La vita ascetica, ritirata, confinata all’interno della famiglia – soprattutto a partire dai suoi 30 anni, scelta fatta forse non senza dolore e patimenti, la condotta integerrima mantenuta pur trovandosi al centro di un’attenzione talora non priva di cattivi pensieri, insieme ad una ricca una produzione in prosa e in versi connotata da profonda erudizione fecero di Isotta Nogarola un modello femminile di sapienza, dottrina e santità. L’epistolario si stratifica nel corso di tutta la vita di Isotta, ma le lettere scritte tra il 1435 e il 1438, furono quelle che garantirono ad Isotta una prima fama; e fu poi l’intenso scambio, accompagnato da una appassionata empatia, con Lodovico Foscarini a segnare i suoi ultimi anni. La scrittura epistolare di Isotta Nogarola è apertamente schierata e connotata: la scelta esclusiva del latino, il carattere insieme autobiografico e pubblico della corrispondenza, la varietà degli argomenti, ma anche la decisa connotazione erudita e fortemente letteraria pongono la scrittura epistolare di questa donna dottissima su un discrimine peculiare, prossimo a quello degli epistolari di grandi umanisti, quali Francesco Petrarca e Coluccio Salutati, con una decisa impostazione retorica, certamente lontanissima dalle corrispondenze femminili in volgare, spesso di carattere pratico, funzionali ad affari, politiche ed economie familiari. Complessivamente questa corrispondenza, che può essere letta come il documento più autentico della complessa humanitas di Isotta, comprendeva lettere indirizzate quasi esclusivamente a uomini, sia di chiesa che umanisti. Rivolgendosi a questi interlocutori, Isotta sperava di ottenere un qualche riconoscimento delle proprie conoscenze e delle proprie abilità di scrittura. Le risposte ricche di elogi, di ammirazione, ed anche di aspettative, non nascondevano però un confine, un limite rappresentato dalla sua stessa condizione femminile. Proprio questo epistolario rappresenta per Isotta il mezzo per superare il limite del silenzio imposto generalmente alle donne, un limite avvertito dall’umanista con una coscienza critica profonda ed apertamente da lei rifiutato.
Isotta Nogarola, Lettera a Guarino Veronese / Iacono, Antonietta. - (2023), pp. 70-74.
Isotta Nogarola, Lettera a Guarino Veronese
Antonietta Iacono
2023
Abstract
La vita ascetica, ritirata, confinata all’interno della famiglia – soprattutto a partire dai suoi 30 anni, scelta fatta forse non senza dolore e patimenti, la condotta integerrima mantenuta pur trovandosi al centro di un’attenzione talora non priva di cattivi pensieri, insieme ad una ricca una produzione in prosa e in versi connotata da profonda erudizione fecero di Isotta Nogarola un modello femminile di sapienza, dottrina e santità. L’epistolario si stratifica nel corso di tutta la vita di Isotta, ma le lettere scritte tra il 1435 e il 1438, furono quelle che garantirono ad Isotta una prima fama; e fu poi l’intenso scambio, accompagnato da una appassionata empatia, con Lodovico Foscarini a segnare i suoi ultimi anni. La scrittura epistolare di Isotta Nogarola è apertamente schierata e connotata: la scelta esclusiva del latino, il carattere insieme autobiografico e pubblico della corrispondenza, la varietà degli argomenti, ma anche la decisa connotazione erudita e fortemente letteraria pongono la scrittura epistolare di questa donna dottissima su un discrimine peculiare, prossimo a quello degli epistolari di grandi umanisti, quali Francesco Petrarca e Coluccio Salutati, con una decisa impostazione retorica, certamente lontanissima dalle corrispondenze femminili in volgare, spesso di carattere pratico, funzionali ad affari, politiche ed economie familiari. Complessivamente questa corrispondenza, che può essere letta come il documento più autentico della complessa humanitas di Isotta, comprendeva lettere indirizzate quasi esclusivamente a uomini, sia di chiesa che umanisti. Rivolgendosi a questi interlocutori, Isotta sperava di ottenere un qualche riconoscimento delle proprie conoscenze e delle proprie abilità di scrittura. Le risposte ricche di elogi, di ammirazione, ed anche di aspettative, non nascondevano però un confine, un limite rappresentato dalla sua stessa condizione femminile. Proprio questo epistolario rappresenta per Isotta il mezzo per superare il limite del silenzio imposto generalmente alle donne, un limite avvertito dall’umanista con una coscienza critica profonda ed apertamente da lei rifiutato.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.