A partire dagli anni ’80 del Novecento una concomitanza di eventi condusse Napoli alla realizzazione di una delle più vaste operazioni di recupero dell’edilizia esistente mai attuate in Italia (Camerlingo, 1989, p. 6), ovvero la riqualificazione dei casali suburbani mediante piani di recupero e di ricostruzione post-terremoto: un Programma Straordinario che interessò una consistente parte del patrimonio costruito appartenente a 12 nuclei storici della periferia partenopea, i cosiddetti casali. Si trattò, come è stato osservato di un «Laboratorio di estremo interesse per verificare strumenti, norme, procedure e operatori nel passaggio da una cultura dell’espansione a una della riqualificazione» (Gasparrini, 1989, p. 55). Tutto ciò con alle spalle un Piano di Recupero delle Periferie, approvato dal Consiglio comunale immediatamente prima del terremoto del 1980, che aveva guardato con una non comune modernità alla periferia storica di Napoli come a un patrimonio da riqualificare, troppo a lungo lasciato all’abbandono o peggio a quella "lebbra edilizia", che aveva sovrapposto e affiancato ai resti superstiti degli insediamenti storici come masserie e casali nuovi segni architettonici in molti casi non controllati da un piano o da un progetto consapevole complessivo. Grazie al Programma Straordinario quartieri posti a nord di Napoli come Piscinola, Soccavo, Pianura, Secondigliano, Miano, San Pietro a Patierno, nuclei storici della cosiddetta "corona di spine" del capoluogo campano, furono resi oggetto di piani speciali di edilizia pubblica, che rappresentano oggi, dopo circa un quarantennio dalla loro realizzazione, un fertile spunto di riflessione, anche in vista di nuove strategie di riqualificazione da attuare in territori tanto complessi quanto ancora ricchi di potenzialità di restauro e riqualificazione. In questo quadro i casali storici divennero il terreno di confronto per progettisti, per architetti esperti di restauro, urbanisti, strutturisti, che avevano il compito di mettere in sicurezza e di adeguare l’edilizia esistente, spesso in condizioni fatiscenti, ai nuovi standard abitativi, per una popolazione in continua crescita, mediante una serie di interventi che spaziarono dalla conservazione delle tipologie edilizie e costruttive esistenti, all’adeguamento della fabbriche storiche con tecniche innovative, fino all’affiancamento di nuovi manufatti, a generare un dialogo più o meno coerente, a seconda dei casi, con i tessuti urbani storici e il patrimonio costruito preesistente.
Napoli nord. Dai casali storici alle nuove periferie urbane / Picone, Renata. - (2023), pp. 88-97.
Napoli nord. Dai casali storici alle nuove periferie urbane
renata picone
2023
Abstract
A partire dagli anni ’80 del Novecento una concomitanza di eventi condusse Napoli alla realizzazione di una delle più vaste operazioni di recupero dell’edilizia esistente mai attuate in Italia (Camerlingo, 1989, p. 6), ovvero la riqualificazione dei casali suburbani mediante piani di recupero e di ricostruzione post-terremoto: un Programma Straordinario che interessò una consistente parte del patrimonio costruito appartenente a 12 nuclei storici della periferia partenopea, i cosiddetti casali. Si trattò, come è stato osservato di un «Laboratorio di estremo interesse per verificare strumenti, norme, procedure e operatori nel passaggio da una cultura dell’espansione a una della riqualificazione» (Gasparrini, 1989, p. 55). Tutto ciò con alle spalle un Piano di Recupero delle Periferie, approvato dal Consiglio comunale immediatamente prima del terremoto del 1980, che aveva guardato con una non comune modernità alla periferia storica di Napoli come a un patrimonio da riqualificare, troppo a lungo lasciato all’abbandono o peggio a quella "lebbra edilizia", che aveva sovrapposto e affiancato ai resti superstiti degli insediamenti storici come masserie e casali nuovi segni architettonici in molti casi non controllati da un piano o da un progetto consapevole complessivo. Grazie al Programma Straordinario quartieri posti a nord di Napoli come Piscinola, Soccavo, Pianura, Secondigliano, Miano, San Pietro a Patierno, nuclei storici della cosiddetta "corona di spine" del capoluogo campano, furono resi oggetto di piani speciali di edilizia pubblica, che rappresentano oggi, dopo circa un quarantennio dalla loro realizzazione, un fertile spunto di riflessione, anche in vista di nuove strategie di riqualificazione da attuare in territori tanto complessi quanto ancora ricchi di potenzialità di restauro e riqualificazione. In questo quadro i casali storici divennero il terreno di confronto per progettisti, per architetti esperti di restauro, urbanisti, strutturisti, che avevano il compito di mettere in sicurezza e di adeguare l’edilizia esistente, spesso in condizioni fatiscenti, ai nuovi standard abitativi, per una popolazione in continua crescita, mediante una serie di interventi che spaziarono dalla conservazione delle tipologie edilizie e costruttive esistenti, all’adeguamento della fabbriche storiche con tecniche innovative, fino all’affiancamento di nuovi manufatti, a generare un dialogo più o meno coerente, a seconda dei casi, con i tessuti urbani storici e il patrimonio costruito preesistente.File | Dimensione | Formato | |
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