Le game cities oggi costituiscono un vero e proprio immaginario di città: dal genere fantasy fino a quello distopico, i videogiochi e le loro storie vanno in scena all’interno di illusioni urbane ‘credibili’, organismi virtuali complessi e metamorfici che nascono dalle intuizioni e dalle visioni dei concept artist per poi essere digitalmente ‘costruiti’ dai game urbanist, contemperando storytelling ed esigenze tecniche, worldbuilding e level design, credibilità e giocabilità. Le ipercittà digitali vengono immaginate e modellate ricorrendo a licenze artistiche e sovvertendo regole a favore di un’estetica che rispecchi il mood ed il setting della storia. Nella costruzione di queste città-macchina spesso si ignorano i rapporti di scala, creando labirintiche e vertiginose – talvolta impossibili – configurazioni al fine di creare e comunicare una determinata atmosfera. Ciò che conta è che la rappresentazione della città sia credibile e coerente con la cornice narrativa ed il worldbuilding, caratteristiche essenziali per rendere realmente immersiva l’esperienza di gioco negli spazi urbani fittizi. Tali città, anche quando rimandano a luoghi reali - reinterpretandone gli archetipi - non sono pensate per essere abitate: eppure, la loro coerenza interna fa sì che esse appaiano ‘possibili’ all’osservatore/giocatore. Non a caso la storia dell’iconografia urbana dei videogiochi è fittamente interconnessa con quella della rappresentazione delle città immaginarie nel cinema: in entrambi i casi ci troviamo di fronte a ‘proiezioni’ di città, che comunicano e raccontano la propria storia. Analogamente alle città reali, esse riflettono la cultura e le strutture sociali della civiltà che le ha fondate; si fanno sfondo, teatro, simbolo o addirittura si impongono come protagoniste assolute all’interno della narrazione. All’interno del repertorio iconografico di ipercittà fondate sulla relazione uomo-macchina, è possibile distinguere due tipologie ricorrenti: le ipercittà fantastiche e le ipercittà distopiche. Le prime appartengono a mondi immaginari o universi alternativi che rispondono a leggi fisiche, logiche ed esigenze diverse da quelle del mondo reale: si tratta di città come la Midgar di Final Fantasy VII (1997), e annessi remake/spin-off, oppure la Insomnia dell’universo di Final Fantasy XV (2016); le seconde incarnano, invece, visioni di un futuro possibile, prefigurazione e anticipazione di scenari, paure e angosce che affondano le loro radici nel presente: è il caso della città di Rapture della serie di Bioshock o della Citadel della trilogia di Mass Effect. Il contributo cerca dunque di tracciare il profilo delle ipercittà immaginarie messe in scena nelle produzioni videoludiche, presentando alcuni casi emblematici che – insieme a quelli provenienti dall’industria cinematografica – incarnano e, al contempo, alimentano, ‘modellano’ e contaminano l’immaginario collettivo contemporaneo della città-macchina, in una dialettica tra realtà e immaginazione.
Fictional hyper-cities. Visioni e rappresentazioni di ipercittà immaginarie nei videogiochi / Ansaldi, Barbara. - (2024), pp. 240-275.
Fictional hyper-cities. Visioni e rappresentazioni di ipercittà immaginarie nei videogiochi
Barbara Ansaldi
2024
Abstract
Le game cities oggi costituiscono un vero e proprio immaginario di città: dal genere fantasy fino a quello distopico, i videogiochi e le loro storie vanno in scena all’interno di illusioni urbane ‘credibili’, organismi virtuali complessi e metamorfici che nascono dalle intuizioni e dalle visioni dei concept artist per poi essere digitalmente ‘costruiti’ dai game urbanist, contemperando storytelling ed esigenze tecniche, worldbuilding e level design, credibilità e giocabilità. Le ipercittà digitali vengono immaginate e modellate ricorrendo a licenze artistiche e sovvertendo regole a favore di un’estetica che rispecchi il mood ed il setting della storia. Nella costruzione di queste città-macchina spesso si ignorano i rapporti di scala, creando labirintiche e vertiginose – talvolta impossibili – configurazioni al fine di creare e comunicare una determinata atmosfera. Ciò che conta è che la rappresentazione della città sia credibile e coerente con la cornice narrativa ed il worldbuilding, caratteristiche essenziali per rendere realmente immersiva l’esperienza di gioco negli spazi urbani fittizi. Tali città, anche quando rimandano a luoghi reali - reinterpretandone gli archetipi - non sono pensate per essere abitate: eppure, la loro coerenza interna fa sì che esse appaiano ‘possibili’ all’osservatore/giocatore. Non a caso la storia dell’iconografia urbana dei videogiochi è fittamente interconnessa con quella della rappresentazione delle città immaginarie nel cinema: in entrambi i casi ci troviamo di fronte a ‘proiezioni’ di città, che comunicano e raccontano la propria storia. Analogamente alle città reali, esse riflettono la cultura e le strutture sociali della civiltà che le ha fondate; si fanno sfondo, teatro, simbolo o addirittura si impongono come protagoniste assolute all’interno della narrazione. All’interno del repertorio iconografico di ipercittà fondate sulla relazione uomo-macchina, è possibile distinguere due tipologie ricorrenti: le ipercittà fantastiche e le ipercittà distopiche. Le prime appartengono a mondi immaginari o universi alternativi che rispondono a leggi fisiche, logiche ed esigenze diverse da quelle del mondo reale: si tratta di città come la Midgar di Final Fantasy VII (1997), e annessi remake/spin-off, oppure la Insomnia dell’universo di Final Fantasy XV (2016); le seconde incarnano, invece, visioni di un futuro possibile, prefigurazione e anticipazione di scenari, paure e angosce che affondano le loro radici nel presente: è il caso della città di Rapture della serie di Bioshock o della Citadel della trilogia di Mass Effect. Il contributo cerca dunque di tracciare il profilo delle ipercittà immaginarie messe in scena nelle produzioni videoludiche, presentando alcuni casi emblematici che – insieme a quelli provenienti dall’industria cinematografica – incarnano e, al contempo, alimentano, ‘modellano’ e contaminano l’immaginario collettivo contemporaneo della città-macchina, in una dialettica tra realtà e immaginazione.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.