A quarant’anni dal varo, il saggio verifica la felice navigazione dei Quaderni fiorentini per la storia del pensiero giuridico moderno per aver, con opportuni adeguamenti ed anche nell’avvicendarsi dei componenti nel ristretto Consiglio di Redazione, seguito la rotta tracciata con chiarezza d’intenti dal Fondatore nella Pagina introduttiva del 1972. Si evidenzia, infatti, che da subito Grossi volle indicare del nascente spazio di discussione scientifica le peculiarità, tutte di radicale innovazione confluenti nell’assoluta originalità del metodo secondo cui la storia del diritto, in quanto conoscenza della vita sociale, si pone “entro” la scienza giuridica, costituendone «un indispensabile paramentro identitario». Alla luce di questa chiave di lettura, il ‘colloquio’ che di volta in volta avrebbe coinvolto, come poi in effetti è avvenuto, storici e ‘vigentisti’ si sarebbe sviluppato sempre tra giuristi: era, per così dire, la strumentazione d’approccio che di volta in volta cambiava, non la materia. Allo stesso tempo, con implicazioni di rilievo sull’intero assetto della disciplina e delle mentalità degli studiosi, l’opzione per la ‘modernità’ veniva nella Rivista configurata come ineludibile, perché era proprio in quella sfera temporale che poteva trovare la sua specifica linfa ‘vitale’ «un soggetto – sono parole di Paolo Grossi – che ama e vuole, un soggetto che tra le molte dimensioni psicologiche punta sulla più autonoma, sulla più auto-referenziale – la volontà – per reperirvi una identità, ma anche la propria cifra vincente». In definitiva il saggio pone in luce la ratio di una singolare simbiosi, una peculiarissima, riuscita ‘compenetrazione’ tra storia del diritto e diritto positivo.
La sfida di un perdurante dialogo tra giuristi alla ricerca d'identità / Cernigliaro, Aurelio. - (2014), pp. 293-323.
La sfida di un perdurante dialogo tra giuristi alla ricerca d'identità
CERNIGLIARO, AURELIO
2014
Abstract
A quarant’anni dal varo, il saggio verifica la felice navigazione dei Quaderni fiorentini per la storia del pensiero giuridico moderno per aver, con opportuni adeguamenti ed anche nell’avvicendarsi dei componenti nel ristretto Consiglio di Redazione, seguito la rotta tracciata con chiarezza d’intenti dal Fondatore nella Pagina introduttiva del 1972. Si evidenzia, infatti, che da subito Grossi volle indicare del nascente spazio di discussione scientifica le peculiarità, tutte di radicale innovazione confluenti nell’assoluta originalità del metodo secondo cui la storia del diritto, in quanto conoscenza della vita sociale, si pone “entro” la scienza giuridica, costituendone «un indispensabile paramentro identitario». Alla luce di questa chiave di lettura, il ‘colloquio’ che di volta in volta avrebbe coinvolto, come poi in effetti è avvenuto, storici e ‘vigentisti’ si sarebbe sviluppato sempre tra giuristi: era, per così dire, la strumentazione d’approccio che di volta in volta cambiava, non la materia. Allo stesso tempo, con implicazioni di rilievo sull’intero assetto della disciplina e delle mentalità degli studiosi, l’opzione per la ‘modernità’ veniva nella Rivista configurata come ineludibile, perché era proprio in quella sfera temporale che poteva trovare la sua specifica linfa ‘vitale’ «un soggetto – sono parole di Paolo Grossi – che ama e vuole, un soggetto che tra le molte dimensioni psicologiche punta sulla più autonoma, sulla più auto-referenziale – la volontà – per reperirvi una identità, ma anche la propria cifra vincente». In definitiva il saggio pone in luce la ratio di una singolare simbiosi, una peculiarissima, riuscita ‘compenetrazione’ tra storia del diritto e diritto positivo.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.