Il Seminario, rivolto agli studenti, ha cercato di fornire loro qualche possibile chiave di lettura per capire cosa sia ancora oggi possibile imparare dalla storia personale di Giuseppe Samonà, dai suoi scritti e, in particolare dalle sue opere. Temi dell’intervento sono stati: il ruolo di Samonà nella scuola di Venezia; l’unità urbanistica-architettura; il ruolo della storia. Samonà chiamò allo IUAV i migliori architetti (talvolta esclusi da altre scuole) ma anche pittori, letterati, filosofi per fare della Scuola un luogo dove non si perseguisse un approccio dogmatico ai problemi quanto piuttosto dove si facesse sperimentazione basata sulle interazioni, sui nessi che si provava a stabilire tra diversi punti di vista, diversi approcci. Il che non significa tuttavia che ci fosse un approccio letterario o, peggio, extradisciplinare, al progetto di architettura (che rimaneva il centro della riflessione anzi in una vicinanza anche tra il mondo della professione ed il mondo accademico) dove le altre discipline (la sociologia, la politica cui pure Samonà partecipò attivamente rivestendo la carica di senatore della repubblica) erano funzionali alla comprensione della realtà (e della sua complessità) la cui ‘rappresentazione’ doveva però rimanere affidata agli strumenti propri della disciplina e, quindi al progetto. Questo, di fatto, significa dire che esiste una sola disciplina – che si chiama architettura – e che i suoi strumenti si applicano a tutte le scale di intervento (la albertiana citazione della città come grande casa e della casa come piccola città dovrebbe ancora dirci qualcosa come pure dal cucchiaio alla città o l’Aldo Rossi che disegna, nella medesima foggia caffettiere ed edifici). Poi certo, in quella che fu una stagione di grandi concorsi territoriali, in cui per la prima volta forse la città italiana compatta si confrontava con la grande dimensione, la sperimentazione di Samonà (centro Direzionale di Torino, università di cagliari, concorsi università di Novissime) ebbe il merito di mettere davvero le mani in questa sperimentazione, forse il limite di ‘rinunciare’ ad avere un carattere architettonico, anche un linguaggio. Sul ruolo della storia poi Samonà teorizza un uso della storia come materiale per la conoscenza della città e quindi per il progetto: si tratta cioè di uno studio strutturalista e non cronologico della storia.
Le opere di Samonà e la scuola di Venezia / Capozzi, Renato; Orfeo, Camillo; Visconti, Federica. - (2010).
Le opere di Samonà e la scuola di Venezia
CAPOZZI, RENATO;ORFEO, Camillo;VISCONTI, FEDERICA
2010
Abstract
Il Seminario, rivolto agli studenti, ha cercato di fornire loro qualche possibile chiave di lettura per capire cosa sia ancora oggi possibile imparare dalla storia personale di Giuseppe Samonà, dai suoi scritti e, in particolare dalle sue opere. Temi dell’intervento sono stati: il ruolo di Samonà nella scuola di Venezia; l’unità urbanistica-architettura; il ruolo della storia. Samonà chiamò allo IUAV i migliori architetti (talvolta esclusi da altre scuole) ma anche pittori, letterati, filosofi per fare della Scuola un luogo dove non si perseguisse un approccio dogmatico ai problemi quanto piuttosto dove si facesse sperimentazione basata sulle interazioni, sui nessi che si provava a stabilire tra diversi punti di vista, diversi approcci. Il che non significa tuttavia che ci fosse un approccio letterario o, peggio, extradisciplinare, al progetto di architettura (che rimaneva il centro della riflessione anzi in una vicinanza anche tra il mondo della professione ed il mondo accademico) dove le altre discipline (la sociologia, la politica cui pure Samonà partecipò attivamente rivestendo la carica di senatore della repubblica) erano funzionali alla comprensione della realtà (e della sua complessità) la cui ‘rappresentazione’ doveva però rimanere affidata agli strumenti propri della disciplina e, quindi al progetto. Questo, di fatto, significa dire che esiste una sola disciplina – che si chiama architettura – e che i suoi strumenti si applicano a tutte le scale di intervento (la albertiana citazione della città come grande casa e della casa come piccola città dovrebbe ancora dirci qualcosa come pure dal cucchiaio alla città o l’Aldo Rossi che disegna, nella medesima foggia caffettiere ed edifici). Poi certo, in quella che fu una stagione di grandi concorsi territoriali, in cui per la prima volta forse la città italiana compatta si confrontava con la grande dimensione, la sperimentazione di Samonà (centro Direzionale di Torino, università di cagliari, concorsi università di Novissime) ebbe il merito di mettere davvero le mani in questa sperimentazione, forse il limite di ‘rinunciare’ ad avere un carattere architettonico, anche un linguaggio. Sul ruolo della storia poi Samonà teorizza un uso della storia come materiale per la conoscenza della città e quindi per il progetto: si tratta cioè di uno studio strutturalista e non cronologico della storia.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.