Nel capitolo tratteremo della questione della relazione di genere nell’accademia, focalizzandoci su Bourdieu, il quale, anche se non ne parla esplicitamente in Homo academicus, lo farà solo in seguito, proprio in riferimento alla libido academica, una sua definizione della pulsione a conquistare il potere. In realtà all’inizio del suo percorso scientifico, nelle prime ricerche etnologiche, il sociologo francese aveva avviato una riflessione sui meccanismi del dominio maschile, analizzando i riti d’iniziazione istituzionalizzati e l’addestramento all’esercizio del potere, trattando contestualmente dell’esclusione delle donne dall’arte di dominare. Tuttavia, quando sviluppa la sua analisi dell’università, si sofferma molto incidentalmente sul genere dei docenti, e la donna accademica rimane davvero nell’ombra. In Bourdieu la questione femminile sarà affrontata in maniera più compiuta solo negli scritti su Il dominio maschile, l’articolo del 1990 e il libro del 1998. Qui dirà che la donna non è toccata dalla libido dominandi, che è intrinsecamente “maschile” e lo è “sotto qualsiasi forma si presenti”, avendo tutte le forme di dominio a fondamento quell’illusio “costitutiva della mascolinità”. È l’illusio originaria, un sentimento che tende a rafforzare l’azione maschile di “accumulazione di capitale sim- bolico” e a far sì che l’opposizione primordiale in uomini e donne porti i primi ad acquisire “la disposizione a prendere sul serio i giochi che il mondo sociale presenta come seri”. È questa l’argomentazione che ci riporta a rileggere Homo academicus. Qui, da un lato, Bourdieu rileva la lontananza delle donne dai posti di potere, le cause che le portano a entrare nell’accademia, ma anche la minore integrazione istituzionale, che sembra essere l’altra faccia del lungo processo di socializzazione che le prepara – e le predispone – all’esclusione. Dall’altro lato, nota come nell’accademia operi l’illusio, il sentimento che spinge all’incontro fatale tra un habitus e un campo, a investire nei giochi sociali e nello specifico “nei giochi accademici”. Non si ricollega, però, a quell’illusio originaria, che è associata alla predisposizione alle “azioni virili” né affronta in questa chiave il tema della libido dominandi degli accademici. Ritroviamo solo alcuni accenni, come si è detto, alcuni dei quali dedicati alle reazioni di forte “emotività” degli uomini che vedono il proprio dominio messo in discussione. Bourdieu approfondirà la questione del potere delle donne quando lo identificherà come potere emotivo e morale, richiamando il gioco relazionale di genere brillantemente disegnato da Virginia Woolf, che, specificamente nel romanzo “Al faro”, racconta il distaccamento femminile dal dominio come lucida, amorevole e necessaria compassione. Nonostante questo richiamo forte, il progetto di una sociologia del potere di genere, per di più nello specifico campo accademico, sembra rimanere incompiuto. Anche quando Bourdieu attribuisce all’uomo l’esercizio riflessivo di decostruzione delle strutture oggettivate di dominio, questo esercizio pare esaurirsi in una sorta di consapevole auto-colpevolizzazione, che, comunque, non tiene in conto le condizioni della relazionalità con la donna, in particolare l’agire della donna nella relazione di genere che si configura nel campo accademico. Ci sembra, invece, che solo partendo dalle condizioni sociali e dal riconoscimento delle donne come agenti della relazione di genere si possa comprenderne il mutamento.
Pierre Bourdieu. Genere e libido accademica / Giannini, Mirella; Minervini, Dario. - (2018), pp. 47-66.
Pierre Bourdieu. Genere e libido accademica
Mirella Giannini;Dario Minervini
2018
Abstract
Nel capitolo tratteremo della questione della relazione di genere nell’accademia, focalizzandoci su Bourdieu, il quale, anche se non ne parla esplicitamente in Homo academicus, lo farà solo in seguito, proprio in riferimento alla libido academica, una sua definizione della pulsione a conquistare il potere. In realtà all’inizio del suo percorso scientifico, nelle prime ricerche etnologiche, il sociologo francese aveva avviato una riflessione sui meccanismi del dominio maschile, analizzando i riti d’iniziazione istituzionalizzati e l’addestramento all’esercizio del potere, trattando contestualmente dell’esclusione delle donne dall’arte di dominare. Tuttavia, quando sviluppa la sua analisi dell’università, si sofferma molto incidentalmente sul genere dei docenti, e la donna accademica rimane davvero nell’ombra. In Bourdieu la questione femminile sarà affrontata in maniera più compiuta solo negli scritti su Il dominio maschile, l’articolo del 1990 e il libro del 1998. Qui dirà che la donna non è toccata dalla libido dominandi, che è intrinsecamente “maschile” e lo è “sotto qualsiasi forma si presenti”, avendo tutte le forme di dominio a fondamento quell’illusio “costitutiva della mascolinità”. È l’illusio originaria, un sentimento che tende a rafforzare l’azione maschile di “accumulazione di capitale sim- bolico” e a far sì che l’opposizione primordiale in uomini e donne porti i primi ad acquisire “la disposizione a prendere sul serio i giochi che il mondo sociale presenta come seri”. È questa l’argomentazione che ci riporta a rileggere Homo academicus. Qui, da un lato, Bourdieu rileva la lontananza delle donne dai posti di potere, le cause che le portano a entrare nell’accademia, ma anche la minore integrazione istituzionale, che sembra essere l’altra faccia del lungo processo di socializzazione che le prepara – e le predispone – all’esclusione. Dall’altro lato, nota come nell’accademia operi l’illusio, il sentimento che spinge all’incontro fatale tra un habitus e un campo, a investire nei giochi sociali e nello specifico “nei giochi accademici”. Non si ricollega, però, a quell’illusio originaria, che è associata alla predisposizione alle “azioni virili” né affronta in questa chiave il tema della libido dominandi degli accademici. Ritroviamo solo alcuni accenni, come si è detto, alcuni dei quali dedicati alle reazioni di forte “emotività” degli uomini che vedono il proprio dominio messo in discussione. Bourdieu approfondirà la questione del potere delle donne quando lo identificherà come potere emotivo e morale, richiamando il gioco relazionale di genere brillantemente disegnato da Virginia Woolf, che, specificamente nel romanzo “Al faro”, racconta il distaccamento femminile dal dominio come lucida, amorevole e necessaria compassione. Nonostante questo richiamo forte, il progetto di una sociologia del potere di genere, per di più nello specifico campo accademico, sembra rimanere incompiuto. Anche quando Bourdieu attribuisce all’uomo l’esercizio riflessivo di decostruzione delle strutture oggettivate di dominio, questo esercizio pare esaurirsi in una sorta di consapevole auto-colpevolizzazione, che, comunque, non tiene in conto le condizioni della relazionalità con la donna, in particolare l’agire della donna nella relazione di genere che si configura nel campo accademico. Ci sembra, invece, che solo partendo dalle condizioni sociali e dal riconoscimento delle donne come agenti della relazione di genere si possa comprenderne il mutamento.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.