Nella diagnostica prenatale vanno individuate una fase “preconcezionale” ed una definibile “prenatale” in senso stretto. A quest’ultima compete il maggior carico di problematiche di ordine etico, deontologico e giuridico, essendovi doppiamente coinvolti concepito e gestante. Gli interventi e le sperimentazioni del feto possono comprometterne vita o la salute. Poiché deve esservi un’attenta commisurazione tra rischiosità di procedure e tecniche impiegate è inaccettabile una indiscriminata generalizzazione di queste e meno che mai qualunque atto finalizzato alla profilassi del bambino malato mediante l’aborto. Il punto nodale della questione etica della diagnostica prenatale è rappresentato dalle conseguenze operative dell’accertata malformazione sicchè la richiesta di un tal genere di diagnostica si qualifica eticamente in fase alle finalità che si intendono perseguire una volta conosciute le condizioni biologiche del feto, con coinvolgimento morale non solo della gestante ma anche dell’ostetrico e di chi lo collabora. Non completamente esplorate e definite in dottrina appaiono le conseguenze giuridiche (specie in ambito penalistico) della lesività colposa arrecata al feto, potendo configurarsi tre distanti fattispecie di eventi a carico del neonato dopo la produzione di lesioni prenatali: nascita con menomazione, morte, nascita e successiva morte del neonato/bambino. Discusse la rilevanza etico-deontologica e giuridica delle tre suddette ipotesi le riflessioni svolte nel lavoro si rivolgono all’informazione di malformazioni e anomalie e fetali alla gravida e loro conseguenze nell’ipotesi di ammissione, carente o errata comunicazione di tali eventi biologici.
Alcune riflessioni etiche, deontologiche e giuridiche in tema di diagnostica prenatale / Buccelli, Claudio. - STAMPA. - (1990), pp. 119-129. (Intervento presentato al convegno Problematiche nella diagnosi prenatale tenutosi a Napoli nel 28 maggio 1990).
Alcune riflessioni etiche, deontologiche e giuridiche in tema di diagnostica prenatale
BUCCELLI, CLAUDIO
1990
Abstract
Nella diagnostica prenatale vanno individuate una fase “preconcezionale” ed una definibile “prenatale” in senso stretto. A quest’ultima compete il maggior carico di problematiche di ordine etico, deontologico e giuridico, essendovi doppiamente coinvolti concepito e gestante. Gli interventi e le sperimentazioni del feto possono comprometterne vita o la salute. Poiché deve esservi un’attenta commisurazione tra rischiosità di procedure e tecniche impiegate è inaccettabile una indiscriminata generalizzazione di queste e meno che mai qualunque atto finalizzato alla profilassi del bambino malato mediante l’aborto. Il punto nodale della questione etica della diagnostica prenatale è rappresentato dalle conseguenze operative dell’accertata malformazione sicchè la richiesta di un tal genere di diagnostica si qualifica eticamente in fase alle finalità che si intendono perseguire una volta conosciute le condizioni biologiche del feto, con coinvolgimento morale non solo della gestante ma anche dell’ostetrico e di chi lo collabora. Non completamente esplorate e definite in dottrina appaiono le conseguenze giuridiche (specie in ambito penalistico) della lesività colposa arrecata al feto, potendo configurarsi tre distanti fattispecie di eventi a carico del neonato dopo la produzione di lesioni prenatali: nascita con menomazione, morte, nascita e successiva morte del neonato/bambino. Discusse la rilevanza etico-deontologica e giuridica delle tre suddette ipotesi le riflessioni svolte nel lavoro si rivolgono all’informazione di malformazioni e anomalie e fetali alla gravida e loro conseguenze nell’ipotesi di ammissione, carente o errata comunicazione di tali eventi biologici.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.