Giustizia pubblica, private vendette. Riflessioni intorno alla stagione dell'infragiustizia

Il saggio prende le distanze, e ridiscute criticamente, la dicotomia tra giustizia pubblica/retributiva e giustizia privata/negoziale, teorizzata da un famoso saggio di B. Lenma e G. Parker e riformulata in Italia da Mario Sbriccoli secondo la contrapposizione tra giustizia egemonica (dalla prima età moderna) e giustizia negoziata (tipica dell’età medievale). Le due categorie rifletterebbero, oltre che forme storicamente datate di uso della giustizia, modelli ideali, ripresentabili in diversi momenti storici. L'autore contrappone ad una tale, troppo decisa polarità, diverse, coesistenti strategie di soluzione dei conflitti, che vedono continuamente intrecciarsi, tanto nel medioevo che nell’età moderna, retribuzione e negoziazione, sia nella sfera istituzionale che in quella comunitaria. A sottolineare e definire unitariamente le forme non istituzionali di soluzione del conflitto, intervenivano nel 1996 i saggi di B. Garnot, che fissavano la categoria – in verità troppo dilatata – di infragiustizia, che implicitamente restringeva campo e significato della giustizia pubblica. In realtà, il quadro di una società europea propensa a risolvere in forme risarcitorie e compositive anche i propri conflitti gravi, ma costretta dalla giustizia di apparato a forme giudiziali e retributive, viene largamente contraddetto dalle ricerche che dimostrano la piena consapevolezza sociale delle chances offerte dalla giustizia pubblica, alla quale le parti facevano ricorso per il raggiungimento di scopi diversi: la sottrazione ai poteri locali e signorili prima di tutto, l’intimidazione della parte avversa, l’acquisizione di una posizione di vantaggio in vista di un successivo patteggiamento, la sete di punizione. Una chiave di ricerca che analizzi i diversi usi della giustizia, piuttosto che fissare due modelli rigidamente contrapposti, appare in definitiva più fertile ad illuminare il rapporto tra società europee e giustizia.