La salvaguardia dei beni culturali chiede ai nuovi materiali prestazioni sempre maggiori per poter perseguire in maniera ancor più stringente gli obiettivi della conservazione e della fruizione dell’enorme patrimonio costruito del nostro paese. La logica, che a volte più che una richiesta è piuttosto una speranza, è quella del “nuovo” come possibilità di intervento di massimo rispetto del bene culturale. Nella consapevolezza che nessuno dei materiali nuovi, neppure quelli intelligenti, può garantire appieno la conservazione, ma che tutti possono contribuire a garantire la fruizione, si delineano possibili risposte, diversamente misurabili in termini di interazione e di impatto, sia sostanziale che percettivo, che proiettano il bene culturale nella realtà odierna, secondo un rapporto dialettico tra nuovo e preesistente. Le parole di Giò Ponti risuonano come un segnale di attenzione e inducono ad una riflessione profonda. Non esiste una risposta alla domanda qual è il materiale più resistente, da impiegare in un certo contesto. E neppure quello più innovativo in assoluto. Tantomeno quello maggiormente in grado di garantire pienamente la reversibilità dell’atto conservativo. E se dal materiale innovativo, in generale, ci si attende una risposta quasi “prodigiosa”, ci sono due riflessioni da fare. I materiali più innovativi sono il progetto e il bene culturale stesso, ciascuno sinergicamente interagente con l’altro. È la materialità del contesto del bene culturale il materiale principe, innovativo in quanto dalla sua conoscenza hanno origine le scelte che a poco a poco organizzano il progetto, in tutta la sua dimensione sostanziale e linguistica di nuovo che trasforma. E anche nell’obiettivo della conservazione c’è trasformazione, percettibile o meno, ma efficace e concreta. Altro materiale pienamente innovativo è il progetto, per la potenzialità di rinnovare e rigenerare la cultura della conservazione. L’approccio al costruito si arricchisce di nuove valenze che materializzano l’innovazione nel progetto. E nel progetto i materiali si ritagliano unicamente un valore strumentale, man mano che evolve verso la sua definizione compiuta. Dunque, il nuovo è il progetto. È nei modi in cui si adoperano i materiali, vecchi o nuovi che siano. Ed è proprio nelle modalità d’impiego che risiede la qualità del progetto, che, a sua volta parametra l’obiettivo della conservazione. Attraverso l’azione strumentale dei materiali, compresi quelli più nuovi, il progetto misura la convergenza fra trasformazione e conservazione. L’invasività dell’approccio è nel progetto, non nel materiale. Spesso nell’uso del materiale si adottano tecniche particolarmente invasive che inficiano la qualità del progetto. Quindi è l’approccio al contesto costruito che detta le regole dell’intervento a farsi, condizionandone la qualità, ed esso nasce dall’esperienza percettiva del bene culturale in tutta la sua materialità.

Materiali innovativi e conservazione / Ausiello, Gigliola. - 1:(2017), pp. 465-522.

Materiali innovativi e conservazione

Gigliola Ausiello
2017

Abstract

La salvaguardia dei beni culturali chiede ai nuovi materiali prestazioni sempre maggiori per poter perseguire in maniera ancor più stringente gli obiettivi della conservazione e della fruizione dell’enorme patrimonio costruito del nostro paese. La logica, che a volte più che una richiesta è piuttosto una speranza, è quella del “nuovo” come possibilità di intervento di massimo rispetto del bene culturale. Nella consapevolezza che nessuno dei materiali nuovi, neppure quelli intelligenti, può garantire appieno la conservazione, ma che tutti possono contribuire a garantire la fruizione, si delineano possibili risposte, diversamente misurabili in termini di interazione e di impatto, sia sostanziale che percettivo, che proiettano il bene culturale nella realtà odierna, secondo un rapporto dialettico tra nuovo e preesistente. Le parole di Giò Ponti risuonano come un segnale di attenzione e inducono ad una riflessione profonda. Non esiste una risposta alla domanda qual è il materiale più resistente, da impiegare in un certo contesto. E neppure quello più innovativo in assoluto. Tantomeno quello maggiormente in grado di garantire pienamente la reversibilità dell’atto conservativo. E se dal materiale innovativo, in generale, ci si attende una risposta quasi “prodigiosa”, ci sono due riflessioni da fare. I materiali più innovativi sono il progetto e il bene culturale stesso, ciascuno sinergicamente interagente con l’altro. È la materialità del contesto del bene culturale il materiale principe, innovativo in quanto dalla sua conoscenza hanno origine le scelte che a poco a poco organizzano il progetto, in tutta la sua dimensione sostanziale e linguistica di nuovo che trasforma. E anche nell’obiettivo della conservazione c’è trasformazione, percettibile o meno, ma efficace e concreta. Altro materiale pienamente innovativo è il progetto, per la potenzialità di rinnovare e rigenerare la cultura della conservazione. L’approccio al costruito si arricchisce di nuove valenze che materializzano l’innovazione nel progetto. E nel progetto i materiali si ritagliano unicamente un valore strumentale, man mano che evolve verso la sua definizione compiuta. Dunque, il nuovo è il progetto. È nei modi in cui si adoperano i materiali, vecchi o nuovi che siano. Ed è proprio nelle modalità d’impiego che risiede la qualità del progetto, che, a sua volta parametra l’obiettivo della conservazione. Attraverso l’azione strumentale dei materiali, compresi quelli più nuovi, il progetto misura la convergenza fra trasformazione e conservazione. L’invasività dell’approccio è nel progetto, non nel materiale. Spesso nell’uso del materiale si adottano tecniche particolarmente invasive che inficiano la qualità del progetto. Quindi è l’approccio al contesto costruito che detta le regole dell’intervento a farsi, condizionandone la qualità, ed esso nasce dall’esperienza percettiva del bene culturale in tutta la sua materialità.
2017
978-88-15-27456-4
Materiali innovativi e conservazione / Ausiello, Gigliola. - 1:(2017), pp. 465-522.
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11588/696280
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