Apparvero nelle pratiche e discussioni psichiatriche della seconda metà dell’Ottocento, nei manicomi e nelle aule tribunali, artefici di crimini efferati o comportamenti riprovevoli, sulla bocca di tutti in paese o in città, in casi celebri anche sulla stampa. Spietati quanto violenti, istintivamente malvagi o malvagie potevano essere assassini oppure solo imbroglioni, ciarlatani, prostitute, vagabondi, esseri truffaldini. Sicura- mente non ci si poteva fidare di loro, sin dalla nascita, confermavano genitori e parenti. Erano casi da studiare e furono chiamati pazzi e paz- ze morali, a causa della loro assenza di moralità, esprimevano l’opposto di un normale vivere civile, e prova della loro diversità era l’incapacità di provare empatia, rimorso o altri sentimenti umani; il loro male era un “disturbo del comportamento sociale”, una “devianza da una norma morale e giuridica assieme” e soprattutto una “patologia scomoda”. Concepita sulla scia della categoria di “mania senza delirio” di Philippe Pinel per soggetti al confine tra tendenze criminali e antisociali e disturbi psichiatrici, la follia morale ebbe fortune alterne, soprattutto a causa delle diverse opinioni maturate in seno alle scuole di alienisti francesi, britannici, tedeschi e italiani. Come diagnosi specifica arrivò in Italia nella seconda metà dell’Ottocento, ma come fenomeno e problema medico fu studiato lungo l’intero secolo attorno al rapporto fra la pazzia e crimine. Fu una questione fortemente dibattuta e di notevole importanza sia sociale sia giurisprudenziale e medica, e sarà discussa in queste pagine come problema scientifico, concettuale e terminologico nella sua dimensione europea fino all’affermazione del concetto e al dibattito che occupò e divise gli alienisti in Italia.
Aspettando il criminale nato. Nascita e affermazione del concetto di follia morale tra Europa e Italia / D'Alessio, Vanni. - (2022), pp. 217-240.
Aspettando il criminale nato. Nascita e affermazione del concetto di follia morale tra Europa e Italia
Vanni D'Alessio
2022
Abstract
Apparvero nelle pratiche e discussioni psichiatriche della seconda metà dell’Ottocento, nei manicomi e nelle aule tribunali, artefici di crimini efferati o comportamenti riprovevoli, sulla bocca di tutti in paese o in città, in casi celebri anche sulla stampa. Spietati quanto violenti, istintivamente malvagi o malvagie potevano essere assassini oppure solo imbroglioni, ciarlatani, prostitute, vagabondi, esseri truffaldini. Sicura- mente non ci si poteva fidare di loro, sin dalla nascita, confermavano genitori e parenti. Erano casi da studiare e furono chiamati pazzi e paz- ze morali, a causa della loro assenza di moralità, esprimevano l’opposto di un normale vivere civile, e prova della loro diversità era l’incapacità di provare empatia, rimorso o altri sentimenti umani; il loro male era un “disturbo del comportamento sociale”, una “devianza da una norma morale e giuridica assieme” e soprattutto una “patologia scomoda”. Concepita sulla scia della categoria di “mania senza delirio” di Philippe Pinel per soggetti al confine tra tendenze criminali e antisociali e disturbi psichiatrici, la follia morale ebbe fortune alterne, soprattutto a causa delle diverse opinioni maturate in seno alle scuole di alienisti francesi, britannici, tedeschi e italiani. Come diagnosi specifica arrivò in Italia nella seconda metà dell’Ottocento, ma come fenomeno e problema medico fu studiato lungo l’intero secolo attorno al rapporto fra la pazzia e crimine. Fu una questione fortemente dibattuta e di notevole importanza sia sociale sia giurisprudenziale e medica, e sarà discussa in queste pagine come problema scientifico, concettuale e terminologico nella sua dimensione europea fino all’affermazione del concetto e al dibattito che occupò e divise gli alienisti in Italia.| File | Dimensione | Formato | |
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