n Italia il bufalo (Bubalis bubalis, detto anche water buffalo) viene allevato essenzialmente per la produzione di latte, che, per la sua particolare composizione, risulta più adatto per la trasformazione che per il consumo diretto. Il latte bufalino ha sapore dolce e colore bianco opaco dovuto all'assenza di carotenoidi con un pH che oscilla tra 6,6-6,8 (de Franciscis et al., 1963) ed una percentuale di lattosio mediamente del 4,9%. Le principali differenze di natura chimica e chimico-fisica tra il latte bufalino e bovino sono rappresentate dal contenuto in grasso (8,39% vs 3,58%) e in proteine (4,66% vs 3,24%) (AIA 2003), caratteri, questi, responsabili di differenze nella resa alla trasformazione. In merito al suo contenuto proteico, nel latte di bufala, analogamente a quello degli altri ruminanti, sono presenti sei principali proteine: quattro caseine (alpha s1, beta, alpha s2 e k) codificate da altrettanti geni autosomici strettamente associati (CSN1S1, CSN2, CSN1S2 e CSN3), e due sieroproteine, beta-lattoglobulina (LGB) e alpha-lattoalbumina (LAA). Il latte di bufala è utilizzato quasi esclusivamente per la produzione di mozzarella, pertanto lo scopo della selezione non è solo quello di aumentare la quantità del latte, ma, anche, di migliorare la sua attitudine alla trasformazione. I geni che codificano per le proteine del latte e che controllano la produzione del grasso sono considerati geni candidati per il raggiungimento di tale obiettivo. Ad esempio, è ormai accertato che le differenze nella struttura primaria delle proteine del latte ed, in particolare, i diversi rapporti quantitativi tra le quattro caseine sono responsabili di differenze nelle sue proprietà tecnologiche (Grosclaude et al., 1994; Mariani et al., 1996). Diversi esempi mostrano che, in diversi casi, le maggiori differenze nel contenuto di una particolare proteina nel latte bovino e ovi-caprino sono determinate da mutazioni realizzatesi nei geni che le codificano (per una review vedi Masina et al., 1995; Formaggioni et al., 1999). Di particolare rilievo è l'analogia osservata tra allele CSN1S1 G nella specie bovina e l'allele CSN1S1 E nella specie caprina sia dal punto di vista proteico (basso livello di sintesi) che per quanto riguarda l'evento molecolare che li caratterizza (inserzione di un LINE nell'ultimo esone del gene) (Rando et al., 1998; Jansá Perez et al. 1994). Inoltre, per ciascun gene delle caseine calcio sensibili di capra (CSN1S1, CSN2 e CSN1S2), è stato individuato almeno un allele associato ad un contenuto “nullo” della proteina corrispondente (Di Gregorio et al., 1989; Leroux et al., 1990; Rando et al., 1996; Ramunno et al., 2001). Infine, recentemente è stato identificato un polimorfismo relativo al gene diacilglicerol O-aciltransferasi 1 (DGAT1) (Winter et al., 2002), che sembrerebbe influenzare il contenuto del grasso nel latte bovino. Di contro, a tutt'oggi nella specie bufalina sono stati osservati esclusivamente polimorfismi di tipo qualitativo. A ciascuno dei loci delle caseine calcio sensibili sono state identificati almeno due alleli (Shaker and Bhatia, 1996; Ferranti et al., 1998; Mitra et al., 1998) ed in una popolazione bufalina allevata in Italia, Chianese et al. (2001) hanno identificato una variante meno glicosilata dell'alpha-lattoalbumina. Un recente studio realizzato su campioni individuali di latte di bufala, appartenenti alla stessa mandria, ha messo in evidenza significative differenze sulla resa di caseificazione a parità di proteina totale (Zicarelli L, comunicazione personale). E' ipotizzabile, pertanto, che anche la specie bufalina, analogamente a quanto osservato per le altre specie di ruminanti, possa caratterizzarsi per la presenza di alleli associati a differenze quantitative nella loro espressione e che la ridotta variabilità genetica osservata fino ad oggi, molto probabilmente, sia da mettere in relazione ai pochi studi realizzati in tale settore. Ad esempio, a tutt'oggi in Banche Dati per la specie bufalina, a differenza delle restanti specie di ruminanti di interesse zootecnico, vengono riportate solo sequenze relative a cDNA parziali o, come nel caso del gene DGAT1, totale assenza di informazioni. Tuttavia, dato l'elevato grado di omologia genetica tra i diversi mammiferi, le informazioni genetiche ottenute dall'analisi del genoma bovino e ovi-caprino possono essere utilizzate per l'analisi degli stessi geni nelle specie bufalina e quindi per l'identificazione di marcatori genetici che possano fornire informazioni utili per migliorare le prestazioni produttive e riproduttive della specie. Il programma proposto si prefigge, attraverso l'utilizzo delle tecniche di biologia molecolare, di identificare la naturale variabilità esistente nel gene che regola la sintesi del grasso nel latte di bufala al fine selezionare animali che producano un latte con caratteristiche tecnologiche e nutrizionali che meglio possano soddisfare le nuove e sempre più sofisticate richieste del mercato lattiero-caseario e le necessità nutrizionali e dietetiche dell'organismo nelle diverse fasi della vita.
Analisi strutturale e funzionale del gene che codifica l'Acil CoA:diacilglicerolo aciltransferasi (DGAT) nella specie bufalina / Cosenza, G. - (2003). (Intervento presentato al convegno Analisi strutturale e funzionale dei geni che controllano la produzione di grasso negli animali di interesse zootecnico nel 2003).
