I territori vulnerabili richiedono inevitabilmente una riflessione sul dialogo tra comunità e paesaggio, sulla capacità di convivenza a lungo termine con il rischio, per cui è prioritario, nella progettazione dei paesaggi a rischio, dare il giusto valore al fattore umano e alla componente sociale, predisponendo dispositivi di sensibilizzazione attraverso l'esperienza. Tra i fattori che vengono considerati nella valutazione di un rischio, alcuni rispondono infatti alla vulnerabilità del valore esposto, cioè a tutte quelle caratteristiche intrinseche di un individuo, come la percezione, la consapevolezza, la conoscenza e la preparazione che denotano il grado di suscettibilità di una popolazione a contrarre danni in caso di evento avverso. In questo senso, nei paesaggi caratterizzati dal rischio vulcanico, l'architettura può agire come dispositivo percettivo e narrativo, favorendo l'osservazione, il monitoraggio, la misurazione e l'esperienza alla scala collettiva. L'architettura, come presidio, può orientare la consapevolezza del rischio, formando un nuovo soggetto che da osservatore diventa attore. Intesa come presidio plurale, che agisce per la tutela e lo sviluppo in situ o ex situ del paesaggio, l'architettura può facilitare la riconoscibilità della natura vulcanica dei luoghi e l'accessibilità alla sua conoscenza fisica, morfologica e semantica, costruendo e diffondendo una consapevolezza allargata rispetto alle fragilità territoriali di “iperoggetti” paesaggistici in costante metamorfosi, sterminatori e creatori. Da un lato, infatti, ci sono progetti legati all'accessibilità e alla specificazione di morfologie e topografie dello spazio aperto che reinterpretano la struttura vulcanica e che possono essere definiti come dispositivi che facilitano una percezione in situ, un'osservazione, una rilevazione e un'esperienza diretta che avviene attraverso il movimento del corpo nel contesto paesaggistico reale. Dall'altro lato, ci sono le sperimentazioni ex situ, architetture museali legate alla definizione di edifici riconoscibili per un certo grado di autonomia formale rispetto al contesto morfologico di riferimento, che lavorano sulla deterritorializzazione e riterritorializzazione del paesaggio vulcanico e che sono finalizzate all'osservazione, al monitoraggio e alla narrazione di ciò che si trova al di fuori delle loro mura e di cui introiettano, studiano, comunicano e diffondono i contenuti. Non si tratta però di progettare assetti fisici stabili e finiti, ma di progettare processi di trasformazione e allo stesso modo processi di percezione progressiva: processi che possono essere guidati ma non fissati una volta per tutte.
La percezione del rischio. Il progetto come presidio del paesaggio vulcanico / DI PALMA, Bruna. - (2024), pp. 248-261.
La percezione del rischio. Il progetto come presidio del paesaggio vulcanico
Di Palma Bruna
2024
Abstract
I territori vulnerabili richiedono inevitabilmente una riflessione sul dialogo tra comunità e paesaggio, sulla capacità di convivenza a lungo termine con il rischio, per cui è prioritario, nella progettazione dei paesaggi a rischio, dare il giusto valore al fattore umano e alla componente sociale, predisponendo dispositivi di sensibilizzazione attraverso l'esperienza. Tra i fattori che vengono considerati nella valutazione di un rischio, alcuni rispondono infatti alla vulnerabilità del valore esposto, cioè a tutte quelle caratteristiche intrinseche di un individuo, come la percezione, la consapevolezza, la conoscenza e la preparazione che denotano il grado di suscettibilità di una popolazione a contrarre danni in caso di evento avverso. In questo senso, nei paesaggi caratterizzati dal rischio vulcanico, l'architettura può agire come dispositivo percettivo e narrativo, favorendo l'osservazione, il monitoraggio, la misurazione e l'esperienza alla scala collettiva. L'architettura, come presidio, può orientare la consapevolezza del rischio, formando un nuovo soggetto che da osservatore diventa attore. Intesa come presidio plurale, che agisce per la tutela e lo sviluppo in situ o ex situ del paesaggio, l'architettura può facilitare la riconoscibilità della natura vulcanica dei luoghi e l'accessibilità alla sua conoscenza fisica, morfologica e semantica, costruendo e diffondendo una consapevolezza allargata rispetto alle fragilità territoriali di “iperoggetti” paesaggistici in costante metamorfosi, sterminatori e creatori. Da un lato, infatti, ci sono progetti legati all'accessibilità e alla specificazione di morfologie e topografie dello spazio aperto che reinterpretano la struttura vulcanica e che possono essere definiti come dispositivi che facilitano una percezione in situ, un'osservazione, una rilevazione e un'esperienza diretta che avviene attraverso il movimento del corpo nel contesto paesaggistico reale. Dall'altro lato, ci sono le sperimentazioni ex situ, architetture museali legate alla definizione di edifici riconoscibili per un certo grado di autonomia formale rispetto al contesto morfologico di riferimento, che lavorano sulla deterritorializzazione e riterritorializzazione del paesaggio vulcanico e che sono finalizzate all'osservazione, al monitoraggio e alla narrazione di ciò che si trova al di fuori delle loro mura e di cui introiettano, studiano, comunicano e diffondono i contenuti. Non si tratta però di progettare assetti fisici stabili e finiti, ma di progettare processi di trasformazione e allo stesso modo processi di percezione progressiva: processi che possono essere guidati ma non fissati una volta per tutte.| File | Dimensione | Formato | |
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