Non basta sapere bene le cose, se poi non è dato sapere che cosa è bene fare. La competenza deve potersi accompagnare, ogni volta, all'appropriatezza della scelta dell’operare in una costante riflessività del “saper fare” e del “fare sapere”. La misura delle cose che si fanno è nelle relazioni che compongono. Chi insegna opera sulla doppia riga della “validità” formativa e della “valenza” educativa, al di fuori dello spazio comune, che le tiene in parallelo, la “valutazione” perde la sua funzione, la formazione scade in “formattazione” e l’educazione ripiega in una “relazione d’aiuto”. La Pedagogia si trova stretta tra economia politica e psicologia sociale. Nel mentre si trova invasa nei propri confini disciplinari, se ne reclama l’estensione come esigenza di ogni percorso di studio e la si espone a una frammentazione della relazione formativa in più settori di competenze che fanno perdere la vocazione originaria della partecipazione alla vita della Città, mistificata in processi di “inclusione” e “integrazione” normativi di regole senza relazioni. Le scuole d'eccezione, dove le regole sono contrastate dal disagio, validità e valenza si separano, mettendo in risalto l’esigenza di una pedagogia del mondo della vita quale fondo di ogni costruzione di modelli di sapere e di società. Le scuole d’eccezione sono luoghi di confine dell’istituzione delle forme e delle relazioni di sapere che si ritrovano “adattati” e “inappropriati” perché semplicemente trasposti su un registri che diventano costrittivi. Scuole d’eccezioni e scuole d’eccellenza sono gli estremi di una normalità formativa fluttuante, da un minimo a un massimo, che replica un modello in scala di sapere senza criticità. Lontano dall’eccellenza nelle scuole d’eccezioni sono possibili esperienze eccezionali sul piano educativo e formativo, tali da orientare diversamente, nelle differenze, percorsi che incidono sulle forme di sapere chiamate a dar conto di forme di vita. La scuola di don Milani resta esemplare per come un’eccezione abbia inciso sulle regole non confermandole, ma modificandole. I confini della città sono confini di voci. Una città arriva fin dove la voce ha parola. Restituire la parola dove manca o è soffocata dal malessere sociale resta l’esigenza ineludibile di ogni pedagogia. Dare suono e senso alla voce, farla sentire, nella parola è dare espressione ad attese e desideri, partecipativi di un sapere educativo del mondo della vita. Se mondo è dove c’è parola, vita è dove la voce non si smorza in un grido o resta attonita. La funzione propria della Pedagogia del mondo della vita è la formazione partecipativa di una città comune ovvero di una “città educativa” che impegna l’economia e la politica sul piano etico delle relazioni responsabili.
L'educazione della voce e la restituzione della parolaPer una pedagogia dl mondo della vita / Ferraro, Giuseppe. - STAMPA. - 1:(2011), pp. 145-160. (Intervento presentato al convegno Ricerca pedagogica e politiche della formazione tenutosi a Caserta nel 1-2 ottobre 2009).
L'educazione della voce e la restituzione della parolaPer una pedagogia dl mondo della vita
FERRARO, GIUSEPPE
2011
Abstract
Non basta sapere bene le cose, se poi non è dato sapere che cosa è bene fare. La competenza deve potersi accompagnare, ogni volta, all'appropriatezza della scelta dell’operare in una costante riflessività del “saper fare” e del “fare sapere”. La misura delle cose che si fanno è nelle relazioni che compongono. Chi insegna opera sulla doppia riga della “validità” formativa e della “valenza” educativa, al di fuori dello spazio comune, che le tiene in parallelo, la “valutazione” perde la sua funzione, la formazione scade in “formattazione” e l’educazione ripiega in una “relazione d’aiuto”. La Pedagogia si trova stretta tra economia politica e psicologia sociale. Nel mentre si trova invasa nei propri confini disciplinari, se ne reclama l’estensione come esigenza di ogni percorso di studio e la si espone a una frammentazione della relazione formativa in più settori di competenze che fanno perdere la vocazione originaria della partecipazione alla vita della Città, mistificata in processi di “inclusione” e “integrazione” normativi di regole senza relazioni. Le scuole d'eccezione, dove le regole sono contrastate dal disagio, validità e valenza si separano, mettendo in risalto l’esigenza di una pedagogia del mondo della vita quale fondo di ogni costruzione di modelli di sapere e di società. Le scuole d’eccezione sono luoghi di confine dell’istituzione delle forme e delle relazioni di sapere che si ritrovano “adattati” e “inappropriati” perché semplicemente trasposti su un registri che diventano costrittivi. Scuole d’eccezioni e scuole d’eccellenza sono gli estremi di una normalità formativa fluttuante, da un minimo a un massimo, che replica un modello in scala di sapere senza criticità. Lontano dall’eccellenza nelle scuole d’eccezioni sono possibili esperienze eccezionali sul piano educativo e formativo, tali da orientare diversamente, nelle differenze, percorsi che incidono sulle forme di sapere chiamate a dar conto di forme di vita. La scuola di don Milani resta esemplare per come un’eccezione abbia inciso sulle regole non confermandole, ma modificandole. I confini della città sono confini di voci. Una città arriva fin dove la voce ha parola. Restituire la parola dove manca o è soffocata dal malessere sociale resta l’esigenza ineludibile di ogni pedagogia. Dare suono e senso alla voce, farla sentire, nella parola è dare espressione ad attese e desideri, partecipativi di un sapere educativo del mondo della vita. Se mondo è dove c’è parola, vita è dove la voce non si smorza in un grido o resta attonita. La funzione propria della Pedagogia del mondo della vita è la formazione partecipativa di una città comune ovvero di una “città educativa” che impegna l’economia e la politica sul piano etico delle relazioni responsabili.File | Dimensione | Formato | |
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