Analisi strutturale e funzionale del gene che codifica l'Acil CoA:diacilglicerolo aciltransferasi (DGAT) nella specie bufalina.
Cosenza G
2003
Abstract
n Italia il bufalo (Bubalis bubalis, detto anche water buffalo) viene allevato essenzialmente per la produzione di latte, che, per la sua particolare composizione, risulta più adatto per la trasformazione che per il consumo diretto. Il latte bufalino ha sapore dolce e colore bianco opaco dovuto all'assenza di carotenoidi con un pH che oscilla tra 6,6-6,8 (de Franciscis et al., 1963) ed una percentuale di lattosio mediamente del 4,9%. Le principali differenze di natura chimica e chimico-fisica tra il latte bufalino e bovino sono rappresentate dal contenuto in grasso (8,39% vs 3,58%) e in proteine (4,66% vs 3,24%) (AIA 2003), caratteri, questi, responsabili di differenze nella resa alla trasformazione. In merito al suo contenuto proteico, nel latte di bufala, analogamente a quello degli altri ruminanti, sono presenti sei principali proteine: quattro caseine (alpha s1, beta, alpha s2 e k) codificate da altrettanti geni autosomici strettamente associati (CSN1S1, CSN2, CSN1S2 e CSN3), e due sieroproteine, beta-lattoglobulina (LGB) e alpha-lattoalbumina (LAA). Il latte di bufala è utilizzato quasi esclusivamente per la produzione di mozzarella, pertanto lo scopo della selezione non è solo quello di aumentare la quantità del latte, ma, anche, di migliorare la sua attitudine alla trasformazione. I geni che codificano per le proteine del latte e che controllano la produzione del grasso sono considerati geni candidati per il raggiungimento di tale obiettivo. Ad esempio, è ormai accertato che le differenze nella struttura primaria delle proteine del latte ed, in particolare, i diversi rapporti quantitativi tra le quattro caseine sono responsabili di differenze nelle sue proprietà tecnologiche (Grosclaude et al., 1994; Mariani et al., 1996). Diversi esempi mostrano che, in diversi casi, le maggiori differenze nel contenuto di una particolare proteina nel latte bovino e ovi-caprino sono determinate da mutazioni realizzatesi nei geni che le codificano (per una review vedi Masina et al., 1995; Formaggioni et al., 1999). Di particolare rilievo è l'analogia osservata tra allele CSN1S1 G nella specie bovina e l'allele CSN1S1 E nella specie caprina sia dal punto di vista proteico (basso livello di sintesi) che per quanto riguarda l'evento molecolare che li caratterizza (inserzione di un LINE nell'ultimo esone del gene) (Rando et al., 1998; Jansá Perez et al. 1994). Inoltre, per ciascun gene delle caseine calcio sensibili di capra (CSN1S1, CSN2 e CSN1S2), è stato individuato almeno un allele associato ad un contenuto “nullo” della proteina corrispondente (Di Gregorio et al., 1989; Leroux et al., 1990; Rando et al., 1996; Ramunno et al., 2001). Infine, recentemente è stato identificato un polimorfismo relativo al gene diacilglicerol O-aciltransferasi 1 (DGAT1) (Winter et al., 2002), che sembrerebbe influenzare il contenuto del grasso nel latte bovino. Di contro, a tutt'oggi nella specie bufalina sono stati osservati esclusivamente polimorfismi di tipo qualitativo. A ciascuno dei loci delle caseine calcio sensibili sono state identificati almeno due alleli (Shaker and Bhatia, 1996; Ferranti et al., 1998; Mitra et al., 1998) ed in una popolazione bufalina allevata in Italia, Chianese et al. (2001) hanno identificato una variante meno glicosilata dell'alpha-lattoalbumina. Un recente studio realizzato su campioni individuali di latte di bufala, appartenenti alla stessa mandria, ha messo in evidenza significative differenze sulla resa di caseificazione a parità di proteina totale (Zicarelli L, comunicazione personale). E' ipotizzabile, pertanto, che anche la specie bufalina, analogamente a quanto osservato per le altre specie di ruminanti, possa caratterizzarsi per la presenza di alleli associati a differenze quantitative nella loro espressione e che la ridotta variabilità genetica osservata fino ad oggi, molto probabilmente, sia da mettere in relazione ai pochi studi realizzati in tale settore. Ad esempio, a tutt'oggi in Banche Dati per la specie bufalina, a differenza delle restanti specie di ruminanti di interesse zootecnico, vengono riportate solo sequenze relative a cDNA parziali o, come nel caso del gene DGAT1, totale assenza di informazioni. Tuttavia, dato l'elevato grado di omologia genetica tra i diversi mammiferi, le informazioni genetiche ottenute dall'analisi del genoma bovino e ovi-caprino possono essere utilizzate per l'analisi degli stessi geni nelle specie bufalina e quindi per l'identificazione di marcatori genetici che possano fornire informazioni utili per migliorare le prestazioni produttive e riproduttive della specie. Il programma proposto si prefigge, attraverso l'utilizzo delle tecniche di biologia molecolare, di identificare la naturale variabilità esistente nel gene che regola la sintesi del grasso nel latte di bufala al fine selezionare animali che producano un latte con caratteristiche tecnologiche e nutrizionali che meglio possano soddisfare le nuove e sempre più sofisticate richieste del mercato lattiero-caseario e le necessità nutrizionali e dietetiche dell'organismo nelle diverse fasi della vita.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.