I depositi piroclastici da caduta, principalmente derivati dall’attività esplosiva del Somma-Vesuvio, sono distribuiti nell’area perivesuviana in maniera disomogenea in accordo agli assi di dispersione di ciascuna eruzione, raggiungendo uno spessore teorico variabile da 4 a 7 m sui Monti di Sarno, da 2 a 4 m sui Monti di Avella e attorno a 2 m sui Monti Lattari. Fin dal momento della deposizione sui versanti montuosi, i depositi piroclastici sono stati soggetti a fenomeni denudazionali, perlopiù rappresentati da movimenti di massa, generalmente controllati dall’angolo di pendio e dall’occorrenza di precipitazioni meteoriche, così come dimostrano i numerosi affioramenti in aree pedemontane nei quali è possibile osservare l’intercalazione di depositi di debris flows a quelli della stessa eruzione. I fenomeni di instabilità delle coltri piroclastiche hanno continuità fino al presente in relazione all’occorrenza di piogge di forte intensità e durata. Ciò si riflette nella presenza, lungo i versanti, di serie vulcanoclastiche incomplete e con spessori spesso ridotti fino alla totale elisione. In questo lavoro è discussa l’interpretazione di un modello di distribuzione delle coltri piroclastiche lungo i versanti, derivato dall’analisi di dati rilevati in aree campione dei rilievi montuosi circostanti la Piana Campana, rappresentative delle condizioni tipiche dell’innesco dei debris slides – debris flows. Uno dei principali risultati emersi è l’esistenza di una relazione tra l’angolo di pendio e l’assetto stratigrafico, che appare approssimativamente completo solo per condizioni morfologiche caratterizzate da valori generalmente inferiori a 30°, ed incompleto per valori superiori, comportando la terminazione verso valle degli orizzonti di lapilli pomicei ad elevata permeabilità. Tale modello consente una differente comprensione dei meccanismi d’innesco delle frane, costituendo peraltro un utile ausilio per la stima dei volumi mobilitabili e quindi per la previsione dei possibili scenari di mobilità dei debris flows.
Distribuzione delle coltri piroclastiche in ambito perivesuviano e suscettibilità a franare / DE VITA, Pantaleone. - ELETTRONICO. - (2010), pp. 1-9. (Intervento presentato al convegno Giornata finale di studio - XIII edizione Campus di Ingegneria Naturalistica AIPIN Campania tenutosi a Università degli Studi di Napoli "Federico II" nel 22 giugno 2010).
Distribuzione delle coltri piroclastiche in ambito perivesuviano e suscettibilità a franare
DE VITA, PANTALEONE
2010
Abstract
I depositi piroclastici da caduta, principalmente derivati dall’attività esplosiva del Somma-Vesuvio, sono distribuiti nell’area perivesuviana in maniera disomogenea in accordo agli assi di dispersione di ciascuna eruzione, raggiungendo uno spessore teorico variabile da 4 a 7 m sui Monti di Sarno, da 2 a 4 m sui Monti di Avella e attorno a 2 m sui Monti Lattari. Fin dal momento della deposizione sui versanti montuosi, i depositi piroclastici sono stati soggetti a fenomeni denudazionali, perlopiù rappresentati da movimenti di massa, generalmente controllati dall’angolo di pendio e dall’occorrenza di precipitazioni meteoriche, così come dimostrano i numerosi affioramenti in aree pedemontane nei quali è possibile osservare l’intercalazione di depositi di debris flows a quelli della stessa eruzione. I fenomeni di instabilità delle coltri piroclastiche hanno continuità fino al presente in relazione all’occorrenza di piogge di forte intensità e durata. Ciò si riflette nella presenza, lungo i versanti, di serie vulcanoclastiche incomplete e con spessori spesso ridotti fino alla totale elisione. In questo lavoro è discussa l’interpretazione di un modello di distribuzione delle coltri piroclastiche lungo i versanti, derivato dall’analisi di dati rilevati in aree campione dei rilievi montuosi circostanti la Piana Campana, rappresentative delle condizioni tipiche dell’innesco dei debris slides – debris flows. Uno dei principali risultati emersi è l’esistenza di una relazione tra l’angolo di pendio e l’assetto stratigrafico, che appare approssimativamente completo solo per condizioni morfologiche caratterizzate da valori generalmente inferiori a 30°, ed incompleto per valori superiori, comportando la terminazione verso valle degli orizzonti di lapilli pomicei ad elevata permeabilità. Tale modello consente una differente comprensione dei meccanismi d’innesco delle frane, costituendo peraltro un utile ausilio per la stima dei volumi mobilitabili e quindi per la previsione dei possibili scenari di mobilità dei debris flows.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.