La grande crisi del popolamento che ha colpito l’area delle Terramare nel XII sec. a.C. ha investito in pieno anche la Romagna. A seguito di tale crisi la pianura romagnola rimane sostanzialmente spopolata per tutto il Bronzo finale, mentre nell’area della collina e della bassa montagna si è precocemente ricostituito un sistema di abitati su altura, molto ben attestato nel Montefeltro-valle del Marecchia. In quest’area sono noti diversi centri, situati ad alcuni chilometri di distanza, tra cui spicca quello ubicato sull’ampio pianoro (26 ha) di Verucchio, la cui esistenza è stata accertata da uno scavo stratigrafico. Agli inizi della prima età del Ferro si manifesta una rilevante riorganizzazione: alcuni abitati d’altura preesistenti vengono abbandonati o molto ridimensionati, mentre Verucchio diviene sede di un importante centro afferente alla c.d. cultura villanoviana, che si impianta con un rapporto di discontinuità nella cultura materiale rispetto a quanto documentato per le fasi precedenti, ma tenendo conto evidentemente di un ruolo territoriale del sito già emerso nel Bronzo finale. Si ritiene che tale riorganizzazione, in cui coesistono – come altrove – caratteri locali e processi globali, possa trovare una spiegazione ipotizzando la formazione di un vasto sistema di alleanze sociopolitiche, volto al controllo permanente delle risorse e dei traffici. Attorno al centro di Verucchio si forma, soprattutto nel corso della seconda fase della prima età del Ferro, un tessuto di centri minori – segno di un sistema capillare di controllo e sfruttamento del territorio – che si estende entro un raggio di alcune decine di chilometri fino all’Adriatico e verso nord-ovest fino al torrente Pisciatello. Mentre nella prima fase Verucchio presenta una cultura materiale e rituale simile a quella di Bologna, nell’VIII e nei primi decenni del VII sec. a.C. costruisce una propria cultura peculiare, e si struttura come comunità fortemente gerarchizzata e caratterizzata da fortissime concentrazioni di ricchezza e prestigio nei corredi funerari. Molto rilevanti sono anche le locali produzioni artigianali specializzate. Come già noto, una delle fonti di tale crescita economica consiste nel controllo del flusso dell’ambra proveniente dall’Europa del Nord, che viene lavorata in loco producendo una gamma molto vasta di manufatti, a volte frutto di tecniche alquanto elaborate e raffinate. Nell’ambito di un vasto progetto pluridecennale le testimonianze della prima età del Ferro di Verucchio sono state oggetto sia di nuovi scavi che di studi dettagliati. Dalla seriazione cronologica proposta nell’ambito di tali studi è emersa una distinzione in cinque fasi, mediante le quali si può cogliere l’evoluzione della comunità, dalla crescita economica e demografica evidente durante l’VIII sec. a.C., all’apogeo raggiunto tra ultimo quarto dell’VIII e inizi VII, fino all’ultima fase di prima metà VII e all’abbandono finale. Tale abbandono, databile intorno al 650 a.C. o poco dopo, è probabilmente dovuto a una crisi interna legata a una mancata evoluzione verso una più complessa struttura di tipo urbano, e forse anche all’inizio della pressione di gruppi italici di ceppo umbro, che tra la fine del VII e gli inizi del VI sec. a.C. occupano gran parte della Romagna.
La Romagna dal Bronzo finale alla prima età del ferro / VON ELES, Patrizia; Pacciarelli, Marco. - II:(2018), pp. 229-244.
La Romagna dal Bronzo finale alla prima età del ferro
PACCIARELLI, MARCO
2018
Abstract
La grande crisi del popolamento che ha colpito l’area delle Terramare nel XII sec. a.C. ha investito in pieno anche la Romagna. A seguito di tale crisi la pianura romagnola rimane sostanzialmente spopolata per tutto il Bronzo finale, mentre nell’area della collina e della bassa montagna si è precocemente ricostituito un sistema di abitati su altura, molto ben attestato nel Montefeltro-valle del Marecchia. In quest’area sono noti diversi centri, situati ad alcuni chilometri di distanza, tra cui spicca quello ubicato sull’ampio pianoro (26 ha) di Verucchio, la cui esistenza è stata accertata da uno scavo stratigrafico. Agli inizi della prima età del Ferro si manifesta una rilevante riorganizzazione: alcuni abitati d’altura preesistenti vengono abbandonati o molto ridimensionati, mentre Verucchio diviene sede di un importante centro afferente alla c.d. cultura villanoviana, che si impianta con un rapporto di discontinuità nella cultura materiale rispetto a quanto documentato per le fasi precedenti, ma tenendo conto evidentemente di un ruolo territoriale del sito già emerso nel Bronzo finale. Si ritiene che tale riorganizzazione, in cui coesistono – come altrove – caratteri locali e processi globali, possa trovare una spiegazione ipotizzando la formazione di un vasto sistema di alleanze sociopolitiche, volto al controllo permanente delle risorse e dei traffici. Attorno al centro di Verucchio si forma, soprattutto nel corso della seconda fase della prima età del Ferro, un tessuto di centri minori – segno di un sistema capillare di controllo e sfruttamento del territorio – che si estende entro un raggio di alcune decine di chilometri fino all’Adriatico e verso nord-ovest fino al torrente Pisciatello. Mentre nella prima fase Verucchio presenta una cultura materiale e rituale simile a quella di Bologna, nell’VIII e nei primi decenni del VII sec. a.C. costruisce una propria cultura peculiare, e si struttura come comunità fortemente gerarchizzata e caratterizzata da fortissime concentrazioni di ricchezza e prestigio nei corredi funerari. Molto rilevanti sono anche le locali produzioni artigianali specializzate. Come già noto, una delle fonti di tale crescita economica consiste nel controllo del flusso dell’ambra proveniente dall’Europa del Nord, che viene lavorata in loco producendo una gamma molto vasta di manufatti, a volte frutto di tecniche alquanto elaborate e raffinate. Nell’ambito di un vasto progetto pluridecennale le testimonianze della prima età del Ferro di Verucchio sono state oggetto sia di nuovi scavi che di studi dettagliati. Dalla seriazione cronologica proposta nell’ambito di tali studi è emersa una distinzione in cinque fasi, mediante le quali si può cogliere l’evoluzione della comunità, dalla crescita economica e demografica evidente durante l’VIII sec. a.C., all’apogeo raggiunto tra ultimo quarto dell’VIII e inizi VII, fino all’ultima fase di prima metà VII e all’abbandono finale. Tale abbandono, databile intorno al 650 a.C. o poco dopo, è probabilmente dovuto a una crisi interna legata a una mancata evoluzione verso una più complessa struttura di tipo urbano, e forse anche all’inizio della pressione di gruppi italici di ceppo umbro, che tra la fine del VII e gli inizi del VI sec. a.C. occupano gran parte della Romagna.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.