Il rifiuto alle emotrasfusioni dei Testimoni di Geova, motivato dall'osservanza rigorosa dei precetti cui è soggetta l'appartenenza alla Congregazione, pone all'attenzione il complesso rapporto tra il diritto alla salute, il diritto alla libertà religiosa e il diritto all'autodeterminazione del singolo. Da un lato, il paziente ha infatti il diritto di decidere se il trattamento emotrasfusionale cui deve sottoporsi sia corrispondente a quanto da lui ritenuto degno di essere vissuto, anche in ragione dei propri convincimenti religiosi; dall'altro lato, il medico, innanzi alla volontà espressa, è tenuto a desistere da qualsiasi atto ad essa contrario, non potendo anteporre la sua idea di "qualità della vita" a quella della persona assistita. Maggiori problematiche giuridiche si sollevano, tuttavia, allorquando il dissenso alle emotrasfusioni venga espresso prima dell'aggravarsi delle condizioni di salute del disponente - implicanti un'unica scelta terapeutica - e del verificarsi dello stato di incoscienza. In tali circostanze, infatti, le implicazioni connesse all'adempimento delle funzioni tipiche del professionista rendono, ancora oggi, complessa la definizione di soluzioni univoche. Auspicabile è da ritenersi un approccio individualizzato che tenga conto dell'esigenza di vivere la propria condizione patologica secondo i più intimi e personali convincimenti religiosi. Da qui l'importanza di curare il dialogo con il paziente, al fine di programmare in anticipo e, ove possibile, i trattamenti terapeutici necessari, nell'ambito di un processo di armonizzazione delle libertà individuali con le irrinunciabili esigenze sociali di solidarietà e sicurezza.
Alcune riflessioni in tema di emotrasfusioni nella giurisprudenza italiana / Gagliardi, Caterina. - (2020), pp. 99-114.
Alcune riflessioni in tema di emotrasfusioni nella giurisprudenza italiana
Caterina Gagliardi
2020
Abstract
Il rifiuto alle emotrasfusioni dei Testimoni di Geova, motivato dall'osservanza rigorosa dei precetti cui è soggetta l'appartenenza alla Congregazione, pone all'attenzione il complesso rapporto tra il diritto alla salute, il diritto alla libertà religiosa e il diritto all'autodeterminazione del singolo. Da un lato, il paziente ha infatti il diritto di decidere se il trattamento emotrasfusionale cui deve sottoporsi sia corrispondente a quanto da lui ritenuto degno di essere vissuto, anche in ragione dei propri convincimenti religiosi; dall'altro lato, il medico, innanzi alla volontà espressa, è tenuto a desistere da qualsiasi atto ad essa contrario, non potendo anteporre la sua idea di "qualità della vita" a quella della persona assistita. Maggiori problematiche giuridiche si sollevano, tuttavia, allorquando il dissenso alle emotrasfusioni venga espresso prima dell'aggravarsi delle condizioni di salute del disponente - implicanti un'unica scelta terapeutica - e del verificarsi dello stato di incoscienza. In tali circostanze, infatti, le implicazioni connesse all'adempimento delle funzioni tipiche del professionista rendono, ancora oggi, complessa la definizione di soluzioni univoche. Auspicabile è da ritenersi un approccio individualizzato che tenga conto dell'esigenza di vivere la propria condizione patologica secondo i più intimi e personali convincimenti religiosi. Da qui l'importanza di curare il dialogo con il paziente, al fine di programmare in anticipo e, ove possibile, i trattamenti terapeutici necessari, nell'ambito di un processo di armonizzazione delle libertà individuali con le irrinunciabili esigenze sociali di solidarietà e sicurezza.File | Dimensione | Formato | |
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