La preesistenza, intesa quale residuo di un evento che ha generato una sua trasformazione, può essere intesa come impronta lasciata dal passato: un segno, una traccia, quasi un sigillo indissolubile di un tempo remoto; una memoria indelebile che irrompe nella contemporaneità alterata e trasformata rispetto al concetto formale che la caratterizzava in origine. Spesso tali impronte sono violate da elementi estranei che, aggiungendosi, tolgono significato al tempo che ha generato queste opere. Lo sviliscono fino a ad alterare la traccia della sua presenza in architetture che diventano grovigli di epoche senza identificazione certa. Sono somme spurie e deboli di un presente che non imprime significato al tempo che le ha generate. Alcune opere architettoniche, pur concluse nella loro unitarietà, subiscono aggressioni esterne al mondo che le ha concepite. Il tempo, invece, consuma e trasforma la pretesa arrogante di chi senza memoria vuole sostituirsi al loro primo ideatore. Malgrado subiscano un lento degrado della forma, queste opere però mantengono la connotazione topologica del frammento, che sopravvive trasfigurandosi in impronta dello stesso evento che le ha inglobate in un contesto architettonico avulso. In altre parole il riconoscimento delle leggi compositive che ordinava tali frammenti in origine, mostra con evidenza la banalità dell'operato di chi ha realizzato effetti disastrosi attraverso scelte formali immotivate, modificando il corso delle cose ma non necessariamente quello della storia. Ecco che questi frammenti mostrano la loro vacazione a diventare chiare impronte di una trasformazione che le ha degenerate, ma che ancora conservano la possibilità di risorgere quale testimonianza fisica di scelte da non ripetersi. Sono segni che trasferiscono nel tempo la pluralità di diversi linguaggi, alludendo a diversi strati della memoria e riproducendo nell’immaginario odierno quella complessità che diviene racconto di uno spazio, di un manufatto e che diventa poi narrazione - e allora impronta - dell’evento che lo ha generato. “L’importante è che la forma viva nella sua eteronomia, che la fissità e la simmetria siano messe in crisi dalla sensazione che il tempo è sempre vincitore, sia che non consenta all’uomo di por termine alle sue opere, sia che, attraverso l’accanimento delle intemperie, abbia ragione della compiutezza raggiunta, smembrando, scomponendo, alterando ciò che era finito” . Il saggio proposto vuole analizzare il processo che facilita la conoscenza del valore iniziale che rende unica una figurazione architettonica, attraverso il riconoscimento dell'ordine originario di un manufatto alterato dal tempo applicando le pratiche del disegno e del rilievo.
Impronte celate / Catuogno, Raffaele. - unico:(2014), pp. 84-88.
Impronte celate
CATUOGNO, RAFFAELE
2014
Abstract
La preesistenza, intesa quale residuo di un evento che ha generato una sua trasformazione, può essere intesa come impronta lasciata dal passato: un segno, una traccia, quasi un sigillo indissolubile di un tempo remoto; una memoria indelebile che irrompe nella contemporaneità alterata e trasformata rispetto al concetto formale che la caratterizzava in origine. Spesso tali impronte sono violate da elementi estranei che, aggiungendosi, tolgono significato al tempo che ha generato queste opere. Lo sviliscono fino a ad alterare la traccia della sua presenza in architetture che diventano grovigli di epoche senza identificazione certa. Sono somme spurie e deboli di un presente che non imprime significato al tempo che le ha generate. Alcune opere architettoniche, pur concluse nella loro unitarietà, subiscono aggressioni esterne al mondo che le ha concepite. Il tempo, invece, consuma e trasforma la pretesa arrogante di chi senza memoria vuole sostituirsi al loro primo ideatore. Malgrado subiscano un lento degrado della forma, queste opere però mantengono la connotazione topologica del frammento, che sopravvive trasfigurandosi in impronta dello stesso evento che le ha inglobate in un contesto architettonico avulso. In altre parole il riconoscimento delle leggi compositive che ordinava tali frammenti in origine, mostra con evidenza la banalità dell'operato di chi ha realizzato effetti disastrosi attraverso scelte formali immotivate, modificando il corso delle cose ma non necessariamente quello della storia. Ecco che questi frammenti mostrano la loro vacazione a diventare chiare impronte di una trasformazione che le ha degenerate, ma che ancora conservano la possibilità di risorgere quale testimonianza fisica di scelte da non ripetersi. Sono segni che trasferiscono nel tempo la pluralità di diversi linguaggi, alludendo a diversi strati della memoria e riproducendo nell’immaginario odierno quella complessità che diviene racconto di uno spazio, di un manufatto e che diventa poi narrazione - e allora impronta - dell’evento che lo ha generato. “L’importante è che la forma viva nella sua eteronomia, che la fissità e la simmetria siano messe in crisi dalla sensazione che il tempo è sempre vincitore, sia che non consenta all’uomo di por termine alle sue opere, sia che, attraverso l’accanimento delle intemperie, abbia ragione della compiutezza raggiunta, smembrando, scomponendo, alterando ciò che era finito” . Il saggio proposto vuole analizzare il processo che facilita la conoscenza del valore iniziale che rende unica una figurazione architettonica, attraverso il riconoscimento dell'ordine originario di un manufatto alterato dal tempo applicando le pratiche del disegno e del rilievo.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.