Con questo lavoro si è cercato di individuare i rapporti intercorrenti fra i principi a cui sono informate le norme che regolano la fase del giudizio nel processo penale, rilevando le modalità con cui essi interagiscono fra loro. Si è osservato, cioè, come talvolta risultino convergenti e reciprocamente funzionali, se non addirittura strumentali; tal altra, invece, si verifichi un affievolimento di uno di essi rispetto ad un altro, ove ciò si renda utile per il più efficace perseguimento dei fini propri del processo. Quest'ultima ipotesi si realizza soprattutto in quelle forme di giudizio nelle quali, in ragione dei presupposti previsti dalla legge, è possibile derogare alla rigorosa applicazione di tutti i principi, nella loro forma più completa (riti differenziati). Anche in questi casi, però, resta irrinunciabile il riconoscimento di quelle garanzie necessarie per assicurare che la decisione del giudice rappresenti comunque il risultato di un accertamento affidabile e “giusto”. Non si è inteso, quindi, certamente esaurire l’illustrazione e l’approfondimento delle tematiche inerenti ciascuno dei principi trattati, bensì segnalarne i caratteri più significativi onde ricostruire l’effettiva portata e natura delle interferenze previste dal legislatore e verificarne l’idoneità ad assicurare la realizzazione del “giusto processo”. In questa prospettiva, si è prestata particolare attenzione, oltre che al contenuto precettizio del novellato art. 111 Cost., anche alle disposizioni - di più ampia portata - dell’art. 6 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’Uomo e delle libertà fondamentali. Ciò in considerazione del pregnante riconoscimento di fonte vincolante conferito di recente dalla Corte costituzionale a quel corpo normativo, in attuazione del nuovo primo comma dell’art. 117 Cost. Così come si è fatto riferimento ad alcune pronunzie della Corte europea dei diritti dell’uomo che, interpretando le disposizioni poste a presidio della “equità” del processo dall’art. 6 della Convenzione, hanno fornito nuove e pregnanti indicazioni ermeneutiche alle quali il giudice italiano (anche di legittimità) deve attenersi.
I principi del giudizio penale per la realizzazione del giusto processo / Furgiuele, Alfonso. - STAMPA. - (2010), pp. 333-390.
I principi del giudizio penale per la realizzazione del giusto processo
FURGIUELE, ALFONSO
2010
Abstract
Con questo lavoro si è cercato di individuare i rapporti intercorrenti fra i principi a cui sono informate le norme che regolano la fase del giudizio nel processo penale, rilevando le modalità con cui essi interagiscono fra loro. Si è osservato, cioè, come talvolta risultino convergenti e reciprocamente funzionali, se non addirittura strumentali; tal altra, invece, si verifichi un affievolimento di uno di essi rispetto ad un altro, ove ciò si renda utile per il più efficace perseguimento dei fini propri del processo. Quest'ultima ipotesi si realizza soprattutto in quelle forme di giudizio nelle quali, in ragione dei presupposti previsti dalla legge, è possibile derogare alla rigorosa applicazione di tutti i principi, nella loro forma più completa (riti differenziati). Anche in questi casi, però, resta irrinunciabile il riconoscimento di quelle garanzie necessarie per assicurare che la decisione del giudice rappresenti comunque il risultato di un accertamento affidabile e “giusto”. Non si è inteso, quindi, certamente esaurire l’illustrazione e l’approfondimento delle tematiche inerenti ciascuno dei principi trattati, bensì segnalarne i caratteri più significativi onde ricostruire l’effettiva portata e natura delle interferenze previste dal legislatore e verificarne l’idoneità ad assicurare la realizzazione del “giusto processo”. In questa prospettiva, si è prestata particolare attenzione, oltre che al contenuto precettizio del novellato art. 111 Cost., anche alle disposizioni - di più ampia portata - dell’art. 6 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’Uomo e delle libertà fondamentali. Ciò in considerazione del pregnante riconoscimento di fonte vincolante conferito di recente dalla Corte costituzionale a quel corpo normativo, in attuazione del nuovo primo comma dell’art. 117 Cost. Così come si è fatto riferimento ad alcune pronunzie della Corte europea dei diritti dell’uomo che, interpretando le disposizioni poste a presidio della “equità” del processo dall’art. 6 della Convenzione, hanno fornito nuove e pregnanti indicazioni ermeneutiche alle quali il giudice italiano (anche di legittimità) deve attenersi.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.