Lo studio si fonda sull’analisi di narrazioni prodotte da tre gruppi differenti di parlanti, adolescenti e adulti. Gli adolescenti hanno tra i 12 e i 13 anni (frequentano la terza media) e sono divisi in due gruppi, a seconda che provengano da un ambiente socio-culturalmente privilegiato o svantaggiato. Gli adulti, o gruppi di controllo, hanno tutti un livello di istruzione elevato poiché hanno quasi sempre un diploma universitario. Ciascun gruppo è costituito da 20 informatori. Gli adolescenti « sfavoriti» lo sono ai livelli linguistico, culturale e spesso anche economico, poiché vivono in uno dei quartieri più pericolosi di Napoli, i detti Quartieri Spagnoli, in cui il tasso di delinquenza è fortemente associato al livello culturale molto basso e alle condizioni in genere indigenti di molte delle famiglie che lo popolano. Il lavoro riprende alcune tematiche dello studio di Giuliano (2006), approfondendole attraverso un nuovo ciclo di narrazioni. Le variabili “ambiente svantaggiato e problematico” vs “ambiente privilegiato” sono state investigate per il tramite di un test socio-biografico fornito agli informatori sotto forma di una conversazione libera circa i loro interessi, le loro amicizie, le loro famiglie ecc. Nell’insieme, i soggetti svantaggiati non ricevono alcun stimolo culturale o linguistico dalle loro famiglie e passano la gran parte del proprio tempo per strada o guardando programmi di pessima qualità. Il compito narrativo loro proposto è un cortometraggio ricavato dal film Tempi Moderni di Charlie Chaplin, utilizzato in svariati progetti di ricerca internazionali. Tale supporto è diviso in due parti ed è stato gestito nel modo che segue: 1. l’intervistato ha visionato la prima parte in presenza di un interlocutore e dell’intervistatore; 2. l’intervistato ha guardato la seconda parte solo dopo l’uscita dell’interlocutore dalla sala di proiezione del film; 3. l’interlocutore è rientrato nella sala a proiezione conclusa ed ha chiesto all’intervistato cosa fosse accaduto dopo la sua uscita, sostenendo di non aver mai visto il film in questione e dunque di non poterne conoscere il seguito. 4. ciascuna narrazione è stata registrata e trascritta tenendo conto del carattere orale della produzione. Il confronto tra i tre gruppi di informatori ha permesso di mettere in evidenza ciò che pertiene ad una competenza narrativa lacunosa (i soggetti problematici) e ciò che caratterizza narrazioni invece “complesse” in rapporto all’età (gli adolescenti favoriti e gli adulti con livello di istruzione medio-elevato). Tale complessità è stata valutata in relazione a svariate dimensioni e nell’ambito di una prospettiva di stampo funzionalista. Ci si è focalizzati sul grado di controllo del movimento referenziale – secondo la terminologia di Klein e von Stutterheim (1991) – in rapporto in particolare al riferimento ai protagonisti, in connessione con l’organizzazione più o meno lacunosa della struttura narrativa (cfr. Labov / Waletsky 1967; Shiro 2003). Abbiamo ipotizzato che l’intreccio di queste due dimensioni avrebbe gettato luce sulla maniera più o meno complessa di gestire il compito narrativo in questione, ai livelli linguistico e discorsivo, e sul modo più o meno ambiguo di interagire con l’interlocutore. I fenomeni che abbiamo considerato al fine di verificare questa ipotesi sono la capacità di disambiguare il riferimento ex novo ai protagonisti, l’identificazione delle relazioni di causalità e finalità nell’ambito delle connessioni tra gli episodi, l’espressione dell’intenzionalità e dei sentimenti dei personaggi (Trabasso & Sperry 1985; Benazzo 2004). Ora, in condizioni favorevoli di acquisizione linguistica, i tratti di complessità narrativa appena citati, e che un compito quale quello proposto richiede di mobilitare, sono ben gestiti già a partire dai dieci anni, a condizione che la famiglia e la scuola abbiano svolto i loro rispettivi e cruciali ruoli educativi (cfr. Hendriks 1999; Hickmann 2004). A questa età, tali competenze presentano già le caratteristiche specifiche della lingua materna del bambino (cfr. Giuliano 2012). I risultati relativi al gruppo proveniente da ambiente non svantaggiato da me investigato dimostrano che le loro narrazioni sono del tutto in linea col tipo di complessità linguistica ed interazionale che gli autori citati supra hanno descritto per lingue diverse dall’italiano in relazione a soggetti della stessa età. Tali risultati, inoltre, benché ancora lontani da certe caratteristiche propriamente adulte, ne presentano già svariati elementi cruciali. Al contrario, in una situazione di marginalizzazione linguistica, culturale, e talora anche economica, quale quella del nostro