Il testo propone una lettura delle architetture realizzate da Max Dudler fondata su due 'questioni generali': due motivi che rispondono a due diversi punti di un unico ragionamento, il primo legato alla ‘questione della Scuola’ e il secondo alla ‘questione urbana’. Primo punto: la ‘questione della Scuola’. L’opera di Max Dudler è letta all'interno della sua appartenenza ad una scuola tedesca contemporanea il cui riferimento principale è la figura di Oswald Mathias Ungers, nel cui studio Dudler, benché nato in realtà in Svizzera, ha lavorato dopo gli studi al College of Fine Arts di Berlino con il professor Ludwig Leo. Gli architetti che vengono indicati come esponenti di questa scuola conservano ognuno tratti originali, nelle posizioni teoriche e nel loro progettare, eppure non le loro opere appaiono riconducibili ad una certa matrice comune che risiede nella possibilità di individuare, attraverso la lettura del loro lavoro, una ricerca finalizzata a trovare un linguaggio condiviso. Proprio l’analisi delle differenze tra gli esponenti della Scuola, rispetto alle posizioni teoriche che esprimono e agli edifici che progettano serve a sgombrare il campo da un equivoco possibile e cioè che questa ricerca di un linguaggio comune si esaurisca nel problema delle soluzioni stilistiche adottate. Secondo punto: la ‘questione urbana’. Qui la tesi proposta nel testo è che le architetture di Max Dudler sono, per eccellenza, Architektur für die stadt : perché adeguate a contribuire alla realizzazione continua di quella straordinaria opera d’arte collettiva che è la città, in una atmosfera di silenzio, lontana dal rumore e dalle assordanti grida attraverso le quali spesso si esprime la contemporaneità, intenta a ridurre l’architettura a pura immagine in grado di colpire immediatamente, catturare l’attenzione ma che ha perso la capacità di commuovere, come sanno invece ancora fare le architetture anche di un recente passato. Le architetture di Max Dudler sembrano all’opposto: sono architetture fatte non per celebrare se stesse o chi le ha ideate ma sono architetture che celebrano la città e lo fanno in svariati, tutti interessanti, modi, affrontando temi urbani di grande interesse.
Temi urbani / Visconti, Federica. - STAMPA. - (2007), pp. 17-18.
Temi urbani
VISCONTI, FEDERICA
2007
Abstract
Il testo propone una lettura delle architetture realizzate da Max Dudler fondata su due 'questioni generali': due motivi che rispondono a due diversi punti di un unico ragionamento, il primo legato alla ‘questione della Scuola’ e il secondo alla ‘questione urbana’. Primo punto: la ‘questione della Scuola’. L’opera di Max Dudler è letta all'interno della sua appartenenza ad una scuola tedesca contemporanea il cui riferimento principale è la figura di Oswald Mathias Ungers, nel cui studio Dudler, benché nato in realtà in Svizzera, ha lavorato dopo gli studi al College of Fine Arts di Berlino con il professor Ludwig Leo. Gli architetti che vengono indicati come esponenti di questa scuola conservano ognuno tratti originali, nelle posizioni teoriche e nel loro progettare, eppure non le loro opere appaiono riconducibili ad una certa matrice comune che risiede nella possibilità di individuare, attraverso la lettura del loro lavoro, una ricerca finalizzata a trovare un linguaggio condiviso. Proprio l’analisi delle differenze tra gli esponenti della Scuola, rispetto alle posizioni teoriche che esprimono e agli edifici che progettano serve a sgombrare il campo da un equivoco possibile e cioè che questa ricerca di un linguaggio comune si esaurisca nel problema delle soluzioni stilistiche adottate. Secondo punto: la ‘questione urbana’. Qui la tesi proposta nel testo è che le architetture di Max Dudler sono, per eccellenza, Architektur für die stadt : perché adeguate a contribuire alla realizzazione continua di quella straordinaria opera d’arte collettiva che è la città, in una atmosfera di silenzio, lontana dal rumore e dalle assordanti grida attraverso le quali spesso si esprime la contemporaneità, intenta a ridurre l’architettura a pura immagine in grado di colpire immediatamente, catturare l’attenzione ma che ha perso la capacità di commuovere, come sanno invece ancora fare le architetture anche di un recente passato. Le architetture di Max Dudler sembrano all’opposto: sono architetture fatte non per celebrare se stesse o chi le ha ideate ma sono architetture che celebrano la città e lo fanno in svariati, tutti interessanti, modi, affrontando temi urbani di grande interesse.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.