L’esponenziale crescita della piramide d’odio sui social network pone all’attenzione del giurista davanti ad antichi dilemmi e soluzioni che mettono in crisi le categorie concettuali sino ad oggi conosciute . Può la libertà di manifestazione del pensiero trovare un limite nella disciplina dell’hate speech? Il saggio parte dall’analisi dei diversi modelli di regolazione offline del discorso incitatne all’odio evidenziando come, l’avvento de terrorismo, abbia determinato un’inversione di tendenza nella giurisprudenza della Corte suprema statunitense sul marketplace of ideas. Quando peraltro si passa alla dimensione immateriale della rete la compressione della libertà di espressione è lasciata all’autonomia contrattuale dei principali social network destando non poche preoccupazione per la natura di “ censura privata” che l’operato degli inintermediari assume. In Europa l’ hate speech ha trovato un’espressa regolamentazione sia nei singoli ordinamenti sia a livello sovranazionale la cui applicazione concreta è stata, peraltro, limitata dall’opera di bilanciamento effettuata dai giudici. L’avvento della rete e il tendenziale atteggiamento difensivo verso il nuovo mezzo ha condotto gli Stati Europei e l’UE ad adottare forme di soft e di hard regulation imponendo ai social impongono la rimozione di tutte le forme di hate speeches. L’effetto di tali interventi normativi produce un’indebita compressione della libertà di espressione privando l’internauta delle garanzie che generalmente accompagnano nel mondo offline le limitazioni di tale diritto fondamentale.

Il ruolo dei social network nella lotta all’hate speech: un’analisi comparata fra l’esperienza europea e quella statunitense / Abbondante, Fulvia. - (2017). (Intervento presentato al convegno Social media e diritto. Diritti e social media tenutosi a Museo del Novecento nel 20 dicembre 2017).

Il ruolo dei social network nella lotta all’hate speech: un’analisi comparata fra l’esperienza europea e quella statunitense .

Fulvia Abbondante
2017

Abstract

L’esponenziale crescita della piramide d’odio sui social network pone all’attenzione del giurista davanti ad antichi dilemmi e soluzioni che mettono in crisi le categorie concettuali sino ad oggi conosciute . Può la libertà di manifestazione del pensiero trovare un limite nella disciplina dell’hate speech? Il saggio parte dall’analisi dei diversi modelli di regolazione offline del discorso incitatne all’odio evidenziando come, l’avvento de terrorismo, abbia determinato un’inversione di tendenza nella giurisprudenza della Corte suprema statunitense sul marketplace of ideas. Quando peraltro si passa alla dimensione immateriale della rete la compressione della libertà di espressione è lasciata all’autonomia contrattuale dei principali social network destando non poche preoccupazione per la natura di “ censura privata” che l’operato degli inintermediari assume. In Europa l’ hate speech ha trovato un’espressa regolamentazione sia nei singoli ordinamenti sia a livello sovranazionale la cui applicazione concreta è stata, peraltro, limitata dall’opera di bilanciamento effettuata dai giudici. L’avvento della rete e il tendenziale atteggiamento difensivo verso il nuovo mezzo ha condotto gli Stati Europei e l’UE ad adottare forme di soft e di hard regulation imponendo ai social impongono la rimozione di tutte le forme di hate speeches. L’effetto di tali interventi normativi produce un’indebita compressione della libertà di espressione privando l’internauta delle garanzie che generalmente accompagnano nel mondo offline le limitazioni di tale diritto fondamentale.
2017
Il ruolo dei social network nella lotta all’hate speech: un’analisi comparata fra l’esperienza europea e quella statunitense / Abbondante, Fulvia. - (2017). (Intervento presentato al convegno Social media e diritto. Diritti e social media tenutosi a Museo del Novecento nel 20 dicembre 2017).
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