Sebbene il principio di non discriminazione trovi formale enucleazione nelle diverse Carte federali, lo stesso pare essere assoggettato alle dinamiche dettate dalla convivenza, nel mondo dello sport, di diverse fedi religiose ciascuna delle quali rivendica il proprio spazio mettendo in discussione la tipicità ed aconfessionalità proprie dell’ordinamento sportivo. L’assenza di tutela, alla quale si è assistito in occasione di diverse manifestazioni sportive, tra le quali l’espulsione della squadra femminile di pallacanestro del Qatar dai Giochi Asiatici 2014 in ragione del previsto divieto di utilizzare i copricapo , deve considerarsi indubbiamente una forma di discriminazione in cui l’appartenenza religiosa integra causa ostativa al libero ed eguale esercizio dello sport. Ne consegue che, al fine di assicurare quello che è un diritto dell’uomo, quale appunto il diritto allo sport, le organizzazioni sportive non possono non tenere in debita considerazione le implicazioni che l’esercizio della disciplina agonistica parte dell’atleta-fedele necessariamente comporta. In tale prospettiva, la vigente normativa antidiscriminatoria predispone i mezzi attraverso cui il lavoratore sportivo, al pari di ogni altro lavoratore subordinato, può espletare la propria prestazione nel pieno rispetto della rispettiva identità religiosa.

Discriminazione religiosa nel rapporto di lavoro sportivo / Gagliardi, Caterina. - (2015). (Intervento presentato al convegno Democrazie e religioni. Libertà religiosa, diversità e convivenza nell'Europa del XXI secolo tenutosi a Dipartimento di Giurisprudenza dell'Università di Trento nel 23 ottobre 2015).

Discriminazione religiosa nel rapporto di lavoro sportivo

Caterina Gagliardi
2015

Abstract

Sebbene il principio di non discriminazione trovi formale enucleazione nelle diverse Carte federali, lo stesso pare essere assoggettato alle dinamiche dettate dalla convivenza, nel mondo dello sport, di diverse fedi religiose ciascuna delle quali rivendica il proprio spazio mettendo in discussione la tipicità ed aconfessionalità proprie dell’ordinamento sportivo. L’assenza di tutela, alla quale si è assistito in occasione di diverse manifestazioni sportive, tra le quali l’espulsione della squadra femminile di pallacanestro del Qatar dai Giochi Asiatici 2014 in ragione del previsto divieto di utilizzare i copricapo , deve considerarsi indubbiamente una forma di discriminazione in cui l’appartenenza religiosa integra causa ostativa al libero ed eguale esercizio dello sport. Ne consegue che, al fine di assicurare quello che è un diritto dell’uomo, quale appunto il diritto allo sport, le organizzazioni sportive non possono non tenere in debita considerazione le implicazioni che l’esercizio della disciplina agonistica parte dell’atleta-fedele necessariamente comporta. In tale prospettiva, la vigente normativa antidiscriminatoria predispone i mezzi attraverso cui il lavoratore sportivo, al pari di ogni altro lavoratore subordinato, può espletare la propria prestazione nel pieno rispetto della rispettiva identità religiosa.
2015
Discriminazione religiosa nel rapporto di lavoro sportivo / Gagliardi, Caterina. - (2015). (Intervento presentato al convegno Democrazie e religioni. Libertà religiosa, diversità e convivenza nell'Europa del XXI secolo tenutosi a Dipartimento di Giurisprudenza dell'Università di Trento nel 23 ottobre 2015).
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