come luogo dell’abitare dell’uomo, laddove la metropoli contemporanea, perduta la capacità di donare luoghi, sembra incapace di assolvere ancora al suo ruolo. Il tema del Convegno è quello della città continua, una città dove non è più possibile individuare ‘parti’ definite e ‘figure’ intelligibili: un territorio spesso periferico dove - per dirla con le parole sempre efficaci di Vittorio Gregotti - mentre nei centri l’architettura viene ridotta a “design” ingrandito, i monumenti ad immagini di marca, in periferia si assiste al rifiuto di fare del tessuto urbano un materiale essenziale al disegno della città, accettando la privatizzazione dello spazio pubblico, e predicando l’ideologia della deregolazione come estetica della constatazione. Lo strumento di intervento sul continuum urbanizzato non può allora che essere quello che preveda la introduzione di discontinuità nell’indistinto, di ‘figure’ riconoscibili, anche se probabilmente differenti da quelle che si confrontano con la città della storia perché differenti in queste aree sono spesso i caratteri, i rapporti di scala, le relazioni con gli elementi geografici e naturali. Assenza di ogni rapporto tipo-lotto, bassa densità come ideologia - peraltro in spregio ai problemi connessi al consumo del suolo -, mancanza di gerarchie e di elementi riconoscibili - di elementi primari per dirla alla Rossi -, privatizzazione dello spazio pubblico, parcellizzazione del vuoto in spazi liberi elevati in numero ma residuali e quindi non convertibili sono invece i caratteri - tutti negativi - delle espansioni urbane continue di molte delle nostre città che sembrano, nel loro essersi dilatate senza regole, avere dimenticato la necessità della forma: la città contemporanea ha rinunciato ad essere continua in senso temporale e a rappresentare il punto di accumulazione della sua storia in una forma ancora definibile tale - città e non agglomerazione - perché ci è ancora possibile riconoscerci in essa; la città contemporanea ha smarrito la forma, o meglio ne è talvolta volutamente dimentica.
La forma ‘dimentica’ della città contemporanea / Visconti, Federica. - (2008). (Intervento presentato al convegno la città continua. XVIII edizione del Seminario di Architettura e Cultura Urbana della Università di Camerino tenutosi a Università di Camerino nel luglio 2008).
La forma ‘dimentica’ della città contemporanea
VISCONTI, FEDERICA
2008
Abstract
Una riflessione sulla città come luogo dell’abitare dell’uomo, laddove la metropoli contemporanea, perduta la capacità di donare luoghi, sembra incapace di assolvere ancora al suo ruolo. Il tema del Convegno è quello della città continua, una città dove non è più possibile individuare ‘parti’ definite e ‘figure’ intelligibili: un territorio spesso periferico dove - per dirla con le parole sempre efficaci di Vittorio Gregotti - mentre nei centri l’architettura viene ridotta a “design” ingrandito, i monumenti ad immagini di marca, in periferia si assiste al rifiuto di fare del tessuto urbano un materiale essenziale al disegno della città, accettando la privatizzazione dello spazio pubblico, e predicando l’ideologia della deregolazione come estetica della constatazione. Lo strumento di intervento sul continuum urbanizzato non può allora che essere quello che preveda la introduzione di discontinuità nell’indistinto, di ‘figure’ riconoscibili, anche se probabilmente differenti da quelle che si confrontano con la città della storia perché differenti in queste aree sono spesso i caratteri, i rapporti di scala, le relazioni con gli elementi geografici e naturali. Assenza di ogni rapporto tipo-lotto, bassa densità come ideologia - peraltro in spregio ai problemi connessi al consumo del suolo -, mancanza di gerarchie e di elementi riconoscibili - di elementi primari per dirla alla Rossi -, privatizzazione dello spazio pubblico, parcellizzazione del vuoto in spazi liberi elevati in numero ma residuali e quindi non convertibili sono invece i caratteri - tutti negativi - delle espansioni urbane continue di molte delle nostre città che sembrano, nel loro essersi dilatate senza regole, avere dimenticato la necessità della forma: la città contemporanea ha rinunciato ad essere continua in senso temporale e a rappresentare il punto di accumulazione della sua storia in una forma ancora definibile tale - città e non agglomerazione - perché ci è ancora possibile riconoscerci in essa; la città contemporanea ha smarrito la forma, o meglio ne è talvolta volutamente dimentica.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.