I contesti sanitari sono sempre più ambito specifico di analisi antropologica per la peculiarità dei loro codici e regole, la complessità delle pratiche di cura e dei protocolli messi in atto e le conseguenti potenzialità applicative. Il volume della collana Antropologia (double blind peer-review), frutto di un lungo lavoro di ricerca sul campo, un contesto ospedaliero occidentale, descrive e analizza, nella prospettiva dell’antropologia medica e con una rigorosa metodologia etnografica, le problematiche collegate alla diagnosi di diabete mellito di tipo 1 in età evolutiva e le modalità di cura messe in atto dal personale sanitario per fronteggiare la cronicità. L’autore si muove nel reparto pediatrico di un ospedale universitario dedicato alla cura del diabete per evidenziare le dinamiche di produzione di una specifica cultura che, includendo quella biomedica e quella dei giovani pazienti e familiari, produce quella globale del diabete, con un preciso sguardo alle dimensioni sociali, alla corporeità dei soggetti, alle rielaborazioni dei vissuti e ai significati culturali delle rappresentazioni. Le storie di malattia narrate fanno emergere le differenti modalità di reazione alla sua comparsa e consentono di ridefinire, in un’ottica più ampia, gli stessi concetti di diagnosi e cura. L’attenzione all’interpretazione del paziente, ai significati continuamente rinegoziabili che questi attribuisce a ciò che gli accade, è una costante di questo lavoro. La ricerca mostra quanto la cura sia un concetto complesso non circoscrivibile alla sola prospettiva biomedica, perché attiene alle relazioni umane e all’umanità delle relazioni e presuppone la tecnica dell’ascolto e del dialogo, che si compone di parole e gesti; la sua efficacia non si esaurisce nella produzione della guarigione, ma si amplia nella strutturazione di processi di relazione. Questi ultimi costituiscono un potente strumento in grado di attivare quel coinvolgimento che, assicurando un’elaborazione dell’esperienza, aiuta a superare la condizione di passività e dolore e facilita il necessario percorso di accettazione e cura per imparare a convivere creativamente con la malattia, mostrando a se stessi e agli altri tutte le potenzialità umane di un corpo che può, a questo punto, fuori di ogni paradosso, anche “guarire”.
Vivere (con) il diabete. Uno sguardo antropologico su corpo, malattia e processi di cura / Zito, Eugenio. - (2016), pp. 1-275.
Vivere (con) il diabete. Uno sguardo antropologico su corpo, malattia e processi di cura
Eugenio Zito
2016
Abstract
I contesti sanitari sono sempre più ambito specifico di analisi antropologica per la peculiarità dei loro codici e regole, la complessità delle pratiche di cura e dei protocolli messi in atto e le conseguenti potenzialità applicative. Il volume della collana Antropologia (double blind peer-review), frutto di un lungo lavoro di ricerca sul campo, un contesto ospedaliero occidentale, descrive e analizza, nella prospettiva dell’antropologia medica e con una rigorosa metodologia etnografica, le problematiche collegate alla diagnosi di diabete mellito di tipo 1 in età evolutiva e le modalità di cura messe in atto dal personale sanitario per fronteggiare la cronicità. L’autore si muove nel reparto pediatrico di un ospedale universitario dedicato alla cura del diabete per evidenziare le dinamiche di produzione di una specifica cultura che, includendo quella biomedica e quella dei giovani pazienti e familiari, produce quella globale del diabete, con un preciso sguardo alle dimensioni sociali, alla corporeità dei soggetti, alle rielaborazioni dei vissuti e ai significati culturali delle rappresentazioni. Le storie di malattia narrate fanno emergere le differenti modalità di reazione alla sua comparsa e consentono di ridefinire, in un’ottica più ampia, gli stessi concetti di diagnosi e cura. L’attenzione all’interpretazione del paziente, ai significati continuamente rinegoziabili che questi attribuisce a ciò che gli accade, è una costante di questo lavoro. La ricerca mostra quanto la cura sia un concetto complesso non circoscrivibile alla sola prospettiva biomedica, perché attiene alle relazioni umane e all’umanità delle relazioni e presuppone la tecnica dell’ascolto e del dialogo, che si compone di parole e gesti; la sua efficacia non si esaurisce nella produzione della guarigione, ma si amplia nella strutturazione di processi di relazione. Questi ultimi costituiscono un potente strumento in grado di attivare quel coinvolgimento che, assicurando un’elaborazione dell’esperienza, aiuta a superare la condizione di passività e dolore e facilita il necessario percorso di accettazione e cura per imparare a convivere creativamente con la malattia, mostrando a se stessi e agli altri tutte le potenzialità umane di un corpo che può, a questo punto, fuori di ogni paradosso, anche “guarire”.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.