Il virus pandemico ma anche sovranista in Europa ha accentuato la radicalizzazione carceraria, enfatizzando il carcerocentrismo unicamente per capitalizzare il consenso popolare. In questo importante momento di campagna di vaccinazioni, e quindi di ripresa economica dei Paesi europei, è indispensabile per “spezzare le catene” che legano e soffocano i diritti dei detenuti, o almeno “per allentarle”, conferire ad un soggetto autonomo l’autocracy a livello europeo. La sovranazionalità e imparzialità della magistratura europea è indispensabile per la desovranizzazione dei singoli Stati. A questo riguardo il Consiglio d’Europa ha investito molto sulla rottura della sovranità penale nazionale grazie alla Convenzione europea per la prevenzione della tortura e delle pene o dei trattamenti inumani o degradanti, adottata dal Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa nel giugno del 1987 ed entrata in vigore nel 1989. Attraverso una massiccia contaminazione europea all’interno del diritto penitenziario, sono aumentate, infatti, le relazioni, ma soprattutto i dossier sulle singole realtà penitenziarie statali. Il controllo e le norme sovranazionali devono riuscire a colmare il gap fisiologico esistente tra la legge dei singoli Paesi e quanto viene concretamente garantito all’interno delle carceri. A questo proposito, lo European Prison Observatory (EPO) autorizza numerosi network a fornire una definizione empirica dei dati, ma anche a fare una ricerca sull’idea di pena in Europa. Occorre precisare che le regole penitenziarie europee che presuppongono un monitoraggio della condizione carceraria dei singoli Stati sono volte a garantire standard di tutela adeguati e ad essere utilizzate dalla giurisdizione italiana, anche se si tratta di “soft law” che opera all’interno del contesto della Corte europea dei diritti umani (ad es. la sent. della Corte EDU che nel caso Marcello Viola c./Italia (n.2), Ric. n. 77633/16, sentenza del 13 giugno 2019, ha condannato l’Italia per violazione dell’art. 3 CEDU, ovvero il diritto del condannato all’ergastolo ostativo a non essere sottoposto a trattamenti inumani e degradanti, e quindi, a godere di sconti di pena o di beneficio).
Il sistema carcerario e le "sue catene" / Chiola, Giovanni. - 21:(2022), pp. 281-285.
Il sistema carcerario e le "sue catene"
GIOVANNI CHIOLA
Primo
2022
Abstract
Il virus pandemico ma anche sovranista in Europa ha accentuato la radicalizzazione carceraria, enfatizzando il carcerocentrismo unicamente per capitalizzare il consenso popolare. In questo importante momento di campagna di vaccinazioni, e quindi di ripresa economica dei Paesi europei, è indispensabile per “spezzare le catene” che legano e soffocano i diritti dei detenuti, o almeno “per allentarle”, conferire ad un soggetto autonomo l’autocracy a livello europeo. La sovranazionalità e imparzialità della magistratura europea è indispensabile per la desovranizzazione dei singoli Stati. A questo riguardo il Consiglio d’Europa ha investito molto sulla rottura della sovranità penale nazionale grazie alla Convenzione europea per la prevenzione della tortura e delle pene o dei trattamenti inumani o degradanti, adottata dal Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa nel giugno del 1987 ed entrata in vigore nel 1989. Attraverso una massiccia contaminazione europea all’interno del diritto penitenziario, sono aumentate, infatti, le relazioni, ma soprattutto i dossier sulle singole realtà penitenziarie statali. Il controllo e le norme sovranazionali devono riuscire a colmare il gap fisiologico esistente tra la legge dei singoli Paesi e quanto viene concretamente garantito all’interno delle carceri. A questo proposito, lo European Prison Observatory (EPO) autorizza numerosi network a fornire una definizione empirica dei dati, ma anche a fare una ricerca sull’idea di pena in Europa. Occorre precisare che le regole penitenziarie europee che presuppongono un monitoraggio della condizione carceraria dei singoli Stati sono volte a garantire standard di tutela adeguati e ad essere utilizzate dalla giurisdizione italiana, anche se si tratta di “soft law” che opera all’interno del contesto della Corte europea dei diritti umani (ad es. la sent. della Corte EDU che nel caso Marcello Viola c./Italia (n.2), Ric. n. 77633/16, sentenza del 13 giugno 2019, ha condannato l’Italia per violazione dell’art. 3 CEDU, ovvero il diritto del condannato all’ergastolo ostativo a non essere sottoposto a trattamenti inumani e degradanti, e quindi, a godere di sconti di pena o di beneficio).File | Dimensione | Formato | |
---|---|---|---|
Catene:Chains.pdf
accesso aperto
Tipologia:
Versione Editoriale (PDF)
Licenza:
Dominio pubblico
Dimensione
1.48 MB
Formato
Adobe PDF
|
1.48 MB | Adobe PDF | Visualizza/Apri |
I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.