Lo studio si propone di analizzare l’espressione delle relazioni temporali, con particolare riferimento all’area del passato, in racconti fittizi e biografici prodotti da diversi gruppi di apprendenti, nella fattispecie da immigrati slavi (ucraini e polacchi), maghrebini, ghanesi, senegalesi e romeni, tutti di livello postbasico molto avanzato, con apprendimento per alcuni misto (istituzionale e naturale), per altri spontaneo. L’uso dei tempi del passato è stato correlato ad alcune variabili socio-biografiche ovvero eventuali progetti futuri in Italia, figli nati o scolarizzati in Italia, il livello di istruzione, l’età, le relazioni con italiani, la frequentazione di corsi di italiano. Tutti i soggetti in questione risiedono nell’area di Napoli e dintorni, un’area particolarmente interessante per l’uso del passato, poiché l’input di esposizione fornisce ai residenti tre forme: il passato prossimo o composto, il passato remoto o semplice e l’imperfetto. L’area della morfologia verbale è crucialissima nell’acquisizione di una lingua straniera, tuttavia, dal punto di vista acquisizionale, il passato prossimo potrebbe rivelarsi l’unica forma acquisita perché più trasparente (analitico) in termini morfologici rispetto al remoto e dunque più semplice da apprendere. L’ipotesi che abbiamo fatto è che i soggetti particolarmente integrati saranno in grado di utilizzare tutte le forme loro fornite dall’input dell’area partenopea, ivi incluso il passato remoto. La nostra analisi dimostrerà che le forme del passato impiegate dagli immigrati non sono diverse da quelle dei nativi (passato prossimo, passato remoto e imperfetto), ma che l’impiego del remoto si correla con alcune variabili socio-biografiche. L’uso poi di tutte le forme verbali (incluso il remoto) può presentare, in termini testuali, delle divergenze rispetto all’uso che ne fanno i nativi con conseguenze evidenti per la consecutio temporum e l’organizzazione olistica del testo narrativo. Tali divergenze non sembrano essere legate ad alcuna caratterizzazione socio-biografica ma sono l’espressione di un mancato raggiungimento di una competenza nativa, tipico di qualsiasi apprendente adulto di una lingua straniera.

L'uso dei tempi del passato come segnale di integrazione linguistica / Giuliano, Patrizia; R., Russo. - (2013). (Intervento presentato al convegno L'integrazione degli immigrati nelle società di destinazione: molteplicità di dimensioni e approcci tenutosi a Università degòi Studi di Napoli, Napoli nel 16 dicembre 2013).

L'uso dei tempi del passato come segnale di integrazione linguistica

GIULIANO, PATRIZIA;
2013

Abstract

Lo studio si propone di analizzare l’espressione delle relazioni temporali, con particolare riferimento all’area del passato, in racconti fittizi e biografici prodotti da diversi gruppi di apprendenti, nella fattispecie da immigrati slavi (ucraini e polacchi), maghrebini, ghanesi, senegalesi e romeni, tutti di livello postbasico molto avanzato, con apprendimento per alcuni misto (istituzionale e naturale), per altri spontaneo. L’uso dei tempi del passato è stato correlato ad alcune variabili socio-biografiche ovvero eventuali progetti futuri in Italia, figli nati o scolarizzati in Italia, il livello di istruzione, l’età, le relazioni con italiani, la frequentazione di corsi di italiano. Tutti i soggetti in questione risiedono nell’area di Napoli e dintorni, un’area particolarmente interessante per l’uso del passato, poiché l’input di esposizione fornisce ai residenti tre forme: il passato prossimo o composto, il passato remoto o semplice e l’imperfetto. L’area della morfologia verbale è crucialissima nell’acquisizione di una lingua straniera, tuttavia, dal punto di vista acquisizionale, il passato prossimo potrebbe rivelarsi l’unica forma acquisita perché più trasparente (analitico) in termini morfologici rispetto al remoto e dunque più semplice da apprendere. L’ipotesi che abbiamo fatto è che i soggetti particolarmente integrati saranno in grado di utilizzare tutte le forme loro fornite dall’input dell’area partenopea, ivi incluso il passato remoto. La nostra analisi dimostrerà che le forme del passato impiegate dagli immigrati non sono diverse da quelle dei nativi (passato prossimo, passato remoto e imperfetto), ma che l’impiego del remoto si correla con alcune variabili socio-biografiche. L’uso poi di tutte le forme verbali (incluso il remoto) può presentare, in termini testuali, delle divergenze rispetto all’uso che ne fanno i nativi con conseguenze evidenti per la consecutio temporum e l’organizzazione olistica del testo narrativo. Tali divergenze non sembrano essere legate ad alcuna caratterizzazione socio-biografica ma sono l’espressione di un mancato raggiungimento di una competenza nativa, tipico di qualsiasi apprendente adulto di una lingua straniera.
2013
L'uso dei tempi del passato come segnale di integrazione linguistica / Giuliano, Patrizia; R., Russo. - (2013). (Intervento presentato al convegno L'integrazione degli immigrati nelle società di destinazione: molteplicità di dimensioni e approcci tenutosi a Università degòi Studi di Napoli, Napoli nel 16 dicembre 2013).
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