secondo gruppo di adolescenti, molte delle attese dell’interlocutore non sono rispettate: il riferimento ai protagonisti può essere confusionario e perciò incomprensibile, le relazioni di causalità e finalità sono normalmente da inferire così come anche l’intenzionalità dei personaggi. I soggetti emarginati tendono anche ad un ordine cronologico rigido ed evitano modalizzazioni di qualsiasi tipo, fornendo esclusivamente il risultato delle azioni. Di conseguenza, le loro narrazioni mostrano caratteristiche simili ai racconti dei bambini di 6-7 anni provenienti da ambiente non svantaggiato. Di fronte ad una tale maniera di trattare un compito narrativo, l’interlocutore deve attivamente contribuire alla costruzione dei significati da condividere chiedendo o compensando ciò che a volte non è esplicitato o del tutto chiaro. Benazzo, S., 2004. « L’expression de la causalité dans le discours narratif en français L1 et L2 ». Langages. CLV : 33-50. Giuliano, P. 2006. Abilità Narrativa ed Emarginazione Sociale. Napoli: Liguori, 2a ed. Giuliano, P., 2012, “The construction of textual cohesion in narrative texts: evidence from different tasks by Italian children from 4 to 10 years old”, Linguistica e Filologia 32 Klein, W. & Stutterheim, C. von. 1991. «Text structure and referential movement». Sprache und Pragmatik. XXII: 1-32. Labov, W. / Waletzky, J. 1967. «Narrative analysis: oral versions of personal experience». Helm, J. (ed). Essays on Verbal and Visual Arts. Seattle: University of Washington Press. Hickmann, M. 1995. «Discourse organisation and the development of reference to person, space and time». Fletcher, P.,MacWhinney, B. (ed). The Handbook of Child Language. Oxford: Blackwell, 194-218. Shiro, M. 2003. «Genre and evaluation in narrative development». Journal of Child Language XXX: 165-195. Hendricks, H. 1999. «The acquisition of temporal reference in first and second language acquisition: what children already know and adults still have to learn and vice versa». Psychology of Language and Communication. III(1): 41-60. Trabasso, T. / Sperry, L. L. 1985. «Causal relatedness and importance of story events». Journal of Memory and Language. XXIV: 595-611.
La competenza narrativo-testuale degli adolescenti: soggetti emarginati e soggetti privilegiati / Giuliano, Patrizia. - (2014), pp. 257-275.
La competenza narrativo-testuale degli adolescenti: soggetti emarginati e soggetti privilegiati
Patrizia Giuliano
2014
Abstract
Lo studio si fonda sull’analisi di narrazioni prodotte da tre gruppi differenti di parlanti, adolescenti e adulti. Gli adolescenti hanno tra i 12 e i 13 anni (frequentano la terza media) e sono divisi in due gruppi, a seconda che provengano da un ambiente socio-culturalmente privilegiato o svantaggiato. Gli adulti, o gruppi di controllo, hanno tutti un livello di istruzione elevato poiché hanno quasi sempre un diploma universitario. Ciascun gruppo è costituito da 20 informatori. Gli adolescenti « sfavoriti» lo sono ai livelli linguistico, culturale e spesso anche economico, poiché vivono in uno dei quartieri più pericolosi di Napoli, i detti Quartieri Spagnoli, in cui il tasso di delinquenza è fortemente associato al livello culturale molto basso e alle condizioni in genere indigenti di molte delle famiglie che lo popolano. Il lavoro riprende alcune tematiche dello studio di Giuliano (2006), approfondendole attraverso un nuovo ciclo di narrazioni. Le variabili “ambiente svantaggiato e problematico” vs “ambiente privilegiato” sono state investigate per il tramite di un test socio-biografico fornito agli informatori sotto forma di una conversazione libera circa i loro interessi, le loro amicizie, le loro famiglie ecc. Nell’insieme, i soggetti svantaggiati non ricevono alcun stimolo culturale o linguistico dalle loro famiglie e passano la gran parte del proprio tempo per strada o guardando programmi di pessima qualità. Il compito narrativo loro proposto è un cortometraggio ricavato dal film Tempi Moderni di Charlie Chaplin, utilizzato in svariati progetti di ricerca internazionali. Tale supporto è diviso in due parti ed è stato gestito nel modo che segue: 1. l’intervistato ha visionato la prima parte in presenza di un interlocutore e dell’intervistatore; 2. l’intervistato ha guardato la seconda parte solo dopo l’uscita dell’interlocutore dalla sala di proiezione del film; 3. l’interlocutore è rientrato nella sala a proiezione conclusa ed ha chiesto all’intervistato cosa fosse accaduto dopo la sua uscita, sostenendo di non aver mai visto il film in questione e dunque di non poterne conoscere il seguito. 