L'articolo si propone non solo di mettere in luce il tributo che il celebre medico, chimico, scrittore e accademico britannico Oliver Sacks paga al pensiero filosofico moderno e contemporaneo nell’analisi delle patologie che egli affronta, ma vuole indagare anche come sia la stessa sostanza del suo lavoro che, utilizzando quelle riflessioni affiancate alla letteratura e alle neuroscienze, ne sperimenta potenzialità e limiti nel trattamento della malattia degenerativa. Muovendosi tra il recupero degli studi psicoanalitici e le più recenti teorie di Trauma Studies e Performance Studies, posti costantemente a confronto con il sapere scientifico e la neurologia, Sacks promuove l’interdisciplinarietà come mezzo necessario all’osservazione e costruzione della coscienza individuale e collettiva, ribadendo come questa costruzione non sia mai definitiva, ma profondamente performativa e basata sulla pratica dello storytelling. Il suo “metodo” agisce attraverso uno studio della patologia che supera i convenzionali confini tra scienza, letterature, arti e filosofia, e che col tempo si inserirà in un più vasto filone di pensiero che almeno dal secolo scorso, grazie ad esponenti storiche come Susan Sontag e Julia Kristeva, o a contributi più recenti come quello di Jonathan Gottschall con il suo The Storytelling Animal: How Stories Make us Human (2012), riscopre nel dialogo continuo tra i saperi un potenziamento per l’analisi della coscienza e le dinamiche che ne muovono l’individualità e la socialità nel confrontarsi con disturbi della mente e patologie. Le radici letterarie e filosofiche sono alle base di tale approccio e consentono a Sacks di costruirlo e adoperarlo muovendosi in una mappatura complessa che egli stesso disegna tra più discipline, al fine di formulare una personale descrizione dell’autocoscienza, trovandosi egli stesso alle prese con patologie ed esperienze significative, e a poter trattare del tema della coscienza negli stati di alterazione percettiva causati dall’anomalo funzionamento di aree del cervello umano. Pur non tralasciando le critiche che vengono mosse a questo metodo, si intende infatti mettere in luce come Sacks riesca a rivitalizzare alcuni aspetti degli studi del secolo scorso sulla relazione tra mente e corpo, reimmettendo la riflessione umanistica al centro della sfera biologica, quale strumento efficace per comprendere il funzionamento del mondo interiore dell’essere umano e le relazioni che instaura con il mondo esterno, aprendo un filone che ancora nella contemporaneità riscopre la potenza del sodalizio tra neuroscienze e studi umanistici.
“L’uomo che scambiò la letteratura per medicina. Oliver Sacks e lo storytelling tra scienze umanistiche e neuroscienze” / Natale, Aureliana. - (2021), pp. 228-242.
“L’uomo che scambiò la letteratura per medicina. Oliver Sacks e lo storytelling tra scienze umanistiche e neuroscienze”
Aureliana Natale
2021
Abstract
L'articolo si propone non solo di mettere in luce il tributo che il celebre medico, chimico, scrittore e accademico britannico Oliver Sacks paga al pensiero filosofico moderno e contemporaneo nell’analisi delle patologie che egli affronta, ma vuole indagare anche come sia la stessa sostanza del suo lavoro che, utilizzando quelle riflessioni affiancate alla letteratura e alle neuroscienze, ne sperimenta potenzialità e limiti nel trattamento della malattia degenerativa. Muovendosi tra il recupero degli studi psicoanalitici e le più recenti teorie di Trauma Studies e Performance Studies, posti costantemente a confronto con il sapere scientifico e la neurologia, Sacks promuove l’interdisciplinarietà come mezzo necessario all’osservazione e costruzione della coscienza individuale e collettiva, ribadendo come questa costruzione non sia mai definitiva, ma profondamente performativa e basata sulla pratica dello storytelling. Il suo “metodo” agisce attraverso uno studio della patologia che supera i convenzionali confini tra scienza, letterature, arti e filosofia, e che col tempo si inserirà in un più vasto filone di pensiero che almeno dal secolo scorso, grazie ad esponenti storiche come Susan Sontag e Julia Kristeva, o a contributi più recenti come quello di Jonathan Gottschall con il suo The Storytelling Animal: How Stories Make us Human (2012), riscopre nel dialogo continuo tra i saperi un potenziamento per l’analisi della coscienza e le dinamiche che ne muovono l’individualità e la socialità nel confrontarsi con disturbi della mente e patologie. Le radici letterarie e filosofiche sono alle base di tale approccio e consentono a Sacks di costruirlo e adoperarlo muovendosi in una mappatura complessa che egli stesso disegna tra più discipline, al fine di formulare una personale descrizione dell’autocoscienza, trovandosi egli stesso alle prese con patologie ed esperienze significative, e a poter trattare del tema della coscienza negli stati di alterazione percettiva causati dall’anomalo funzionamento di aree del cervello umano. Pur non tralasciando le critiche che vengono mosse a questo metodo, si intende infatti mettere in luce come Sacks riesca a rivitalizzare alcuni aspetti degli studi del secolo scorso sulla relazione tra mente e corpo, reimmettendo la riflessione umanistica al centro della sfera biologica, quale strumento efficace per comprendere il funzionamento del mondo interiore dell’essere umano e le relazioni che instaura con il mondo esterno, aprendo un filone che ancora nella contemporaneità riscopre la potenza del sodalizio tra neuroscienze e studi umanistici.| File | Dimensione | Formato | |
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NATALE A, “L’uomo che scambiò la letteratura per medicina. Oliver Sacks e lo storytelling tra scienze umanistiche e neuroscienze” in PerdutaMente, Milano, Franco Angeli, 2019.pdf
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