Il terzo approfondimento riguarda le dinamiche demografiche e migratorie nel periodo della pandemia. La chiusura delle frontiere decisa per contrastare la diffusione pandemica, e gli andamenti economici innescati dai provvedimenti di contenimento hanno avuto inevitabilmente conseguenze rilevanti sui movimenti migratori e sulla condizione dei migranti. Per la prima volta dopo tanti anni molti paesi dell’UE, tra cui l’Italia, hanno sperimentato un arresto dell’immigrazione. Per dare una dimensione del fenomeno, si consideri che nel corso del 2020 si sono registrate nell’UE quasi 227.500 richieste di asilo in meno rispetto al 2019 (-33%), con punte prossime all’86% nel mese di aprile. La contrazione assoluta più rilevante è stata registrata in Germania e Francia (rispettivamente -47.705 e -41.555), seguita da Italia (-15.135) e Spagna (-13.980). Nella misura in cui le rimesse effettuate dai migranti sono essenziali per i loro paesi di origine, tali blocchi potranno produrre effetti economici molto rilevanti in quei paesi. Per l’Italia, la contrazione migratoria del 2020 si associa ad un eccesso di mortalità dell’ordine di 110 mila unità rispetto alla media quinquennale passata, e ad un difetto di natalità di circa 51 mila unità, il che risulta in un saldo demografico negativo per 342 mila residenti. Per quanti già immigrati, si riscontra che la pandemia sia stata sofferta in misura maggiore rispetto agli autoctoni, nella diffusione della malattia, nella letalità registrata e negli effetti lavorativi ed economici. Con riferimento al mercato del lavoro degli immigrati, in generale, emerge che nell’insieme dei paesi UE la diminuzione più elevata del tasso di occupazione è avvenuta nel secondo trimestre del 2020, con una riduzione di 4,8 punti percentuali rispetto al valore registrato nello stesso trimestre del 2019. Il calo ha interessato soprattutto i paesi dell’Europa mediterranea dove per il Portogallo si è registrata un’importante contrazione pari a circa 10 punti percentuali. La maggiore sofferenza occupazionale degli immigrati risulta connessa sia alla loro più accentuata instabilità lavorativa, sia al loro impiego prevalente in settori che più di altri hanno risentito del lockdow (pulizie e turismo/ristorazione). Per quanto riguarda le misure di sostegno al reddito poste in essere, nel caso italiano lo strumento più utilizzato dagli immigrati non comunitari è il reddito di emergenza, di cui ne percepiscono il 18% delle erogazioni (124.012 individui), contro una quota di percezione del reddito di cittadinanza di circa il 7%. La maggiore incidenza si può spiegare certamente per i requisiti meno selettivi della prima misura, ma anche con il grave peggioramento della condizione occupazionale, e quindi economica, dei non comunitari nei mesi di chiusura forzata. (pp. 25-26 del Rapporto)
Migrazioni e migranti durante la pandemia: l’Italia nel contesto europeo / Conti, Cinzia; Antonio, Sanguinetti; Strozza, Salvatore. - (2022), pp. 203-238.
Migrazioni e migranti durante la pandemia: l’Italia nel contesto europeo
Conti Cinzia;Salvatore Strozza
2022
Abstract
Il terzo approfondimento riguarda le dinamiche demografiche e migratorie nel periodo della pandemia. La chiusura delle frontiere decisa per contrastare la diffusione pandemica, e gli andamenti economici innescati dai provvedimenti di contenimento hanno avuto inevitabilmente conseguenze rilevanti sui movimenti migratori e sulla condizione dei migranti. Per la prima volta dopo tanti anni molti paesi dell’UE, tra cui l’Italia, hanno sperimentato un arresto dell’immigrazione. Per dare una dimensione del fenomeno, si consideri che nel corso del 2020 si sono registrate nell’UE quasi 227.500 richieste di asilo in meno rispetto al 2019 (-33%), con punte prossime all’86% nel mese di aprile. La contrazione assoluta più rilevante è stata registrata in Germania e Francia (rispettivamente -47.705 e -41.555), seguita da Italia (-15.135) e Spagna (-13.980). Nella misura in cui le rimesse effettuate dai migranti sono essenziali per i loro paesi di origine, tali blocchi potranno produrre effetti economici molto rilevanti in quei paesi. Per l’Italia, la contrazione migratoria del 2020 si associa ad un eccesso di mortalità dell’ordine di 110 mila unità rispetto alla media quinquennale passata, e ad un difetto di natalità di circa 51 mila unità, il che risulta in un saldo demografico negativo per 342 mila residenti. Per quanti già immigrati, si riscontra che la pandemia sia stata sofferta in misura maggiore rispetto agli autoctoni, nella diffusione della malattia, nella letalità registrata e negli effetti lavorativi ed economici. Con riferimento al mercato del lavoro degli immigrati, in generale, emerge che nell’insieme dei paesi UE la diminuzione più elevata del tasso di occupazione è avvenuta nel secondo trimestre del 2020, con una riduzione di 4,8 punti percentuali rispetto al valore registrato nello stesso trimestre del 2019. Il calo ha interessato soprattutto i paesi dell’Europa mediterranea dove per il Portogallo si è registrata un’importante contrazione pari a circa 10 punti percentuali. La maggiore sofferenza occupazionale degli immigrati risulta connessa sia alla loro più accentuata instabilità lavorativa, sia al loro impiego prevalente in settori che più di altri hanno risentito del lockdow (pulizie e turismo/ristorazione). Per quanto riguarda le misure di sostegno al reddito poste in essere, nel caso italiano lo strumento più utilizzato dagli immigrati non comunitari è il reddito di emergenza, di cui ne percepiscono il 18% delle erogazioni (124.012 individui), contro una quota di percezione del reddito di cittadinanza di circa il 7%. La maggiore incidenza si può spiegare certamente per i requisiti meno selettivi della prima misura, ma anche con il grave peggioramento della condizione occupazionale, e quindi economica, dei non comunitari nei mesi di chiusura forzata. (pp. 25-26 del Rapporto)File | Dimensione | Formato | |
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