4. ciascuna narrazione è stata registrata e trascritta tenendo conto del carattere orale della produzione. Il confronto tra i tre gruppi di informatori ha permesso di mettere in evidenza ciò che pertiene ad una competenza narrativa lacunosa (i soggetti problematici) e ciò che caratterizza narrazioni invece “complesse” in rapporto all’età (gli adolescenti favoriti e gli adulti con livello di istruzione medio-elevato). Tale complessità è stata valutata in relazione a svariate dimensioni e nell’ambito di una prospettiva di stampo funzionalista. Ci si è focalizzati sul grado di controllo del movimento referenziale – secondo la terminologia di Klein e von Stutterheim (1991) – in rapporto in particolare al riferimento ai protagonisti, in connessione con l’organizzazione più o meno lacunosa della struttura narrativa (cfr. Labov / Waletsky 1967; Shiro 2003). Abbiamo ipotizzato che l’intreccio di queste due dimensioni avrebbe gettato luce sulla maniera più o meno complessa di gestire il compito narrativo in questione, ai livelli linguistico e discorsivo, e sul modo più o meno ambiguo di interagire con l’interlocutore. I fenomeni che abbiamo considerato al fine di verificare questa ipotesi sono la capacità di disambiguare il riferimento ex novo ai protagonisti, l’identificazione delle relazioni di causalità e finalità nell’ambito delle connessioni tra gli episodi, l’espressione dell’intenzionalità e dei sentimenti dei personaggi (Trabasso & Sperry 1985; Benazzo 2004). Ora, in condizioni favorevoli di acquisizione linguistica, i tratti di complessità narrativa appena citati, e che un compito quale quello proposto richiede di mobilitare, sono ben gestiti già a partire dai dieci anni, a condizione che la famiglia e la scuola abbiano svolto i loro rispettivi e cruciali ruoli educativi (cfr. Hendriks 1999; Hickmann 2004). A questa età, tali competenze presentano già le caratteristiche specifiche della lingua materna del bambino (cfr. Giuliano 2012). I risultati relativi al gruppo proveniente da ambiente non svantaggiato da me investigato dimostrano che le loro narrazioni sono del tutto in linea col tipo di complessità linguistica ed interazionale che gli autori citati supra hanno descritto per lingue diverse dall’italiano in relazione a soggetti della stessa età. Tali risultati, inoltre, benché ancora lontani da certe caratteristiche propriamente adulte, ne presentano già svariati elementi cruciali. Al contrario, in una situazione di marginalizzazione linguistica, culturale, e talora anche economica, quale quella del nostro secondo gruppo di adolescenti, molte delle attese dell’interlocutore non sono rispettate: il riferimento ai protagonisti può essere confusionario e perciò incomprensibile, le relazioni di causalità e finalità sono normalmente da inferire così come anche l’intenzionalità dei personaggi. I soggetti emarginati tendono anche ad un ordine cronologico rigido ed evitano modalizzazioni di qualsiasi tipo, fornendo esclusivamente il risultato delle azioni. Di conseguenza, le loro narrazioni mostrano caratteristiche simili ai racconti dei bambini di 6-7 anni provenienti da ambiente non svantaggiato. Di fronte ad una tale maniera di trattare un compito narrativo, l’interlocutore deve attivamente contribuire alla costruzione dei significati da condividere chiedendo o compensando ciò che a volte non è esplicitato o del tutto chiaro. Benazzo, S., 2004. « L’expression de la causalité dans le discours narratif en français L1 et L2 ». Langages. CLV : 33-50. Giuliano, P. 2006. Abilità Narrativa ed Emarginazione Sociale. Napoli: Liguori, 2a ed. Giuliano, P., 2012, “The construction of textual cohesion in narrative texts: evidence from different tasks by Italian children from 4 to 10 years old”, Linguistica e Filologia 32 Klein, W. & Stutterheim, C. von. 1991. «Text structure and referential movement». Sprache und Pragmatik. XXII: 1-32. Labov, W. / Waletzky, J. 1967. «Narrative analysis: oral versions of personal experience». Helm, J. (ed). Essays on Verbal and Visual Arts. Seattle: University of Washington Press. Hickmann, M. 1995. «Discourse organisation and the development of reference to person, space and time». Fletcher, P.,MacWhinney, B. (ed). The Handbook of Child Language. Oxford: Blackwell, 194-218. Shiro, M. 2003. «Genre and evaluation in narrative development». Journal of Child Language XXX: 165-195. Hendricks, H. 1999. «The acquisition of temporal reference in first and second language acquisition: what children already know and adults still have to learn and vice versa». Psychology of Language and Communication. III(1): 41-60. Trabasso, T. / Sperry, L. L. 1985. «Causal relatedness and importance of story events». Journal of Memory and Language. XXIV: 595-611.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.