Gli autori prospettano le dimensioni del ricorso aI parto cesareo che ha raggiunto, in particolare, in Italia, vaste proporzioni in contrasto con la soglia posta dall’OMS che fissa il limite massimo al 15%. Basti pensare che nel nostro paese si registra la maggiore incidenza d’Europa con una percentuale che è passata dal 24,3% del 1993 al 33,9% nel 2001 e con picchi regionali anche del 54%(Campania). Tale fenomeno è in correlazione sia al ricorso al parto cesareo su specifica richiesta di volontà della donna (pur in assenza di specifiche indicazioni terapeutiche) per motivazioni extrabiologiche come ad esempio i casi relativi al cosiddetto “bambino prezioso”, che per evitare ansia e dolore del pur fisiologico travaglio di parto. Si aggiunga poi l’atteggiamento “difensivo” dei medici nella scelta elettiva del taglio cesareo pur in assenza di indicazioni cliniche documentabili, al solo scopo di evitare possibili contenziosi giudiziari per eventuali sofferenze fetali intrapartum. Sull’aspetto di manifestazione di volontà della donna circa la tipologia di espletamento del parto mediante taglio cesareo, si crea inevitabilmente un conflitto di ordine etico-giuridico e deontologico in relazione alla legittima autodeterminazione della donna nella scelta del parto e il diritto del medico di agire liberamente e senza costrizioni. Su tale questione vi sono pareri discordanti. Da una parte alcuni autori ritengono che il rispetto della volontà decisionale della donna sia doveroso e le riconoscono per legge il diritto di disporre del proprio corpo. Secondo altri invece spetta al medico la valutazione del rapporto rischi/benefici. E’ evidente che,ad oggi, manca una omogeneità di opinioni nell’affrontare tale questione in assenza tra l’altro di precisi riferimenti normativi e deontologici in merito al comportamento che deve assumere il sanitario di fronte alla richiesta di parto cesareo “volontario”. Esso infatti, alla stregua di ogni altro intervento chirurgico, non è scevro da complicanze, sia pure oggi contenute dal rischio anestesiologico e da adeguata prevenzione. Secondo la corretta prassi medica (in accordo con quanto fatto rilevare dagli americani), il cesareo dovrebbe essere l’ultima risorsa e non un’opzione derivata dalla convenienza o basata sul difensivismo. Orbene, l’ostetrico quindi dovrebbe astenersi dall’effettuare un parto cesareo su richiesta purchè non sussistano chiare ed accertate indicazioni cliniche che possano compromettere la salute e la vita della gestante o del feto. Spetta quindi al medico, sulla base delle “leges artis”, scegliere il corretto approccio al parto e vigilare sull’evolversi della situazione. In caso di coincidenza tra richiesta del cesareo e sussistenza di una indicazione clinica ad effettuare lo stesso, ovviamente non si pone alcun problema. Viceversa, soprattutto al di fuori dell’urgenza/emergenza, il sanitario può rifiutarsi di praticare il taglio cesareo purchè non derivi nocumento per la salute della donna e/o del feto. Nella corretta gestione del parto, non ultimo, è l’aspetto relativo ad una corretta ed accurata informazione della donna allo scopo di promuovere consapevoli scelte di trattamento, rispettose non solo dei diritti di salute della gestante,ma anche del nascituro.

Riflessioni etico-deontologiche sulla libertà di scelta della donna tra taglio cesareo e parto vaginale / Niola, Massimo; Graziano, Vincenzo; Buccelli, Claudio. - STAMPA. - (2008), pp. 83-87. (Intervento presentato al convegno Gravidanza e taglio cesareo: esperienze a confronto tenutosi a Castelvolturno (CE) nel 17-18 settembre 2005).

Riflessioni etico-deontologiche sulla libertà di scelta della donna tra taglio cesareo e parto vaginale

NIOLA, MASSIMO;GRAZIANO, VINCENZO;BUCCELLI, CLAUDIO
2008

Abstract

Gli autori prospettano le dimensioni del ricorso aI parto cesareo che ha raggiunto, in particolare, in Italia, vaste proporzioni in contrasto con la soglia posta dall’OMS che fissa il limite massimo al 15%. Basti pensare che nel nostro paese si registra la maggiore incidenza d’Europa con una percentuale che è passata dal 24,3% del 1993 al 33,9% nel 2001 e con picchi regionali anche del 54%(Campania). Tale fenomeno è in correlazione sia al ricorso al parto cesareo su specifica richiesta di volontà della donna (pur in assenza di specifiche indicazioni terapeutiche) per motivazioni extrabiologiche come ad esempio i casi relativi al cosiddetto “bambino prezioso”, che per evitare ansia e dolore del pur fisiologico travaglio di parto. Si aggiunga poi l’atteggiamento “difensivo” dei medici nella scelta elettiva del taglio cesareo pur in assenza di indicazioni cliniche documentabili, al solo scopo di evitare possibili contenziosi giudiziari per eventuali sofferenze fetali intrapartum. Sull’aspetto di manifestazione di volontà della donna circa la tipologia di espletamento del parto mediante taglio cesareo, si crea inevitabilmente un conflitto di ordine etico-giuridico e deontologico in relazione alla legittima autodeterminazione della donna nella scelta del parto e il diritto del medico di agire liberamente e senza costrizioni. Su tale questione vi sono pareri discordanti. Da una parte alcuni autori ritengono che il rispetto della volontà decisionale della donna sia doveroso e le riconoscono per legge il diritto di disporre del proprio corpo. Secondo altri invece spetta al medico la valutazione del rapporto rischi/benefici. E’ evidente che,ad oggi, manca una omogeneità di opinioni nell’affrontare tale questione in assenza tra l’altro di precisi riferimenti normativi e deontologici in merito al comportamento che deve assumere il sanitario di fronte alla richiesta di parto cesareo “volontario”. Esso infatti, alla stregua di ogni altro intervento chirurgico, non è scevro da complicanze, sia pure oggi contenute dal rischio anestesiologico e da adeguata prevenzione. Secondo la corretta prassi medica (in accordo con quanto fatto rilevare dagli americani), il cesareo dovrebbe essere l’ultima risorsa e non un’opzione derivata dalla convenienza o basata sul difensivismo. Orbene, l’ostetrico quindi dovrebbe astenersi dall’effettuare un parto cesareo su richiesta purchè non sussistano chiare ed accertate indicazioni cliniche che possano compromettere la salute e la vita della gestante o del feto. Spetta quindi al medico, sulla base delle “leges artis”, scegliere il corretto approccio al parto e vigilare sull’evolversi della situazione. In caso di coincidenza tra richiesta del cesareo e sussistenza di una indicazione clinica ad effettuare lo stesso, ovviamente non si pone alcun problema. Viceversa, soprattutto al di fuori dell’urgenza/emergenza, il sanitario può rifiutarsi di praticare il taglio cesareo purchè non derivi nocumento per la salute della donna e/o del feto. Nella corretta gestione del parto, non ultimo, è l’aspetto relativo ad una corretta ed accurata informazione della donna allo scopo di promuovere consapevoli scelte di trattamento, rispettose non solo dei diritti di salute della gestante,ma anche del nascituro.
2008
Riflessioni etico-deontologiche sulla libertà di scelta della donna tra taglio cesareo e parto vaginale / Niola, Massimo; Graziano, Vincenzo; Buccelli, Claudio. - STAMPA. - (2008), pp. 83-87. (Intervento presentato al convegno Gravidanza e taglio cesareo: esperienze a confronto tenutosi a Castelvolturno (CE) nel 17-18 settembre 2005).
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11588/488150
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