Nel mondo classico antico, nel quale, come è noto, viene attribuito un forte potere simbolico alla vocalità e alla sua capa¬cità di esprimere significati ed emozioni e dove il «primato della voce appartiene naturalmente all’ἄνϑρωπος, homo loquens per antonomasia» (De Martino 1995), la voce femminile sembra essere identificabile prevalentemente in base ad alcuni correlati di natura fisica (l’acutezza, ad esempio), psichica (si tratta, molto spesso, di una voce for¬temente connotata sul piano dell’espressione emotiva, della capacità di seduzione) e, più genericamente, culturale (voce magica, straniera, incolta). Tali sono infatti le voci femminili che troviamo più frequentemente rappresentate in letteratura; si tratta tuttavia di voci molto particolari, di donne particolari, come ad esempio le Sibille di cui vi sono ampie testimonianze sin dall'antichità classica, quindi nelle espressioni letterarie del paganesimo e del cristianesimo in età tardo-antica, fino ai primi processi per stregoneria tra Trecento e Cinquecento. La Sibilla, infatti, allo stesso tempo «unica e molteplice», è figura femminile singolarmente caratterizzata da «mobilità dello spazio» e «da lunga durata nel tempo». Mentre fino alla metà del IV secolo la Sibilla era stata intesa come una sola e specifica figura di donna dotata di capacità profetiche o come una qualsiasi donna purché dotata delle stesse qualità, a partire dall'età ellenistica si accentua il fenomeno della sua 'proliferazione' come «figura di sapere femminile» (Varrone elenca dieci Sibille) che trova quindi accoglienza in tutte le culture e tradizioni religiose del mondo antico finché, nel Cinquecento, Sibilla diventerà nome comune per le streghe, di cui vi è traccia, ancora oggi, nelle tradizioni popolari italiane. Questo contributo intende esplorare le testimonianze letterarie più rappresentative della voce delle Sibille, manifestazioni di vocalità disarticolate (φϑόγγος), di voci cantate, espressioni di delirio o vaneggiamento, manifestazioni dirette del luogo a cui sono di volta in volta associate, e pertanto a luoghi perlopiù inaccessibili e rocciosi quindi al di là delle «mediazioni del sacro rappresentate dal dio o dalla logica del santuario» (McClintock 1998), ma anche voci di donne che dicono una verità terribile, di cui non si ride (ἀγέλαστα: Heracl. fr. 92 DK), voci veritiere, 'porta-parola' dell'unico Dio (Agostino), streghe predicatrici di cose future e nascoste (processo di stregoneria del 1384 in E. Verga 1899).

Le voci delle Sibille tra cultura classica e cristianesimo / Dovetto, FRANCESCA MARIA. - (2013). (Intervento presentato al convegno XIII Encuentro Internacional de Estudios Clásicos "Cultura helenística y Cristianismo primitivo: actualidad de un (des)encuentro" tenutosi a Santiago de Chile nel 5-7 novembre 2013).

Le voci delle Sibille tra cultura classica e cristianesimo

DOVETTO, FRANCESCA MARIA
2013

Abstract

Nel mondo classico antico, nel quale, come è noto, viene attribuito un forte potere simbolico alla vocalità e alla sua capa¬cità di esprimere significati ed emozioni e dove il «primato della voce appartiene naturalmente all’ἄνϑρωπος, homo loquens per antonomasia» (De Martino 1995), la voce femminile sembra essere identificabile prevalentemente in base ad alcuni correlati di natura fisica (l’acutezza, ad esempio), psichica (si tratta, molto spesso, di una voce for¬temente connotata sul piano dell’espressione emotiva, della capacità di seduzione) e, più genericamente, culturale (voce magica, straniera, incolta). Tali sono infatti le voci femminili che troviamo più frequentemente rappresentate in letteratura; si tratta tuttavia di voci molto particolari, di donne particolari, come ad esempio le Sibille di cui vi sono ampie testimonianze sin dall'antichità classica, quindi nelle espressioni letterarie del paganesimo e del cristianesimo in età tardo-antica, fino ai primi processi per stregoneria tra Trecento e Cinquecento. La Sibilla, infatti, allo stesso tempo «unica e molteplice», è figura femminile singolarmente caratterizzata da «mobilità dello spazio» e «da lunga durata nel tempo». Mentre fino alla metà del IV secolo la Sibilla era stata intesa come una sola e specifica figura di donna dotata di capacità profetiche o come una qualsiasi donna purché dotata delle stesse qualità, a partire dall'età ellenistica si accentua il fenomeno della sua 'proliferazione' come «figura di sapere femminile» (Varrone elenca dieci Sibille) che trova quindi accoglienza in tutte le culture e tradizioni religiose del mondo antico finché, nel Cinquecento, Sibilla diventerà nome comune per le streghe, di cui vi è traccia, ancora oggi, nelle tradizioni popolari italiane. Questo contributo intende esplorare le testimonianze letterarie più rappresentative della voce delle Sibille, manifestazioni di vocalità disarticolate (φϑόγγος), di voci cantate, espressioni di delirio o vaneggiamento, manifestazioni dirette del luogo a cui sono di volta in volta associate, e pertanto a luoghi perlopiù inaccessibili e rocciosi quindi al di là delle «mediazioni del sacro rappresentate dal dio o dalla logica del santuario» (McClintock 1998), ma anche voci di donne che dicono una verità terribile, di cui non si ride (ἀγέλαστα: Heracl. fr. 92 DK), voci veritiere, 'porta-parola' dell'unico Dio (Agostino), streghe predicatrici di cose future e nascoste (processo di stregoneria del 1384 in E. Verga 1899).
2013
Le voci delle Sibille tra cultura classica e cristianesimo / Dovetto, FRANCESCA MARIA. - (2013). (Intervento presentato al convegno XIII Encuentro Internacional de Estudios Clásicos "Cultura helenística y Cristianismo primitivo: actualidad de un (des)encuentro" tenutosi a Santiago de Chile nel 5-7 novembre 2013).
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11588/569922
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