L’ampio saggio analizza entro un arco temporale molto esteso la complessità del rapporto Stato-Chiesa letto alla luce dell’attualissimo profilo fiscale. Segue in particolare la singolarissima vicenda della costituzione fridericiana Praedecessorum nostrorum con la quale l’imperatore svevo, nel quadro dell’aspro conflitto con Roma, intese contrastare il formarsi e il consolidarsi della ‘manomorta ecclesiastica, assoggettando ad una rigorosa disciplina i beni degli ordini religiosi. Con la Praedecessorum, infatti, Federico disponeva, richiamando un’analoga norma dei “predecessori” che i beni facenti capo a gli enti religiosi, in particolare ai Templari ed agli Hospitalari, dovessero a pena di confisca essere rimessi in circolazione e,così, sottratti alla immobilizzazione e alla conseguente esenzione fiscale. La reazione da parte della Chiesa contro chi, palesemente ingrato, voleva renderla “povera” fu durissima sino alla scomunica pronunziata dal Concilio riunito a Lione nel 1245 per volere del pontefice genovese Innocenzo IV. Dopo la scomparsa di chi osava proclamarsi ereticamente pater iustitiae, i giuristi dell’età angioina furono consoni nell’asserire che Federico non avrebbe potuto disporre «de rebus non suis», appartenendo i beni colpiti direttamente a Cristo: eccedendo dai suoi poteri aveva posto in essere la tipica fattispecie della tirannide velata. Di fatto, la Costituzione ritenuta invalida («nihil valet») andava espunta dal contesto normativo fridericiano. Intanto, nel 1475, nell’ambito della riforma fiscale voluta da Ferrante d’Aragona, a sua volta scomunicato dal genovese Innocenzo VIII, la Praedecessorum ricompariva nell’editio princeps per i tipi di Sisto Riessinger.
La Costituzione "Praedecessorum nostrorum": una chiave di lettura nei rapporti fra Stato e Chiesa (prima parte) / Cernigliaro, Aurelio. - In: FRONTIERA D'EUROPA. - ISSN 1723-4611. - STAMPA. - 1:anno X(2004), pp. 17-58.
La Costituzione "Praedecessorum nostrorum": una chiave di lettura nei rapporti fra Stato e Chiesa (prima parte)
CERNIGLIARO, AURELIO
2004
Abstract
L’ampio saggio analizza entro un arco temporale molto esteso la complessità del rapporto Stato-Chiesa letto alla luce dell’attualissimo profilo fiscale. Segue in particolare la singolarissima vicenda della costituzione fridericiana Praedecessorum nostrorum con la quale l’imperatore svevo, nel quadro dell’aspro conflitto con Roma, intese contrastare il formarsi e il consolidarsi della ‘manomorta ecclesiastica, assoggettando ad una rigorosa disciplina i beni degli ordini religiosi. Con la Praedecessorum, infatti, Federico disponeva, richiamando un’analoga norma dei “predecessori” che i beni facenti capo a gli enti religiosi, in particolare ai Templari ed agli Hospitalari, dovessero a pena di confisca essere rimessi in circolazione e,così, sottratti alla immobilizzazione e alla conseguente esenzione fiscale. La reazione da parte della Chiesa contro chi, palesemente ingrato, voleva renderla “povera” fu durissima sino alla scomunica pronunziata dal Concilio riunito a Lione nel 1245 per volere del pontefice genovese Innocenzo IV. Dopo la scomparsa di chi osava proclamarsi ereticamente pater iustitiae, i giuristi dell’età angioina furono consoni nell’asserire che Federico non avrebbe potuto disporre «de rebus non suis», appartenendo i beni colpiti direttamente a Cristo: eccedendo dai suoi poteri aveva posto in essere la tipica fattispecie della tirannide velata. Di fatto, la Costituzione ritenuta invalida («nihil valet») andava espunta dal contesto normativo fridericiano. Intanto, nel 1475, nell’ambito della riforma fiscale voluta da Ferrante d’Aragona, a sua volta scomunicato dal genovese Innocenzo VIII, la Praedecessorum ricompariva nell’editio princeps per i tipi di Sisto Riessinger.File | Dimensione | Formato | |
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